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Il Giornale Rassegna Stampa
17.10.2006 Dossier islam
le dichiarazioni dell'imam di Segrate, il fondamentalismo dell'Ucoii, le persecuzioni anticristiane

Testata: Il Giornale
Data: 17 ottobre 2006
Pagina: 7
Autore: Paolo Bracalini - Filippo Facci - Massimo Introvigne
Titolo: «Entro dieci anni l'islam conquisterà l'Italia - Una società con il bollino verde - Uccidono i cristiani e l'Occidente tace»
Dal GIORNALE del 17 ottobre 2006, un articolo sulle dichiarazioni dell'imam Abu Shwaima, guida spirituale della moschea di Segrate, al settimanale TEMPI :

Fra dieci anni i musulmani saranno la maggioranza in Italia, e i cristiani una sparuta minoranza religiosa? Ne è convinto l'imam Abu Shwaima, guida spirituale della moschea di Segrate, intervistato dal settimanale Tempi. «L'Islam tra dieci anni sarà nel cuore degli italiani - dice Shwaima -, se i veri musulmani faranno il loro dovere di mostrare il vero volto dell'Islam: quello della pace e del dialogo. L'Islam sarà così chiaro che saranno le persone a volersi convertire, è solo una questione di tempo. Dio ha promesso che in ogni casa entrerà l'Islam con i suoi princìpi e fondamenti, e la minoranza non può nulla contro la forza di Dio. L'Islam è il bene, per questo dominerà il mondo». Non c'è spazio per le altre religioni secondo l'imam di Segrate: «È difficile che chi conosce la chiarezza dell'Islam possa lasciarlo: non si può negare l'evidenza. E per chi lo fa il Corano dice che andrà all'inferno. Abbandonare l'Islam in uno Stato islamico equivale ad alto tradimento». Il Papa a Ratisbona? «Ha sbagliato. Dice che non è stato capito. Se è così allora deve dimostrarlo, cancellando dal testo quella frase sul nostro profeta». Shwaima si lamenta di non avere la moschea che i musulmani di Milano meriterebbero, e di doversi accontentare di quella a Segrate, autorizzata nel 1988. «Il perché bisogna chiederlo a chi decide il piano regolatore di Milano, l'unica metropoli al mondo che non ha una sua moschea. Le autorità così danneggiano la città dal punto di vista economico o commerciale non essendoci nemmeno una moschea come si deve dove andare a pregare». Per ora i cittadini italiani convertiti alla religione islamica sono solo qualche migliaio, ma la comunità musulmana in Italia nel suo complesso conta almeno 900mila persone e pretende con sempre più forza dallo Stato italiano spazi, diritti, moschee. A Genova gli islamici del centro culturale diretto dall'imam Hussein Salah, con il via libera del sindaco ds Pericu e ispirati dall'Ucoii, sembrano aver trovato un accordo con i frati francescani per prendere in permuta una parte del loro terreno e farne una moschea. «La scelta dei francescani - ha commentato l'eurodeputato della Lega Nord Mario Borghezio - fa progredire la marcia islamica verso la conquista del nostro territorio. Sarebbe molto strano, quindi, che risultasse avallata dalla Chiesa». Tensioni anche in Toscana, a Colle Val d'Elsa, dove il locale centro islamico, sostenuto dall'amministrazione comunale di sinistra, vuole far nascere la più grande moschea in Italia. In Lombardia, dove si concentra la più alta percentuale di immigrati musulmani in Italia, sono già 35 i luogi di culto islamico. Oltre alla moschea di Segrate, la comunità musulmana ne chiede una anche a Lodi, contro il parere della cittadinanza che ha fatto saltare l'accordo tra la giunta di centrosinistra. L'intesa sembrava raggiunta sul finire dell'anno scorso, ma dopo un duro scontro in consiglio comunale l'amministrazione locale ha cambiato idea. Ancora in Lombardia, a Como, i musulmani rivendicano da un anno il diritto ad avere una moschea, dopo la chiusura di quella precendente, abusiva. Nel frattempo si sono organizzati come possono, occupando le vie cittadine per pregare all'aperto.

