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Il Foglio Rassegna Stampa
19.10.2006 Intervista a Flemming Rose, che pubblicò le vignette su Maometto
colpito da un fatwa, lo processano anche le Nazioni Unite

Testata: Il Foglio
Data: 19 ottobre 2006
Pagina: 19
Autore: Giulio Meotti
Titolo: «Per l'Onu la fatwa se l'è cercata»

Plauso a Giulio Meotti per l'intervista a Flemming Rose, il giornalista danese che pubblicò le vignette su Maometto

Dal FOGLIO del 19 ottobre 2006:

Non bastavano le fatwe islamiche. Il “blasfemo” Flemming Rose è stato processato anche alle Nazioni Unite. Al dipartimento per l’informazione dell’Onu si è svolta la conferenza “Cartooning for peace”, in cui Rose e i vignettisti danesi sono stati giudicati privi di “responsabilità artistica”. Alla sessione ha presenziato Kofi Annan, mentre il disegnatore satirico del Monde, Jean Plantu, vestiva i panni del pm. Da quando ha deciso di pubblicare le vignette su Maometto, sulla testa di Flemming Rose pende una condanna a morte che si autorigenera nel mondo islamico. La sua testa è finita in cima alla picca di una caricatura. Il mullah talebano Dadullah ha promesso una taglia di 100 kg. d’oro e dall’India un ministro dell’Uttar Pradesh, Haji Qureishi, offre undici milioni di dollari a chi lo decapiterà. Flemming parla lentamente, è un intellettuale quarantenne che vive circondato da un alone di mistero. Nessuno dei suoi colleghi al quotidiano danese Jyllands Posten vuole parlare del suo lavoro. Rose proviene dalla sinistra antiautoritaria, è un libertario agnostico cresciuto nel protestantesimo scandinavo. Prima ha lavorato come traduttore dal russo e poi come insegnante. Un curriculum simile a quello di Robert Redeker, autore dell’articolo sul Figaro e minacciato di morte in Francia. Flemming Rose, che ha trascorso diversi mesi in quella Teheran da cui sono partite le principali minacce di morte, nel settembre del 2005, come responsabile della cultura del suo giornale, ingaggia venticinque vignettisti per capire quanto sia flebile la libertà d’espressione in Danimarca. Tredici si rifiutano di partecipare, gli altri accettano di firmare i lavori. Nessuno deve comparire anonimo o sotto pseudonimo, la posta in gioco è troppo alta. Il 30 settembre le vignette vengono pubblicate sul quotidiano più venduto in Danimarca. Da allora, oltre a Flemming Rose, i dodici vignettisti vivono sotto scorta. I supermercati sauditi annunciano il boicottaggio dei prodotti danesi, Bill Clinton definisce “oltraggioso” il gesto di Rose, Youssef al Qaradawi ha chiesto le sue scuse, Hassan Nasrallah dice che se Salman Rushdie fosse stato ucciso nessun altro avrebbe offeso l’islam, e a Gaza il leader di Hamas, Ismail Haniyeh, si presenta con un bambino agghindato da terrorista per denunciare “Rose l’infedele”. Da Parigi il comico Dieudonné dice che “gli ebrei sono una frode della peggiore specie” e di essa fa parte Rose. L’Arab European League, organizzazione islamista dei Paesi Bassi, distribuisce un volantino che mostra Anna Frank a letto con Hitler: “Scrivi questo nel diario, Anna”. A Trebisonda don Andrea Santoro viene assassinato, tra ambasciate incendiate e pogrom nel corno d’Africa. L’ufficio di Flemming Rose al giornale viene più volte evacuato per allarmi bomba e oggi è circondato da telecamere e poliziotti. Un imam di Aarhus, seconda città danese, in tv dice che Rose deve ricordarsi di van Gogh. Uccidere Rose è “halal”, cosa buona e giusta. In quest’intervista al Foglio, Flemming Rose ripercorre la vicenda delle vignette e come hanno cambiato la sua vita. “Sono fortunato ad essere vivo. Ho ricevuto molte minacce e ho bisogno