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Il Foglio Rassegna Stampa
19.10.2006 Fermare i rifornimenti di armi ad Hamas: è l'obiettivo dei raid israeliani a Gaza
che aiutano anche Abu Mazen

Testata: Il Foglio
Data: 19 ottobre 2006
Pagina: 3
Autore: la redazione
Titolo: «Coi raid di Gaza Israele mira a fermare i traffici d’armi per Hamas»
Gerusalemme. Ieri, per la prima volta dal disimpegno dell’estate del 2005, l’esercito israeliano ha portato a termine un’operazione nel corridoio di Filadelfia, la striscia di “terra di nessuno” che divide l’Egitto da Gaza, dove il contrabbando di armi si starebbe intensificando. Il premier israeliano, Ehud Olmert, da Mosca, ha precisato che non si tratta di una nuova occupazione, spiegando che Israele non ha intenzione “di restare in alcun posto a Gaza”. I militari hanno scoperto due tunnel a una profondità di dodici metri e le truppe di Tsahal stanno preparando un’operazione nella Striscia di Gaza ancora più vasta. Il rais palestinese, Abu Mazen, sta tentando di organizzare un nuovo governo di tecnocrati che contrasti i militanti di Hamas, un po’ indeboliti dagli attacchi israeliani. Ma la riunione del comitato centrale di Fatah, che è stata posticipata, ha complicato i piani. Faruk Kaddumi, considerato il falco del partito, ritiene ancora possibile la formazione di un governo di unità nazionale con Hamas. Secondo indiscrezioni, avrebbe raggiunto un memorandum di intesa con il leader politico del movimento, Khaled Meshaal. Hamas è in una fase non facile e prende tempo. Quattro membri del gruppo islamico sono stati uccisi. Tra loro, secondo la radio israeliana, uno dei rapitori del caporale Ghilad Shalit; notizia confermata anche da Hamas. Poche ore prima, il presidente palestinese aveva proposto la formazione di un governo di professionisti indipendenti. Ghazi Hamad, portavoce di Hamas a Gaza, ha detto che il gruppo sta considerando la proposta, mentre un eventuale referendum sarebbe un golpe. Una soluzione potrebbe arrivare tra una settimana, dopo il Ramadan. Hamas e Fatah si starebbero preparando a un conflitto per la nuova leadership. I mass media raccontano un continuo contrabbando di armi verso la Striscia di Gaza, a favore di entrambe le fazioni. Il quotidiano Haaretz scrive che venti tonnellate di esplosivo sono state introdotte nella Striscia con trenta missili anticarro di fabbricazione russa. Il ministro della Difesa israeliano, Amir Peretz, pensa che la situazione possa degenerare in un secondo Libano, lasciando intendere che un eventuale raid impedirebbe il riarmo delle fazioni. Tsahal agisce con un tempismo che fa gioco ad Abu Mazen. “Ora aspettiamo la risposta del rais – dice al Foglio Avraham Tamir, ex stratega dell’esercito israeliano – allo stesso tempo non possiamo accettare certe attività: il lancio di razzi Qassam sui nostri villaggi e il riarmo di Hamas”. Tamir, che conosce la zona di confine, spiega che il punto debole per il passaggio di armi è la frontiera tra Egitto e Gaza, il valico di Rafah, chiuso da mesi, dove si è svolta l’operazione israeliana ieri. “Che Hamas si riarmi non è nell’interesse del governo del Cairo – spiega – Piuttosto sarebbe un suo fallimento”. I giornali prevedono che l’operazione a Gaza continuerà con la stessa intensità finché Abu Mazen non proverà a riunire i palestinesi. “Se questo non servisse, agiremo in maniera differente – dice Tamir – Pensiamo alla nostra sicurezza e non stiamo dichiarando il nostro appoggio al rais”. Il Libano è il modello, dice al Foglio Shlomo Mofaz, ex membro dell’intelligence militare e consulente antiterrorismo al centro interdisciplinare di Herzliya: “Hamas e il Jihad islamico, grazie ai soldi iraniani, si stanno armando, anche se non è possibile fare paragoni con l’arsenale di Hezbollah”. Nelle ultime ore, Tsahal ha avuto come obiettivo a Gaza gli uomini armati del gruppo di resistenza islamico. Certo, spiega Mofaz, l’esercito israeliano si sta muovendo dopo aver valutato dati d’intelligence sul riarmo, ma i militari hanno il dovere di prendere in considerazione anche la situazione politica che compare sullo sfondo. “Non è che a Israele piaccia Fatah, ma sostiene Abu Mazen considerando Hamas una minaccia più grave”. Le sorti dell’operazione dipendono dai risultati militari e da alcuni politici. Secondo Mofaz nessuno vuole una guerra civile: i palestinesi cercheranno di evitarla accettando anche il compromesso. Però, “si preparano, armandosi, all’eventualità”.

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