Di seguito, un'inchiesta di Filippo Facci sull'Ucoii:

La sigla Ucoii sta per Unione delle Comunità ed Organizzazioni Islamiche in Italia, e, senza giri di parole, è l'Islam non moderato. In pratica è la filiazione italiana dei cosiddetti «Fratelli musulmani», una setta che in Italia, appunto nelle file dell'Ucoii, ospita profughi che risultano ricercati in Siria e in Egitto. Dovrebbe essere un movimento ecclesiale, ma in sostanza è un movimento politico che prende posizioni ed emette comunicati su tutto, tanto da suggerire il voto per certi partiti politici (per esempio i Comunisti italiani) e in pratica da usare le moschee al posto delle sezioni di partito, così da imporsi come egemone su tutti i musulmani del Paese. Sono una minoranza che diviene maggioranza per militanza e intraprendenza, sicché una buona parte delle moschee italiane, farlocche o simil-garage che siano, è gestita da un'organizzazione, questa, che legittima il terrorismo suicida iracheno e palestinese, da una onlus i cui dirigenti aderirono al «Campo antimperialista» che raccolse fondi in favore dei terroristi-partigiani iracheni, da chi esaltò il successo elettorale di Hamas e solidarizza con Ahmadinejad nel dichiarare che Israele non ha diritto di esistere; sono coloro che incolparono l'invadenza italiana dopo la strage di Nassirya, e che la scorsa estate, in un annuncio sui giornali, paragonarono Israele a Hitler. Ecco chi sono. Gli esponenti dell'Ucoii sono coloro cui il giornalista Magdi Allam addebitò le minacce per le quali oggi è pluri-scortato, peraltro mai ufficialmente smentito. Sono molte cose, i signori dell'Ucoii: il loro leader, Hamza Roberto Piccardo, è colui che nel commento introduttivo del Corano più venduto d'Italia (Newton Compton editore) scrisse che gli ebrei sono truffatori scimmie, porci, usurai e inventori dell'Olocausto: parole di cui il medesimo Piccardo, nel maggio 2005, dovette chiedere ammenda. Ma ammende e buonismi non sono un problema per l'Ucoii: nel luglio 2005 pubblicarono addirittura un «Manifesto contro il terrorismo», anche se non fu chiaro di che terrorismo parlassero. L'Ucoii è l'organizzazione che ha fatto saltare il tavolo della famosa Consulta islamica, organo del ministero dell'Interno composto da sedici rappresentanti di comunità islamiche italiane. Souad Sbai, presidentessa dell'associazione donne marocchine, aveva presentato un documento che condannava l'estremismo, auspicava integrazione in fedeltà alla Costituzione, difendeva il pluralismo anche all'interno dei vari Paesi musulmani, legittimava Israele, proponeva l'apprendimento della cultura italiana da parte degli immigrati, trasparenza nella gestione delle moschee, sermoni anche in lingua italiana: troppo, per l'Ucoii. Le loro controproposte sono state queste, e preparatevi: 8 per mille agli islamici, mense islamiche a scuola e nelle fabbriche e nelle carceri e negli ospedali, «cancellazione di notizie false sull'Islam dai libri scolastici», un bollino verde per cibi e merendine islamicamente corrette, ora di religione islamica, venerdì libero per la preghiera, lingua araba come opzione a livello nazionale, e ancora: banca islamica, mutui islamici, agevolazioni per le moschee, osservatori sulle discriminazioni dell'Islam: in altre parole, l'Islam. L'Islam ma senza di noi, senza la nostra legge fondamentale: «l'Ucoii non rispetta la Costituzione», ha detto più volte la moderata Souad Sbai, «e se andiano a vedere nelle loro comunità, troviamo per esempio matrimoni poligamici, in sostanza due leggi». Due leggi soprattutto per quanto riguarda le donne, che in ossequio al Corano sono considerate inferiori a tutti gli effetti. È stata la questione femminile l'affronto più indigeribile per l'Ucoii: pretendere che loro, duri e puri, accettassero un'identità islamica non separata e conflittuale anche per quanto riguarda il ruolo della donna e della famiglia: quindi niente discriminazione, niente matrimoni combinati, no alla poligamia, al ripudio delle mogli e all'obbligo di indossare il velo. Inaccettabile. È ben altra cosa l'Italia islamizzata che piacerebbe all'Ucoii. Nel loro sito internet si auspica che le donne islamiche incinte non debbano andare in ospedale, luogo impuro, bensì che lo Stato fornisca loro una speciale assistenza sociale a domicilio: «Non si vede perché la si debba violentare con la stolidità dell'organizzazione di sala parto, che impone turni rigidi e aprioristici». Parto in casa, dunque, perché è a casa che la donna deve stare: «Occorre ripensare al suo diritto di essere tranquillamente madre ed educatrice dei suoi figli, anche se questo comporta la perdita di uno stipendio». Stia quindi a casa, la donna, e ben sorvegli l'educazione islamica mal impartita dalla scuola italiana: «La prima preoccupazione è che i figli non divengano oggetto di propaganda cristiana o atea, tendente a confondere i suoi principi dottrinali». «Giù le mani dai nostri bambini» ha perciò risposto Souad Sbai a Porta a Porta. E a ruota: l'Ucoii sia sciolta per legge, le hanno fatto eco la maggior parte delle organizzazioni islamiche moderate, peraltro non da sole. Ma l'Ucoii appare imperturbabile. Il Paese, a sentirli, è cosa loro o presto lo sarà: «Nel 2010 ci saranno cinque milioni di musulmani», scrivono nel loro sito, e «considerando che tutti gli indicatori demoscopici non cessano di registrare la diminuzione e l'invecchiamento della popolazione italiana, ci pare evidente che il ruolo che la comunità islamica svolgerà in questo Paese, proiettato come un ponte naturale tra le due sponde del Mediterraneo, sarà inshallah notevole». Inshallah. Così parla un movimento che di fatto è l'emanazione di movimenti integralisti islamici internazionali. La democrazia, questo orpello provvisorio, permette loro questo e altro. Con la nostra sentita collaborazione.