della protezione della polizia. Qui a Washington è diverso. Ma recandomi in Spagna e in Inghilterra, ho capito quanto la mia vita fosse in pericolo. Polizia ovunque, in hotel, alle conferenze, per strada”. Non vuole vivere in esilio, il suo nome è già su un biglietto aereo per Copenaghen. “Voglio tornare in Danimarca, l’America non è per sempre, amo il mio paese, i miei colleghi e il mio lavoro. Sebbene abbia paura di vivere a Copenaghen, chi mi circonda ha iniziato a capire cosa sta succedendo all’Europa. Gli Stati Uniti sono il paese più generoso al mondo, ho molti amici a Washington. L’America è la mia seconda casa, un grande paese in cui il principio di libertà e felicità è inscritto nella costituzione dei Padri fondatori”. Sulle vignette le cose sono andate diversamente da come pensava. “Ho avuto un grande sostegno dagli Stati Uniti, più che dall’Europa. Il primo emendamento è dalla mia parte, dalla parte di una società democratica forte. Però pochi quotidiani americani hanno pubblicato le vignette, diversamente da tanti in Europa, compresa l’Italia. Perché i quotidiani americani hanno corrispondenti in Iraq e la paura di sequestri è alta. Ma dovevano dirlo apertamente, anziché elaborare argomenti razionalistici per la non pubblicazione. ‘Metteremmo a rischio le vite dei giornalisti’, è un argomento nobile. Ma non chiedi alla vittima di stupro se si pente di aver indossato una minigonna. La conferenza dell’Onu che mi accusa di ‘islamofobia’ è ridicola e stupida. Nessuno ha invitato un solo vignettista danese. ‘Responsabilità artistica’ ricorda il commissario sovietico Zdanov. Si sono guardati bene dal fare una conferenza sulla libertà d’espressione”. Una delle principali menzogne dette sul conto di Rose è che fosse di origine ebraica. “Così poteva funzionare il complotto ebraico, la cospirazione sionista. ‘Un ebreo ucraino’ hanno detto, ma non sono né ebreo né ucraino. Ma ne sarei andato fiero, lo stato d’Israele è all’avanguardia nella guerra contro il terrorismo. Israele è forte, il problema è nostro e del medio oriente. Mi sono formato accanto ad Andrej Sacharov e ad Alexander Solzenicyn, in qualità di corrispondente da Mosca per tredici anni. Il primo era liberale, il secondo nazionalista e conservatore, entrambi campioni della libertà. Sono stati imprigionati ed esiliati, hanno vissuto in modo non conformista. Il regime sovietico accusò Vladimir Bukovsky, Natan Sharansky e Boris Pasternak di ‘propaganda’. Accusa che gli islamisti hanno rivolto a me e ai dodici vignettisti. Fu Ayn Rand, che fuggì dalla Russia dei bolscevichi, a trasmettermi l’idea di libertà. E’ mio amico l’editore che ha riportato la Rand in Russia dopo il crollo dell’Urss. E con lei Karl Popper, Hannah Arendt e Josif Brodskij”. Rose rivendica la pubblicazione delle caricature. “La loro pubblicazione è stato un momento importante anche per quei musulmani che vogliono godere della nostra libertà nei regimi islamici. Cedere all’intimidazione sarebbe stata una sciagura per l’intera Europa. La mia prima reazione di fronte al caos delle vignette è stata simile a quando Mohammed Bouyeri ha ucciso Theo van Gogh. Ero terrorizzato e tutto era incomprensibile. Un giovane islamista si alza presto la mattina e va a uccidere un uomo perché ha girato un film sull’islam che non condivide. La mia famiglia è spaventata”. Ci fu una discussione interna al giornale se pubblicare o no: “Se non fosse stato così significava che stavo lavorando alla Pravda. Ma nessuno dei miei colleghi ha criticato la mia decisione nell’ultimo anno. ‘Perché lo hai fatto?’, nessuno mi ha rivolto questa domanda. Le vignette sono state un evento rivelatore della coscienza europea, sebbene nessuna vignetta valga una vita umana. Cosa non è negoziabile in una democrazia?”