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Il Foglio Rassegna Stampa
01.11.2006 L'Europa divisa sull'ingresso della Turchia
la Gran Bretagna vi scorge un' "occasione storica", il fronte dei contrari comprende Austria, Germania, Olanda e Francia

Testata: Il Foglio
Data: 01 novembre 2006
Pagina: 1
Autore: la redazione
Titolo: «A Bruxelles si rafforza il partito antiturco per la sospensione dei negoziati»
Dal FOGLIO del 1 novembre 2006:

Roma. Più di ottant’anni fa, lo scrittore francese Maurice Pernot chiese a Mustafa Kemal Ataturk quale identità tra l’asiatica e l’europea rappresentasse meglio il futuro dell’ex impero ottomano. Ataturk rispose: “La Turchia guarda a occidente”. Una vocazione testimoniata dall’appartenenza alla Nato e da una Costituzione certamente imperfetta, ma che iscrive, in uno stato musulmano, la laicità tra i principi fondanti dello stato. Era naturale che questo dna spingesse Ankara a sognare un posto al tavolo europeo. Nel 1987 la Turchia ha inoltrato la sua prima richiesta di adesione, la candidatura è stata riconosciuta nel 1999 e nell’ottobre del 2005 si sono aperti i negoziati. Negli ultimi mesi però la strada verso Bruxelles invece di avvicinarsi si è allontanata. La bozza dell’ultimo rapporto della Commissione europea di cui il Financial Times ieri forniva alcuni stralci – proprio alla vigilia della visita di Papa Benedetto XVI in Turchia – è severa. Per Bruxelles il processo di riforme inaugurato da Ankara a partire dal 2002 non è né abbastanza incisivo né sufficientemente rapido. Nel documento – che sarà presentato l’8 novembre – la Turchia non soddisfa gli standard in tema di libertà di espressione (in particolare con riferimento all’articolo 301 del codice penale, che vieta la manifestazione di sentimenti e idee lesive dell’immagine, dell’identità e della storia turca, l’articolo che ha fatto istruire processi come quello contro lo scrittore Orhan Pamuk), tortura e potere dell’establishment militare.
Ma la cartina di tornasole dei rapporti tra Ankara e Bruxelles è rappresentata da Cipro. La Turchia rifiuta di consentire l’accesso ai suoi porti da parte delle navi cipriote. Il leader greco cipriota Tassos Papadopoulos ha affermato che, se Ankara non cederà su questo punto, la sospensione dei negoziati con l’Ue sarà più che probabile. La Commissione ha criticato le sue dichiarazioni, ma Hans Jorg Kretschmer, rappresentante europeo in Turchia, ha confermato che “l’apertura dei porti è una precondizione per i colloqui”. Per superare la crisi la Finlandia sta lottando contro il tempo per trovare un accordo. A Istanbul però gli umori sono scuri. La Turchia sente di aver onorato la sua parte di accordo sostenendo il piano Annan per la riunificazione di Cipro (referendum nell’aprile 2004). Dal punto di vista turco sono stati i greco-ciprioti a rifiutare il referendum, mentre i turco-ciprioti lo hanno approvato. Ma i greco-ciprioti sono stati premiati con l’ingresso nell’Ue, i turco-ciprioti no. La Turchia si avvia verso le elezioni nel 2007 e la questione di Cipro brucia agli occhi di un’opinione pubblica che si sente tradita dall’Europa. Oggi soltanto il 50 per cento dei turchi è favorevole all’ingresso nell’Ue, contro il precedente 70. In questi anni Ankara ha abolito la pena di morte, introdotto leggi per combattere la corruzione, accettato che i curdi parlino la loro lingua e abbiano i loro media, ha tutelato i diritti delle donne, si è impegnata nella lotta contro i delitti d’onore. Nel 2004 la stessa Unione europea ha riconosciuto gli sforzi e sostenuto che erano stati “sufficientemente soddisfatti” i criteri europei quanto a democrazia e diritti umani. Secondo Olli Rehn, commissario europeo per l’Allargamento, “questa crisi non riceve l’attenzione che meriterebbe. L’Ue è estremamente importante per la Turchia sia come ancora dello sviluppo democratico, sia come incentivo a quello economico, ma c’è una tendenza in Europa a sottostimare l’importanza strategica della Turchia”. Alcune fonti della Commissione hanno parlato dell’esistenza di un blocco antiturco che preme per la sospensione del negoziato a dicembre. Di questo asse farebbero parte Francia, Austria, Olanda e Germania: pensano sia necessario attendere fino alle prossime elezioni turche per capire se l’allargamento conviene. Un accorato appello pro Ankara è arrivato da Londra. Secondo l’ex ministro degli Esteri, Jack Straw: “E’ una occasione storica. Se prendiamo la decisione sbagliata potremmo trovarci con una crisi gravissima alle porte”.

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