Da pagina 13, un  intervento di Massimo  Introvigne sulle persecuzioni anticristiane nel mondo islamico:

In Indonesia è stato ucciso con due colpi alla nuca il reverendo Irianto Kongoli, segretario generale della Comunione delle chiese indonesiane per le isole Sulawesi (o Celebes) centrali, un'associazione ecumenica cristiana. Senza dubbio il suo assassinio è anche una risposta alle proteste internazionali per l'esecuzione della condanna a morte di tre attivisti cristiani, avvenuta lo scorso 22 settembre. Ma anche in Indonesia c'erano state proteste dopo il discorso del Papa. In visita in Marocco, sono stato accolto all'aeroporto di Casablanca da locandine con la provocatoria prima pagina di uno dei più diffusi settimanali locali, Perspectives du Maghreb. Una grande foto di Benedetto XVI raccolto in preghiera è coperta da un titolo provocatorio: «E se il Papa avesse ragione?». Il ragionamento dell'editorialista marocchino può essere così riassunto: Benedetto XVI, secondo molti, ha offeso l'islam affermando che il divorzio fra fede e ragione che si è verificato nella storia musulmana alla fine del XII secolo rischia di giustificare la violenza. I musulmani offesi hanno risposto con il consueto slogan secondo cui l'islam è una religione di pace e i terroristi sono estranei alla vera fede musulmana. Per dimostrare che l'islam è una religione di pace hanno assalito chiese, bruciato sedi di organizzazioni cattoliche, ucciso una suora e - per non sbagliare - massacrato religiosi ortodossi e pastori protestanti, anche se i protestanti e gli ortodossi ovviamente non dipendono dal Papa. Né si tratta solo del Papa. Dopo le fin troppo famose vignette danesi, è capitato che Robert Redeker, un professore di liceo francese, abbia scritto un articolo, pubblicato su un quotidiano nazionale, Le Figaro, per dar ragione al Papa, con qualche espressione un po' pepata alla Oriana Fallaci. Il professore è stato minacciato di morte da una tempestiva fatwa, ha dovuto lasciare il suo liceo e il suo domicilio: vive protetto dalla polizia in semi-clandestinità, non senza che un pavido ministro dell'Educazione, esprimendogli una blanda solidarietà, abbia pure osservato che dopo tutto Redeker se l'è cercata evitando le sane regole della prudenza. In Pakistan l'arcivescovo di Lahore denuncia l'arresto di un cristiano, Younis Masih, sfuggito a stento a un tentativo di linciaggio durante le proteste contro il discorso del Papa. In Irak la settimana scorsa un sacerdote ortodosso, padre Paulos Eskandar, è stato decapitato per essersi rifiutato di affiggere all' esterno della sua chiesa un manifesto di scuse per le parole del Papa a Ratisbona (e di pagare alla cosiddetta «resistenza » irakena, che non manca mai di mostrare il suo lato banditesco, anche un «risarcimento » di trecentomila dollari). A Bassora un ragazzo cristiano è stato crocefisso e diverse ragazze cristiane violentate. E si potrebbe continuare. Il giornale marocchino ha ragione, e sono la nostra stampa e i nostri politici a non sottolineare sufficientemente il paradosso. Per protestare contro il Papa che ha indicato nelle fonti originarie dell'islam il rischio della violenza e dimostrare che l'islam è una «religione di pace » si uccide con il colpo alla nuca, si decapita, si crocifigge, si violenta. Si conferma così, purtroppo, che Benedetto XVI, tra i pochi ad avere il coraggio di parlare, ha indicato un problema assolutamente reale. I musulmani devono trovare al loro interno la forza di affrontarlo senza reticenza. L'Occidente non li aiuta se si rifiuta di vedere l'ovvio; e nasconde la viltà dietro una presunta prudenza.

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