. Prese quella decisione dopo molti casi di autocensura sull’islam. “Opere d’arte censurate, imam che chiedevano al governo danese di intervenire sulla stampa, uno scrittore di fiabe che non riusciva a trovare un illustratore del suo libro per bambini su Maometto, i traduttori di Ayaan Hirsi Ali che non accettavano di comparire nella copertina e un museo a Göteborg che ha rimosso un quadro con una citazione dal Corano. Gli intellettuali di sinistra dicevano che i danesi opprimevano i musulmani, era il modello orientalista di Edward Said. Questo culto della vittima è stato sfruttato da imam come Ahmad Laban e il mullah Krekar, che ha definito le vignette ‘una dichiarazione di guerra contro la nostra religione’. Ma le immagini non eccedevano in tatto, satira e humour rispetto a quelle sulla regina di Danimarca, il capo della chiesa o il primo ministro. Alcuni imam sono partiti dalla Danimarca per il medio oriente portando vignette con il Profeta fornicante con un animale, pedofilo e in una era dipinto come un maiale. Ma non abbiamo pubblicato questa roba”. Tra qualche mese, dice Rose, ci accorgeremo della gravità di quanto è successo a Berlino con l’Idomeneo di Mozart. “E’ stato un disastro, seppure mi sia sentito incoraggiato dalla reazione dei politici tedeschi e di Angela Merkel, che hanno condannato l’autocensura. Nel settembre 2005, quando ho deciso di pubblicare le vignette, c’è stata una reazione simile a quella di Berlino. La Tate Gallery a Londra aveva esposto un dipinto di John Latham, ‘God is Great’, in cui Bibbia, Talmud e Corano vengono ridotti a pezzi da una lama di vetro. Proprio come a Berlino. Il museo ha rimosso l’opera di Latham per la possibile reazione dei musulmani. Non hanno chiesto all’artista se fosse d’accordo né ai musulmani se si sentissero offesi. Né alla polizia se fosse concreta la minaccia. Quando c’è stato in Francia il dibattito sul velo, in molti hanno detto, ‘beh, create tensione e violenza’. Niente di tutto questo. La società francese ha risposto con un ‘non negoziabile’”. La libertà d’espressione per Rose è dunque a rischio in Europa: “Non direttamente ma indirettamente, attraverso un’incredibile pressione. Ha a che fare con la cultura relativista, il multiculturalismo e un’incomprensione intorno alla tolleranza. In una democrazia è impossibile pretendere il divieto pubblico dell’insulto o dell’offesa. Mi sento insultato da ciò che è stato scritto su di me, ma è la democrazia. E questo è ciò che è successo nel caso delle vignette. Sono offeso dalla trascrizione dei discorsi di bin Laden, dalle foto di Abu Ghraib, da chi dice che Israele deve essere cancellato dalla mappa geografica e ripete che l’Olocausto non c’è mai stato. I musulmani radicali vogliono intimidire la società danese ed europea, la loro reazione non ha niente a che fare con il rispetto della religione. Molti intellettuali europei hanno detto che il Jyllands Posten era ‘intollerante’. Ma la tolleranza ha a che fare proprio con il rispetto di chi non condividi, persino di chi odi. Devo mostrare rispetto se vado in moschea, ma al di fuori di essa le cose funzionano diversamente. E’ questa la democrazia. L’alternativa è la sottomissione di Flemming Rose e del Jyllands Posten”. I liberal americani hanno biasimato la politica culturale di Rose. “La correttezza politica da un lato e la paura dall’altro hanno prodotto una miscela incredibile. Risponderanno che non ha a che fare con l’autocensura, ma con il buon vivere, il comportamento corretto. Ma è evidente da molti