L'Italia entra nel Consiglio di sicurezza dell'Onu. Tommaso di Francesco, in un'analisi faziosa e mistificatrice pubblicata dal MANIFESTO del 17 ottobre 2006 fornisce i suoi consigli su come spendere questo successo.
Il miglior modo, secondo lui, sarebbe quello di utilizzare il seggio per tentare di dare soluzione alla "questione palestinese".
Naturalmente a spese di Israele.
Di seguto, il testo, intervallato dai nostri commenti:
Euforia della diplomazia italiana. Non aveva detto Massimo D'Alema che «l'Italia c'è» lì dove si prendono le decisioni e si studiano le soluzioni?
Si sprecano i commenti frettolosi: vince il multilateralismo, torna il ruolo dell'Europa. Un fatto solo appare certo. Il risultato deriva dal ruolo dell'Italia nella guerra in Libano, ma quelle intenzioni politiche restano sospese e incerte. Schierare i caschi blu italiani è stato infatti argomentato da Prodi come primo passo per affrontare la questione di tutte le questioni mediorientali: la Palestina. E per il ministro degli esteri D'Alema l'interposizione libanese doveva essere ripetuta nei Territori occupati. Dal cessate il fuoco in Libano sono passati quasi due mesi, ma a Gaza e in Cisgiordania è sempre guerra. A Gaza sotto assedio negli ultimi quattro mesi sono stati uccisi dai raid israeliani 316 civili palestinesi
I raid israeliani sono diretti contro i terroristi che continuano a colpire Israele con i razzi kassam, agendo tra i non combattenti e mettendo a repentaglio la vita di questi ultimi.
Anche i terroristi, poi, formalmente sono "civili", perché non fanno parte di forze armate regolari.
Tuttavia, sono evidentemente obiettivi militari legittimi.
(tanti bambini e donne che non fanno notizia), con in più avvisaglie sanguinose di guerra intestina. Dal «ritiro unilaterale» di Sharon si è passati al «nessun ritiro» di Olmert che, come ieri sera, promette di essere «pronto alla pace con Palestina, Libano e Siria» e nello stesso tempo annuncia la «rioccupazione di Gaza».
La contraddizione indicata da Di Francesco non esiste: Israele vuole la pace, ma si difende quando viene aggredito.
Le operazioni israeliane a Gaza sono la conseguenza degli attacchi che Hamas conduce dalla Striscia.
Di Francesco ignora volutamente questo fatto.
Le condizioni d'Israele - che nei fatti non riconosce la possibilità di uno stato palestinese - sono sempre quelle: il governo di Hamas, democraticamente eletto a gennaio, è «fuorilegge perché non riconosce Israele» - lo ha fatto indirettamente riconoscendo il piano di pace dei «prigionieri politici»,
Hamas ha ribadito in più occasioni che l'accettazione del piano non implica in alcun modo un riconoscimento di Israele.
D'altro canto, il documento dei prigionieri non fa che riproporre una vecchia idea dell'Olp: "accettare" non Israele, ma la creazione di un Stato palestinese in Cisgiordania e Gaza.
Prima tappa di un piano a più fasi il cui obiettivo finale resta, come oggi allora, la distruzione di Israele.
Sulla quale il gruppo islamista palestinese non può transigere per motivi religiosi: l'intera "Palestina", a norma del suo statuto, è un lascito divino ai musulmani, inalienabile.
ma a quanto pare non basta. Ora Olmert chiede il rilascio del soldato israeliano sequestrato e subito un incontro con Abu Mazen, che però lo rifiuta perché anche lui vuole il rilascio dei tanti prigionieri palestinesi.
Vi è un bella differenza, occultata da Di Francesco, tra un soldato rapito in territorio israeliano, della cui sorte non è più dato sapere nulla, e i terroristi palestinesi detenuti, appunto per terrorismo, nelle carceri israeliane (dove ricevono visite periodiche e rilasciano persino interviste).
Siamo sull'abisso: la Palestina già in rovina può diventare un nuovo sud-Libano con Hamas - che si è voluto a tutti i costi accomunare ad Hezbollah - pronto a combattere.
E' piuttosto Hamas che cerca di imitare Hezbollah, copiandone ora la strategia degli attacchi missilistici come già fece con quella degli attentati suicidi.
La nuova possibilità data all'Italia nel Consiglio di sicurezza Onu va subito messa alla prova della Palestina. Non bastano più le belle parole sui «due stati» senza la garanzia della continuità territoriale dello stato palestinese tagliato dal Muro e dagli insediamenti. Ora l'Italia deve proporre una nuova sede negoziale, una Madrid 2, per il ritiro di Israele da tutti i territori occupati in Medio Oriente, Golan siriano compreso.
Una "conferenza di pace", quella delineata da Di Francesco nella quale solo a Israele dovrebbero essere imposte dell concessioni.
Non vi è nessun cenno alla parte che dovrebbero fare palestinesi e siriani, abbandonando il terrorismo e il sostegno al terrorismo e accettando la legittimità della loro controparte.
Un vertice capace di superare il limite della «road map» imposta dagli Stati uniti e che non ha portato da nessuna parte. Da questo dipende se l'Italia c'è o no - e se c'è l'Europa. La Palestina aspetta.
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