Il Gay Pride di Gerusalemme e i suoi nemici Sergio Rovasio racconta le difficoltà incontrate dalla parata del 10 novembre
Testata: Il Foglio Data: 01 novembre 2006 Pagina: 3 Autore: Sergio Rovasio Titolo: «Le inedite alleanze pro e contro il Gay Pride di Gerusalemme»
Dal FOGLIO del 1 novembre 2006:
Al direttore - Al 2° Gay World Pride di Gerusalemme del 10 novembre sarà presente una delegazione del Partito radicale transnazionale composta da Marco Cappato, deputato europeo, Sergio Rovasio, segretario generale del gruppo parlamentare Rosa nel pugno e Sharon Nizza, militante del Prt che vive a Gerusalemme. Il GayWorld Pride, convocato per la prima volta a Gerusalemme per l’agosto 2005, fu rinviato per motivi di sicurezza a causa del ritiro degli israeliani da Gaza. Nel luglio 2006 fu nuovamente rinviato al settembre successivo a causa della guerra israelo-libanese. Nel frattempo le autorità continuavano a tentennare su una data certa finché la Open House, organizzazione israeliana per la difesa dei diritti Glbt, fece ricorso alla Corte suprema che impose a comune e polizia la data del 10 novembre 2006. La prima volta il ricorso riguardava il divieto del sindaco conservatore ultraortodosso, Uri Lupiolansky, che si oppose allo svolgimento della manifestazione: fu condannato a risarcire la Open House e gli fu imposto di esporre nel percorso della sfilata le bandiere arcobaleno, simbolo del movimento gay. La Corte suprema israeliana prese la decisione con la seguente motivazione: “E’ diritto delle persone glbt sfilare in una democrazia compiuta come Israele”. Nel frattempo sono arrivati gli anatemi delle tre religioni, unite grazie all’evento gay: il Gran Muftì di Gerusalemme si è alleato con la chiesa ortodossa ebraica più oltranzista e, con il Papa, hanno chiesto alle autorità di vietare una manifestazione di “esaltazione della sodomia” nella città santa. Il presidente della Corte islamica della Cisgiordania e di Gaza, lo sceicco Tassi Tamini, ha fatto richiesta alla Corte suprema di annullare la manifestazione. Il rabbino capo sefardita d’Israele, Shlomo Amar, ha chiesto l’intervento del Papa, che era già intervenuto con una lettera alle autorità cittadine nel 2005, forse dimenticando che il Vaticano non riuscì a fermare il primo Gay World Pride di Roma, che si svolse nell’anno domini del Giubileo del 2000 con oltre 500 mila partecipanti. Il rabbino capo sefardita dice che “occorre opporsi a questo orribile evento” e che “Gerusalemme è sotto attacco da parte di gente cattiva e diabolica”; gli fa eco il rabbino capo aschenazita di Mosca, Yona Metzger, che col patriarcato ortodosso di Russia ha chiesto la cancellazione dell’evento. La Open House è un’organizzazione gay cittadina in cui militano arabi e israeliani uniti sotto lo slogan “amore senza confini”. Il miracolo in questa città si compie anche tra coloro che sono contro la manifestazione; alla Knesset i parlamentari arabi sono alleati con quelli conservatori israeliani per impedirne lo svolgimento. Capeggiano l’opposizione il deputato della Lista araba unita Ibrahim Sarsur e il conservatore erabbino Yitshak Levi. Il 92 per cento della popolazione araba di Gerusalemme – sostiene Sarsur – non vuole la parata. A luglio 2006 furono distribuiti a Gerusalemme volantini dove si prometteva “una taglia di 20 mila Shekel (poco più di 3.000 euro) a chiunque uccida un residente di Sodoma e Gomorra”, nel volantino veniva spiegato come fabbricare una molotov battezzata per l’occasione “Shliesel Special” in onore dell’ebreo ortodosso che al gay pride di due anni fa si scagliò armato di coltello contro alcuni partecipanti al corteo, ferendone tre. Gli ebrei ortodossi hanno smentito di essere responsabili del volantino. Nel quartiere di Mea Sharim è stato impedito a un esponente del Meretz, Sa’ar Netanel, di fotografare questi volantini, dopo le minacce è stato cacciato. Secondo il partito ultra-ortodosso United Torah Judaism ci sarà un controcorteo di almeno 250 mila partecipanti lungo lo stesso percorso della manifestazione gay. Il movimento fuorilegge di destra Kahane Chai ha annunciato una marcia dal Muro del pianto al parco dell’Indipendenza. Minacce di morte, contro i partecipanti alla manifestazione gay, da parte di Hillel Wiess e Baruch Marzel, portavoce del Sinedrio e leader dell’estrema destra, sono state oggetto di una recente denuncia da parte di Open House. Il 10 novembre tutti a Gerusalemme. Cliccare sul link sottostante per inviare una e-mail alla redazione del Foglio lettere@ilfoglio.it