casi che artisti, scrittori e traduttori sono stati intimiditi dall’islamismo e dalla paura di essere collegati con l’offesa all’islam”. A lui non piace essere definito “dissidente”. “E’ un onore eccessivo, ho conosciuto degli autentici eroi a Mosca. Sono andati in prigione per le loro idee e hanno dato un grande contributo alla libertà dell’occidente e di milioni di esseri umani. Ma il modo in cui la sinistra mi ha trattato e ha definito il mio giornale ricorda i metodi sovietici di aggressione e isolamento. Ayaan Hirsi Ali è la vera dissidente dell’islam, è stata offesa e denigrata dalla comunità olandese. Solo un think tank neoconservatore le ha offerto lavoro, nessun’altra università lo ha fatto”. Il relativismo morale predica l’eguaglianza di tutte le culture e religioni. “Gli occidentali sono oggi nella condizione di non poter criticare direttamente la religione islamica, sarebbe ‘imperialismo culturale’. Penso che sia falso e pericoloso, ci sono religioni migliori di altre e culture diverse. Una cultura che protegge i diritti individuali, la libertà, la proprietà, la costituzione, la legge, è migliore di una cultura o una religione che lapida adultere e omosessuali, uccide gli ‘infedeli’ e che altro non è che purismo e discriminazione verso donne e non-musulmani. In occidente ci hanno a lungo spiegato che non potevamo fare commenti sulla religione islamica. Ma così stiamo distruggendo le speranze di quei musulmani in medio oriente che vorrebbero una vita migliore e una vera libertà. Non è una guerra fra ‘loro’ e ‘noi’, ma una guerra fra chi crede nella democrazia e nella libertà e chi crede nella sharia, fra chi crede nella società fondata sulla legge e chi crede nella superiorità del Corano rispetto alla costituzione”. Il cuore del multiculturalismo è che cristianità, giudaismo e islam facciano parte della stessa “religione del Libro” e dei Profeti. “Falso e pericoloso. La cristianità è maturata nel secolarismo e fin dall’inizio il cristianesimo ha diviso il potere secolare da quello spirituale, date a Cesare quel che è di Cesare, date a Dio quel che è di Dio. La legge di Dio secondo i cristiani è stata scritta dagli esseri umani, nell’islam è divina e la religione è politica, come al tempo del comunismo. La stessa prescrizione: ti dicono come mangiare, vestirsi, educare la famiglia, leggere, lavorare. Ecco perché è difficile, se non impossibile, convivere”. Il caso di Robert Redeker è l’ultimo tassello in questa cronaca della sottomissione. “Mi ha sorpreso la reazione dei colleghi di Redeker, insegnanti e intellettuali. Da un lato hanno detto che erano d’accordo con lui sulla libertà di parola, poi hanno aggiunto che doveva essere più prudente. Come è successo con il Jyllands. Nel momento in cui una persona o un giornale viene minacciato di morte per ciò che scrive, tutte le discussioni sul contenuto sono lettera morta. E’ irrilevante se sia o meno d’accordo con Redeker, è un altro livello della discussione. A Redeker hanno detto: ‘Well, siamo per il diritto di parola, ma non siamo d’accordo con ciò che hai scritto’. Stanno accettando il discorso della violenza, non c’è più differenza fra chi uccide e chi deve difendere l’aggredito”. La tragedia è che chi ha minacciato il professore francese era cittadino della République. “Viene da pensare che l’Europa sia l’Afghanistan dell’occidente, in cui i terroristi costruiscono le loro basi. Gli assassini dell’11 settembre venivano dall’Europa, come quelli di Londra e Madrid e come Bouyeri. E’ l’Europa, non il medio oriente, il terreno fertile dei terroristi. Si sono radicalizzati dentro la società europea e questo ha a che fare