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Il Foglio Rassegna Stampa
20.10.2006 Olmert cerca di restare al governo
sfruttando la crisi istituzionale aperta dalle accuse a Katsav

Testata: Il Foglio
Data: 20 ottobre 2006
Pagina: 3
Autore: la redazione
Titolo: «Il piano di Olmert per durare al governo più dei soliti due anni»

Dal FOGLIO del 20 ottobre 2006: 

Gerusalemme. Per superare un periodo di disaffezione degli israeliani dalla politica abbastanza fisiologico a Gerusalemme – Ehud Olmert, premier e leader di Kadima, il partito di centro, si è mosso in un momento delicato per il Parlamento con lungimiranza. Moshe Katsav, attuale capo dello stato, è vittima di uno scandalo che indirettamente coinvolge tutte le forze politiche, almeno agli occhi degli israeliani. Alcuni, tra cui Olmert, pensano che si dimetterà a giorni spontaneamente, altri, come ha precisato l’avvocato di Katsav, ritengono che lo farà solo se il tribunale lo dichiarerà colpevole di abusi sessuali. Olmert, in una fase in cui i sondaggi lo danno in flessione, ha fatto una mossa a sorpresa. Da Mosca, dove si trovava ieri per alcuni colloqui bilaterali, è intervenuto spiazzando soprattutto chi nel suo partito non vede di buon occhio aperture verso altre formazioni politiche. Prima ha lasciato intendere che avrebbe preferito un candidato presidente al di fuori della scena politica. Poi ha spiegato che un uomo degno di quella carica ci sarebbe anche all’interno dell’establishment: è Shimon Peres, vicepremier, membro più anziano della Knesset e soprattutto ex leader del Partito laburista. Il vecchio Shimon, tramite voci a lui vicine, ha fatto sapere che se avesse l’appoggio di Olmert – e dell’intera maggioranza – si candiderebbe volentieri. Ha una preoccupazione: che possa ripetersi l’esperienza del 2000, quando come membro dei laburisti di Avoda si candidò con l’assicurazione che la maggioranza della Knesset l’avrebbe appoggiato. Nel segreto dell’urna andò diversamente e vinse Katsav, del Likud. Per Olmert, appoggiare Peres, ex leader laburista oggi membro di Kadima, significa anche accontentare il suo partner principale e prolungare le intese all’interno di una coalizione debole. Il dibattito sull’eventuale successione a Katsav è connesso alle voci che si levano in Israele per trasformare una Repubblica parlamentare in uno stato presidenziale: un’ipotesi legata al desiderio della popolazione di avere un uomo forte alla guida, soprattutto dopo il conflitto contro Hezbollah. Le aperture di Olmert rappresentano una parte della sua strategia politica, poiché nei giorni scorsi ha mosso un’importante pedina anche oltreoceano. Ha appoggiato la nomina del nuovo ambasciatore israeliano negli Stati Uniti, Sallai Meridor. La posizione di rappresentanza a Washington è considerata la più importante, dopo le cariche nei ministeri chiave d’Israele: Esteri, Difesa e Finanza. Pare che Olmert abbia deciso la nomina di Meridor dopo avere vagliato le possibili mosse in politica interna. Sembra aver compreso che, per sopravvivere più a lungo dei due anni che contraddistinguono mediamente la vita di ogni esecutivo di Gerusalemme, dovrà accontentare, anche con un gesto concreto, sia il Likud sia i vicini laburisti. Il nuovo ambasciatore, appena cinquantenne, appartiene a una delle famiglie più importanti del Likud. Il fratello, Dan, negli ultimi vent’anni ha sempre ricoperto un ruolo chiave nei governi che si sono alternati nel paese. Meridor è conosciuto come una persona umile. Prendendo a modello Benny Begin, figlio di Menachem Begin, ha sempre rifiutato di essere accompagnato in limousine o con altri mezzi di lusso, preferendo guidare vecchie macchine o prendere l’autobus. La punta del Likud a Washington, dove arriverà a dicembre, sa essere ambizioso. Dopo aver ricoperto la carica di direttore dell’Agenzia ebraica, ruolo che aveva avuto Theodor Herzl, negli ultmi anni è stato rilegato dal Likud a occuparsi di amministrazione. Olmert, che vacilla nei sondaggi, ha colto l’occasione per portare Meridor, membro storico del Likud, dalla propria parte. In questo modo, il premier spera di infliggere un colpo al Likud. Meridor, infatti, legittimato dall’essere un Likudnik, farà lobby politica tra le leadership delle organizzazioni ebraiche per appoggiare Kadima e non Bibi Netanyahu, attuale leader del Likud molto stimato oltreoceano. Inoltre, Meridor tenterà di portare altri membri del Likud dalla parte di Olmert, una tendenza che ultimamente sembra invece essere opposta. Dany Ayalon, ex ambasciatore a Washington, non ha invece più alcun ruolo politico. Ayalon, però, sembra non essere l’unica per- sona a dover pagare per la rimonta di Kadima. Negli ultimi tempi, Olmert si è incontrato più volte con Silvan Shalom, membro del Likud e avversario di Netanyahu. Dopo le elezioni, Shalom, che desiderava guidare il partito, aveva detto che Netanyahu doveva andarsene perché aveva trascinato il Likud verso il fallimento. Adesso, però, che Bibi ha la maggioranza nei sondaggi, Shalom teme il proprio futuro ed è disponibile a trovare compromessi con Olmert, specialmente se questi portano al tracollo di Bibi. Olmert ha convocato Shalom, che non ha alcun ruolo ufficiale di rilievo, per discutere la minaccia nucleare dell’Iran. Voci di corridoio, all’interno di Kadima, ipotizzano che sia una mossa che prelude a un’eventuale nomina di Shalom a ministro degli Esteri. Tzipi Livni, non proprio gradita a tutti nell’esecutivo di Olmert, potrebbe essere la prossima vittima. Non sarebbe una sorpresa. Olmert, che appare invecchiato dopo la guerra, ha fatto intuire i suoi progetti, impedendo a Livni di andare all’Onu per la risoluzione del Consiglio di sicurezza 1.710 sul Libano. I media israeliani parlano di uno scontro aperto tra i due. Non passa giorno, infatti, senza che Livni accusi Olmert per la sua conduzione “catastrofica” della guerra, facendo diminuire l’appoggio a Kadima e dicendo che lei avrebbe agito diversamente. Nella sua strategia di rafforzamento, Olmert ha aperto un altro fronte. Corteggia Avigdor “Ivet” Lieberman, leader di Israel Beitenu, per ottenere l’appoggio dei religiosi. Ivet, grazie ai voti russi, era stato la sorpresa delle ultime elezioni. In quel periodo il premier lo temeva al punto da non volerlo nella coalizione. Ora però il loro obiettivo è comune: destabilizzare il Likud. Olmert dovrà stare attento a non rafforzare troppo Lieberman, che non ha mai nascosto di aspirare addirittura al posto di premier. Ma se Peres fosse eletto presidente, ci sarebbe un posto da vicepremier da offrire a Shalom o a Lieberman, laburisti permettendo.

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