Vignette su Maometto: la giustizia danese difende la libertà di espressione intanto in Francia va sotto processo il direttore di Charlie Hebdo, che accusa "sarà un processo politico"
Testata: La Repubblica Data: 27 ottobre 2006 Pagina: 19 Autore: Anais Ginori Titolo: «Danimarca, assolte le "vignette sataniche" - "Io invece sarò condannato la Francia cede alle minacce"»
Da La REPUBBLICA del 27 ottobre 2006:
Fare satira su Maometto non è blasfemo, né razzista, né diffamatorio. Almeno così ha stabilito la giustizia danese che ieri ha rigettato l´ultimo ricorso della comunità musulmana contro le dodici caricature del Profeta pubblicate un anno fa dal quotidiano Jyllands-Posten. Le vignette, con un senso dell´umorismo controverso, tratteggiavano Maometto con un turbante esplosivo in testa o in mezzo alle vergini che accolgono i kamikaze. «Non si può escludere che quei disegni abbiano offeso alcuni musulmani» ha scritto il giudice di Aarhus, la città dove ha sede il giornale di destra. «Ma - continua la sentenza - non ci sono motivi sufficienti per ritenere che le caricature erano state fatte per insultare o promuovere idee ostili alla comunità musulmana». Il caso delle caricature del Profeta aveva fatto rapidamente il giro del mondo arabo. Tutti i disegnatori e il caporedattore del quotidiano erano stati minacciati di morte e messi sotto protezione mentre la piccola e pacifica monarchia scandinava diventava bersaglio di furiosi attacchi alle sue sedi diplomatiche e di un lungo boicottaggio commerciale. Ma nonostante le gravi conseguenze, il premier liberale Anders Fogh Rasmussen, che governa anche grazie all´appoggio esterno del partito di estrema-destra, ha sempre rifiutato di scusarsi con la comunità musulmana, mettendo avanti il «sacrosanto principio costituzionale della libertà di stampa». Adesso che l´editore del quotidiano è stato assolto dall´accusa di diffamazione, le associazioni musulmane tenteranno l´appello all´Alta Corte. «È una sentenza incomprensibile» commenta il portavoce Kasem Said Ahmad. Nei mesi scorsi, il procuratore generale danese aveva già rifiutato di giudicare lo Jyllands-Posten secondo la severa legge di blasfemia e razzismo. «Ci sembra che quelle vignette siano gravemente diffamatorie perché mettono sullo stesso piano il terrorismo e l´Islam» spiega Ahmad. «Non è un giudice occidentale che può decidere se la sensibilità dei musulmani è stata offesa o meno» dice un rappresentante del partito estremista pachistano, Jamaat-e-Islami. «Quello che ha fatto il giornale danese ha rappresentato un vero insulto per milioni di musulmani che non riconoscono le leggi danesi» aggiunge il siriano Mohammad Habash, del Centro di studi islamico di Damasco. Soddisfatto invece il direttore del quotidiano, Carsten Juste. «Qualsiasi decisione diversa dall´assoluzione - ha spiegato - sarebbe stato un disastro per la libertà di stampa e la possibilità per i media di svolgere il proprio ruolo in una società democratica». Il paese è schierato con lui: secondo i sondaggi, un danese su due ritiene che sia stato giusto pubblicare quelle caricature. E la paura per le minacce degli integralisti non hanno fatto altro che regalare consensi al piccolo partito xenofobo. Il Danish People Party ha anche diffuso qualche settimana fa un nuovo video con le caricature di Maometto, confermando il fatto che le formazioni estremiste, da una parte e dall´altra, hanno tutto l´interesse ad alimentare lo "scontro di civiltà".
Di seguito, un'intervista a Philippe Val direttore , sotto processo in Francia per avere pubblicato sul settimanale Charlie Hebdo, che dirige, le vignettedanesi. Ecco il testo:
Nessuno più di Philippe Val ha difeso all´estero la decisione dello Jyllands-Posten di fare satira sul Profeta Maometto. Nel pieno della crisi delle vignette, il direttore del settimanale francese satirico Charlie Hebdo fu uno dei pochi giornali europei a stampare integralmente le controverse caricature danesi, aggiungendo, in prima pagina, un Maometto preoccupato che a proposito degli integralisti islamici commentava: «E´ dura essere amato da dei cretini». Il settimanale vendette oltre 300mila copie, ma fu subito assediato da critiche e minacce. Il presidente Jacques Chirac condannò l´iniziativa di Charlie Hebdo, definendola una "provocazione". Per quella scelta editoriale, l´8 febbraio Philippe Val sarà giudicato a Parigi per diffamazione e razzismo. «La giustizia danese si è dimostrata libera. Qui invece mi aspetta un processo politico» commenta Val. Ci può ricordare perché scelse di pubblicare quelle vignette, considerate da molti altri editori puramente offensive? «La critica della religione è necessaria in democrazia. Le donne non avrebbero lo statuto che hanno oggi, il diritto al divorzio, all´aborto, alla contraccezione, se in passato non avessimo affrontato, anche con durezza, i dogmi della religione cattolica». Nell´attuale contesto internazionale non ci vorrebbe un po´ più di cautela? «I princìpi democratici devono essere applicati per essere tenuti in vita. Ogni volta che facciamo un passo indietro, diamo un colpo mortale alla democrazia». Come si difenderà al processo contro il suo giornale? «Mostrerò i messaggi di sostegno di tanti musulmani laici e democratici. Li abbiamo esclusi dal dibattito e invece sono la maggioranza». La decisione del tribunale danese potrà aiutarla? «Sono pessimista. I magistrati si sono inventati un reato mai visto: vengo accusato di "oltraggio a una popolazione" e quindi di essere razzista. E´ il colmo per chi come me ha militato per anni nei movimenti anti-razzismo». Il governo francese non l´ha sostenuta. «Anzi, mi hanno chiesto di scusarmi. Il contrario di quello che è successo in Danimarca, dove il premier ha difeso la libertà di stampa e l´autonomia del quotidiano Jyllands-Posten». Al di là del rispetto per le fedi, esistono anche preoccupazioni reali e comprensibili per la sicurezza pubblica, no? «Ho l´impressione che stiamo tutti cedendo alle minacce. Non soltanto i politici che sono per la maggior parte vigliacchi, ma anche i cittadini: il diritto alla parola e alla critica deve rimanere un´esigenza naturale come respirare». Sarebbe pronto a ripubblicarle? «Certo, non l´ho fatto perché odio qualcuno ma perché amo la democrazia». (a.g.)
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