Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein".
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)
Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine.
Processi farsa e torture in Libia il vero volto del regime di Gheddafi
Testata: Corriere della Sera Data: 01 novembre 2006 Pagina: 12 Autore: Paolo Salom Titolo: ««Torturate le infermiere bulgare in Libia»»
Dal CORRIERE della SERA del 1 novembre 2006:
«Li hanno torturati». La difesa ha lanciato la sua carta. Quanto efficace lo si saprà tra qualche giorno. È stato infatti sospeso, ieri, a Bengasi, il processo contro le infermiere bulgare e il medico palestinese, accusati in Libia di aver infettato con l'Aids oltre 400 bambini. Gli imputati, ha spiegato alla corte l'avvocato Tuhami al-Tumi, «hanno subito torture fisiche e psicologiche». L'arringa della difesa doveva segnare l'atto finale prima di un verdetto destinato probabilmente a sovrapporsi al primo, pronunciato nel maggio 2004: pena di morte per tutti. Invece, il «colpo di teatro» di al-Toumi, considerato uno dei migliori avvocati in Libia, spalleggiato dal collega Othman al-Bizanti, ha spinto il presidente del tribunale ad accordare una sospensione, ufficialmente per dare l'opportunità al pubblico ministero di preparare una risposta. Il procedimento riprenderà il 4 novembre, sabato. Forse si arriverà già allora a una sentenza. «Non è la prima volta che sentiamo parlare di sevizie agli imputati in questo assurdo processo», ci dice Tana de Zulueta, parlamentare verde che segue il caso dalla scorsa legislatura. E aggiunge: «In passato diplomatici di Sofia avevano confermato le affermazioni riportate dagli avvocati della difesa: in questo processo abbiamo visto di tutto e di più». Per la cronaca, nel 2004, era emerso che gli imputati fossero stati seviziati con bastoni e scariche elettriche, mentre due infermiere sarebbero addirittura state stuprate. Una ha tentato il suicidio. Iniziato lo scorso maggio, il secondo giudizio contro le infermiere Kristiana Vulcheva, Nasya Nenova, Snezhana Dimitrova, Valentina Siropulo, Valya Chervenyashkae e il dottor Ashraf al-Hadjudj è stato ordinato dalla Corte suprema libica dopo l'annullamento del primo verdetto. Le cittadine bulgare e il professionista palestinese, impiegati all'ospedale pediatrico al-Fatih di Bengasi, erano stati arrestati nel 1999 e accusati di aver inoculato volontariamente l'Aids ai piccoli pazienti. Su 426 infettati, 52 sono morti: gli altri sono arrivati in Italia e in Francia per essere curati dopo una mobilitazione internazionale volta a far scagionare gli imputati da un'accusa assurda (il virologo italiano Vittorio Colizzi — stretto collaboratore di Luc Montagnier, lo scopritore del virus Hiv — aveva dimostrato come l'epidemia fosse presente prima dell'arrivo a Bengasi delle infermiere e del medico e fosse stata favorita dalle pessime condizioni sanitarie). Fonti della Farnesina confermano l'impegno dell'Italia a favorire un clima disteso: oltre alla collaborazione con il «Benghazi Action Plan» finanziato finora con due milioni di euro dall'Ue, e volto a migliorare le condizioni igieniche dei centri sanitari libici, tre dei nostri ospedali (il Bambin Gesù e lo Spallanzani di Roma, il Meyer di Firenze) hanno accolto 210 piccoli malati con il contributo della Fondazione Gheddafi. Perché la situazione è peggiorata in tribunale? «Tutto il procedimento — spiega ancora Tana de Zulueta — si regge su "confessioni" estorte con metodi brutali. Tornare a parlare di sevizie ora è un modo, io credo, per contestare la validità delle "prove"». Resta il fatto che ieri, per circa sei ore, gli avvocati della difesa hanno tentato di smontare le accuse. «Le prove a carico sono state fabbricate di sana pianta, gli imputati sono delle vittime, dei capri espiatori perché bisognava ad ogni costo trovare i colpevoli» del dramma, hanno detto unanimi i legali della difesa, sottolineando che nell'ospedale di Bengasi, come abbiamo visto, si erano già verificati casi di contaminazione del virus dell'Aids ben prima dell' arrivo delle cinque infermiere e del medico palestinese, nel 1998. Su questa base, il 24 ottobre diversi scienziati italiani hanno scritto una lettera aperta, un appello, al ministro degli esteri D'Alema perché faccia sentire la sua voce presso il colonnello Gheddafi. «Forse questa sospensione — conclude Tana de Zulueta — ci fornisce una finestra di opportunità per aumentare la pressione internazionale. Credo sia tempo che il nostro governo promuova un'azione pubblica per chiedere la liberazione delle infermiere e del medico. Perché sono innocenti». Cliccare sul link sottostante per inviare una e-mail alla redazione del Corriere della Sera