con il welfare europeo. La socialdemocrazia ha deresponsabilizzato l’individuo”. Prima di Redeker c’è stato il discorso di Benedetto XVI. “Le parole pronunciate dal Papa a Ratisbona sono molto importanti, in particolare su ragione e fede. Per la prima volta Benedetto XVI ha spiegato la grande differenza fra la cristianità e l’islam. Le reazioni a quel testo ci hanno riportato al XIV secolo. ‘Dici che l’islam è una religione un po’ violenta, allora ti uccido’. Che altro c’è da aggiungere? E’ in corso una guerra culturale, una guerra di idee prima che militare e strategica. In cui nessuno si pone il problema di quale presenza islamica in Europa e di come quella religione sia predicata e praticata. Le élite preferiscono biasimare Israele e gli Stati Uniti. E’ tutto ridicolo. Non è una guerra che si combatte con i servizi segreti, ma una battaglia sul concetto di uomo e religione”. E’ molto importante insistere sulle fondamenta della società. “In particolare sulla separazione fra stato e moschea, visto che abbiamo già risolto il nostro problema con la cristianità. C’è una crescente attenzione della popolazione rispetto alla minaccia islamista. Il voto contrario in Francia e Olanda alla Costituzione europea è stato incoraggiante. Prendi il nostro caso. Oggi la maggioranza dei danesi esprime solidarietà per la mia decisione. La pubblicazione delle vignette ha accelerato un dibattito maturo e necessario sul significato di democrazia, l’islamismo, l’integrazione, quale tipo di valori siano negoziabili e quali no. Sta diventando chiaro, in tutta Europa, che dobbiamo riflettere sul perché la nostra civiltà è così e non diversamente, l’origine della sua libertà, la sua forza, la sua storia. Sono realista sul presente e non catastrofista sul futuro. E’ in corso un grande cambiamento per la democrazia, non possiamo far finta di niente. Tony Blair ha iniziato a parlare del velo in modo critico. Segnali positivi”. Le vignette non erano un’aggressione, “ma un rendere più chiaro il lavoro che vignettisti, io e altri giornalisti facciamo ogni giorno. Perché nessuno ha protestato per le vignette contro ebrei, Cristo e Israele? A causa del multiculturalismo. E prima delle vignette nessuno si era accorto di questo. I liberal sono näif, vedono un miliardo e mezzo di musulmani come ‘vittime’. Vittimologia corrosiva per la libertà e dannosa per l’integrazione dei musulmani. E’ l’odio di sé di un occidente pavido che si scusa per essere ciò che è. Negli anni Sessanta si è formata una generazione oggi al potere in Europa, come Javier Solana. Democrazia, libertà, civiltà occidentale, legalità giudaico-cristiana… tutto condannato negli ultimi quarant’anni”. Le metafore sono aggiornate dalla Guerra fredda all’islamismo. “Gli islamici sarebbero i nuovi proletari e il Corano il Capitale del 2006. Per questo la dottrina Bush è decisiva per reagire all’11 settembre. Bush ha fatto sua la teoria dell’islamismo come ideologia totalitaria, come nazismo e comunismo. L’islamismo non ha un’Armata rossa o una Wehrmacht, ma è solo questione di tempo e avrà l’atomica. Nazismo e islamismo hanno molto in comune: pubblico e privato coincidono, soppressione della libertà di pensiero, antisemitismo, concepirsi sempre in guerra, distinzione fra ‘noi’ e ‘loro’ e l’immagine di nemico. Nel nazismo gli ebrei, i capitalisti nel comunismo e gli ‘infedeli’ nell’islamismo. L’odio è la loro ideologia. Si dice che l’islamismo sia un nemico senza stato. Ma ricordiamoci i bolscevichi nel 1907: non avevano esercito o rappresentanza nel parlamento russo. Dieci anni dopo erano al potere”.


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