Riportiamo un articolo dal MATTINO del 29 ottobre 2006.
Ovviamente Il MATTINO non poteva farsi scappare l’ennesima accusa a Israele. Titolo: <<”In Libano bombe israeliane all’uranio”>>. Ma stranamente, per quelli che sono gli standard del quotidiano napoletano, nel sottotitolo si può leggere una smentita da parte dell’UNIFIL (“L’Unifil: a noi non risulta”). L’articolo poi è, per oltre la metà, dedicato alle dichiarazioni dell’“accusa”, alle quali viene data molta credibilità a discapito delle smentite da parte di Gerusalemme (che, manco a dirlo, secondo il quotidiano sollevano più domande di quelle a cui rispondono). Ricordiamo che Il MATTINO è tra i quotidiani (la quasi totalità) cui le accuse accertate (l’utilizzo di cluster bomb lanciate da Hezbollah intenzionalmente contro i civili israeliani) non interessano, tanto da censurarle. Altro esempio di informazione distorta e al servizio dell’ideologia.
Beirut. Gli israeliani avrebbero adoperato bombe all’uranio arricchito in Libano. È quanto sostiene il quotidiano britannico «The Independent», che cita i risultati di una ricerca di Chris Busby, segretario scientifico del Comitato europeo sui rischi d'irradiazione, un organismo costituito nel 1997 dal gruppo dei Verdi al Parlamento europeo. La scoperta è stata fatta nelle aree delle due cittadine libanesi di Khiam e At-Tiri, dove sarebbero state trovate, in crateri provocati dai bombardamenti israeliani, tracce di uranio arricchito in quantità pericolose per l’uomo. Chris Busby ha affermato che campioni di terriccio hanno rivelato «elevati segni di radioattività» ed ha avanzato due ipotesi: «La prima è che la bomba fosse un nuovo piccolo congegno sperimentale a fissione nucleare o qualche altra bomba sperimentale, per esempio termobarica, basata sulle alte temperature di un'evaporazione rapida per ossidazione di uranio. La seconda è che fosse una bomba distruggi-bunker convenzionale a uranio penetrante con l'impiego di uranio arricchito piuttosto che impoverito». Interpellato dall’«Independent», il portavoce del Ministero degli Esteri israeliano Mark Regev ha dichiarato che «Israele non utilizza alcuna arma che non sia autorizzata dalle leggi o dalle convenzioni internazionali». Ma per il quotidiano, la dichiarazione di Regev «solleva più domande di quelle a cui risponde», poiché «molte delle leggi internazionali non riguardano le moderne armi all'uranio, visto che non erano state inventate quando le normative internazionali come la Convenzione di Ginevra sono state fissate». Durante i 34 giorni della guerra, il Libano aveva ripetutamente accusato Israele di utilizzare bombe al fosforo, ma lo Stato ebraico lo aveva sempre smentito. Domenica scorsa, il ministro israeliano Jacob Edery ha però ammesso l'utilizzo di bombe al fosforo da parte d'Israele in «attacchi diretti» contro i guerriglieri Hezbollah. Fonti dell'Unifil (la missione dell’Onu di cui fa parte anche il contingente italiano) hanno affermato che «nessun rilevamento sulla presenza di tracce d'uranio (impoverito o arricchito) risulta essere stato effettuato nel sud del Libano per conto della forza Onu». Da parte sua il contrammiraglio Claudio Confessore, comandante del contingente italiano, ha fatto sapere che nelle zone dove sono schierati i militari italiani non è stata rilevata «alcuna traccia» di uranio e «la dose radiologica naturale, dal punto di vista ambientale, è anzi molto più bassa che in Italia». In ogni caso le due località in cui secondo il giornale britannico sono state rinvenute le tracce di uranio arricchito «sono al di fuori dalla zona in cui opera il contingente italiano».
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