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Angelo Pezzana
Israele/Analisi
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Multiculturalismo: la fine di un'illusione 23/10/2006

Chi ha creduto per anni che l’arrivo del politicamente corretto e del multiculturalismo fosse di per sé la soluzione dei problemi legati alla convivenza civile, si prepari ad un brusco risveglio. Purtroppo non è andata come si sperava. Ci eravamo illusi che il cambiamento di linguaggio sarebbe bastato per insegnare il rispetto dell’altro, invece è solo aumentata l’ipocrisia. Femminuccia, donnicciola, frocio, terrone, sporco ebreo sono usciti senza clamore dal vocabolario di uso quotidiano, ma la loro sostituzione non ha modificato di molto la percezione del soggetto interessato.
Le donne continuano ad essere in posizione subordinata nella scala del potere di fatto ancora largamente maschile, i diritti degli omosessuali rimangono un argomento da campagna elettorale, l’ostilità – sovente l’odio – verso l’ebreo si è semplicemente spostata verso il versante israeliano.
Eppure ci avevamo creduto, e mai avremmo pensato che imparando le parole del rispetto reciproco saremmo stati invece sommersi dalla impossibilità quasi totale di chiamare le cose con il loro nome. L’abbiamo capito quando politicamente corretto e multiculturalismo si sono come fusi in un unico concetto dopo l’11 settembre. Ci siamo accorti, proprio noi che per anni eravamo dalla parte di  coloro che invocavano il pieno diritto dei musulmani del nostro paese ad erigere i propri luoghi di culto, che le moschee non erano propriamente tali, ma piuttosto dei centri che sotto la copertura religiosa, svolgevano la funzione di reclutamento delle milizie pronte a partire  agli ordini di Bin Laden. E dove la propaganda contro Israele trovava, e trova ancora, un forte nutrimento.

Malgrado le prove della partecipazione la terrorismo internazionale fossero più che evidenti, una larga parte della nostra opinione pubblica non ha accettato quella verità che era sotto gli occhi di tutti, bastava saper vedere. Nemmeno l’espulsione di alcuni immam particolarmente esaltati, che inneggiavano alla jihad nelle nostre città, è stata sufficiente perché i nostri concittadini cominciassero a porsi delle domande. Abbiamo capito che non si potevano nemmeno più chiamare i terroristi con il loro vero nome, terroristi, appunto.
L’illusione che l’integrazione perfetta fosse solo legata all’accoglienza ha fatto il resto. Che in tutto il mondo oggi ci sia un progetto da parte del fondamentalismo islamico di cancellare i sistemi democratici, i nostri stili di vita, non è percepito nella sua probabile e prossima realizzazione.
Gran parte della nostra informazione, legata agli schemi che per tanti anni hanno caratterizzato la politica italiana, è ancora condizionata da una visione terzomondista dei problemi, come se il crollo dell’impero sovietico non avesse insegnato nulla. L’America, e i suoi alleati, sono percepiti come i poteri forti, che sfruttano i paesi poveri con l’istinto di rapina del peggior colonialismo. Una  vera manna per chi, sapendo di non poter più essere apertamente antisemita, dirige il proprio odio, a volte malcelato altre volte no, contro Israele. Se negli anni Trenta, in Europa, agli ebrei si diceva di andare in Palestina, oggi nel mondo musulmano gli si dice di andarsene e di tornare in Europa. L’attacco di quest’estate di Hezbollah, longa manus di Siria e Iran, è illuminante.
Qualunque sia il suo comportamento, Israele va comunque criticata. Se agli ebrei è stato sempre chiesto perché durante le persecuzioni non si sono ribellati, oggi la stessa posizione, capovolta, viene rivolta a Israele. Invece di chiedersi perché lo Stato ebraico viene attaccato, gli si rimprovera di difendersi. Quanta ipocrita pietà per i sei milioni di ebrei uccisi, ma nessun interesse per la sorte dei sei milioni di vivi in Israele .Anzi, attraverso il sempre utile politicamente corretto, si inventano termini come “equivicinanza” o “reazione sproporzionata”, mentre si sottovaluta l’Iran che dichiara di voler cancellare Israele dalla carta geografica, i terroristi sotto qualunque sigla operino sono definiti resistenti, e ci si indigna se viene usata la parola “islamo-fascismo”.
Certo, non è più il tempo degli scienziati fascisti alla Nicola Pende, nessuno più in Italia oserebbe preparare nuove leggi razziali, ma lo stesso identico risultato si può raggiungere spostando l’obiettivo su Israele. Ne è prova l’Onu, dove passano praticamente solo risoluzioni che non tengono conto degli interessi di Israele ma solo di quelli dei suoi nemici. L’Europa sta franando in buona parte di fronte alla presenza sempre più numerosa di cittadini musulmani, convinta che prima o poi accetteranno il nostro stile di vita, mentre è vero il contrario. Un errore madornale, perché l’odio contro l’Occidente è parte integrante del pensiero musulmano, che non distingue fra Stato e religione.

Certo esiste un islam moderato, peccato che ad esprimerlo siano solo poche voci, anche se, proprio per questo, coraggiose. Ce lo ricorda quasi quotidianamente Magdi Allam, il cui esempio fatica a trovare seguaci. L’Occidente è male non solo per quello che fa, ma per il solo fatto di esistere.
Una cultura con queste caratteristiche non potrà mai entrare a far parte di un sistema che ne prevede altre. Gli altri, i crociati e gli ebrei, dovranno essere sottomessi, esattamente come Islam vuol dire sottomissione. E’ bene che torniamo a chiamare le cose con il loro nome.    

da Shalom dell'ottbre 2006


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