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Fondazione Magna Carta Rassegna Stampa
26.10.2006 A cosa serve la missione Unfil?
a una pace ingiusta, suggeriscono le dichiarazioni del suo comandante

Testata:Fondazione Magna Carta
Autore: Emiliano Stornelli
Titolo: «In Libano per sparare su Israele»

Dal sito della  Fondazione Magna Carta:


Dunque, il capo dell’UNIFIL, Pellegrinì, ha invocato un cambiamento delle regole d’ingaggio che consenta il lancio dei missili antiaerei in dotazione al contingente francese contro i jet israeliani che in ricognizione violano lo spazio aereo libanese, considerati una minaccia per le truppe ONU schierate a sud nella fascia di sicurezza anziché uno stimolo ad attuare la Risoluzione 1701.

Pellegrinì ha indubbiamente ragione: di fronte al riarmo di Hezbollah, che il generale francese con grande spirito di servizio si ostina a negare, gli israeliani prima o poi perderanno la pazienza e interverranno al posto dei caschi blu che non vogliono certo essere sacrificati come danni collaterali sull’altare del multilateralismo da copertina. “Così non posso proteggere i miei uomini”, dice Pellegrinì e la memoria va ai quattro soldati caduti nel mese di luglio. Eppure dal Palazzo di Vetro smentiscono la possibilità di modificare le regole d’ingaggio: Pellegrinì è stato lasciato solo alla mercè d’Israele persino da Kofi Annan.

Ma all’improvviso, ecco il Belpaese, il Nostro, correre in suo aiuto con una mossa geniale: fornire missili antisraeliani direttamente al Libano con tanto di sviolinata “per gli sforzi economici, diplomatici e militari fatti in questi mesi per dotare il paese di nuove armi di deterrenza contro il nemico sionista” da parte del Capo di Stato Maggiore della Difesa libanese. Non era necessario, evidentemente, che Prodi incontrasse Hezbollah durante la sua recente visita a Beirut.

L’ironia serve a sdrammatizzare, tuttavia la questione è molto seria. L’Italia di Prodi, D’Alema e compagni concorre con la Francia per assumere la leadership di un eventuale dialogo con gli Stati Uniti e l’Iran, finalizzato a un accomodamento che garantisca la stabilità del Medio Oriente allargato all’area del Golfo: un ruolo che all’Italia è particolarmente congeniale vista la sua naturale vocazione intermedia. Dove sta allora il male in tale politica di raccordo se volta alla pace? Il male c’è ed è insito nella loro idea di pace e nei modi di conseguirla: una pax antiamericana e antioccidentale fine a se stessa, a sostegno di dittature e organizzazioni terroristiche e fondamentaliste islamiche che ci minacciano, dettano le condizioni e profetizzano la distruzione d’Israele. Una pace ingiusta. Nella visione strategica di lungo periodo di Prodi, D’Alema e compagni sull’assetto della regione, c’è posto anche per lo Stato ebraico oltre che per Iran, Siria, Hezbollah e Hamas? E soprattutto Prodi, D’Alema e compagni hanno una visione strategica di lungo periodo o il multilateralismo ideologico pseudoeuropeista ha già trovato senso compiuto nel sentimentalismo antimperialista, terzomondista e filoislamico che si respira in televisione, nelle piazze, nelle università, nei centri sociali e nei corridoi della Farnesina?

Se questa è la situazione, popolo della Casa delle Libertà, è arrivato il momento di manifestare anche per la politica estera e per la difesa e l’affermazione dei valori universali della civiltà occidentale, validi ovunque, a Nord, a Sud come in Medio Oriente: perché solo grazie alla democrazia politica, alla libertà individuale e all’unità dell’Occidente sarà possibile una pace giusta nel mondo. Guai a recidere le due sponde dell’Atlantico: è l’Europa che andrebbe alla deriva.




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