"Repubblica islamica secolare": questo dovrebbe diventare l'Iran secondo l'hojatoleslam (grado della gerarchia del clero sciita inferiore all'ayatollah) Mohsen Kadivari, non proprio un membro di spicco alla teocrazia iraniana visto che è stato anche in carcere.
Alla sua ipotesi di scuola, la cui concreta applicazione è difficile da immaginare, è però dedicata un' intervista rilasciata a Giuliana Sgrena che Il MANIFESTO presenta fraudolentemente come una prova delle articolazioni interne del regime iraniano.
Ecco il testo:
L'hojatoleslam Mohsen Kadivar è una persona schiva - anche se fermo sulle sue posizioni, che in Iran lo hanno portato persino in carcere - ma non si sottrae alle domande dei giornalisti. Gliene abbiamo rivolto alcune durante un suo passaggio in Italia per partecipare a diverse iniziative, tra le quali il festival «Varchi» di Frascati, che ha riunito diversi esponenti dell'islam moderato.
I discorsi radicali e le «provocazioni» del presidente iraniano Ahmadinejad a volte sembrano dirette più all'opinione pubblica interna che al mondo occidentale...
I suoi discorsi sono anzitutto rivolti all'opinione pubblica iraniana, ma anche quel che fa in politica estera ha come obiettivo la preservazione di se stesso sulla scena politica interna. E' importante per gli iraniani che vanno all'estero in pellegrinaggio (Mecca, Kerbal, Najaf) sentire che l'Iran è un paese importante, che il suo governo è appoggiato da molti musulmani per le posizioni radicali espresse da Ahmedinhejad contro Usa e Israele. E' diventato un eroe anche per Al Jazeera. La tv del Qatar ha realizzato un sondaggio sui personaggi più famosi in oltre 50 paesi musulmani: al primo posto è risultato Hassan Nasrallah, leader di Hezbollah, seguito da Khaled Meshal, leader di Hamas; al terzo posto figura Ahmadinejad. Analizzando il risultato in base alle risposte emerge che la priorità per i cittadini del Medio Oriente è l'indipendenza, mentre la democrazia e i diritti umani passano in secondo piano. In Libano Hezbollah ha il sostegno dei cittadini, come Hamas in Palestina e quindi si apprezza anche Ahmedinejad. Il quale agisce su tre livelli: quello interno iraniano, quello della politica mediorientale e quello del conflitto con l'Occidente.
E questi atteggiamenti gli fanno raggiungere i suoi obiettivi?
La maggioranza degli iraniani non ama Ahmadinejad, solo una minoranza lo appoggia. Alle elezioni ha votato solo il 50 per cento. Ma la maggioranza è silenziosa. Si può calcolare che i riformisti in Iran oggi rappresentino il 15 per cento, i conservatori un altro 15 per cento mentre il resto è costituito dalla massa silenziosa. Con il presidente Khatami l'influenza dei riformisti era salita al 70 per cento, ma allora il problema era lo scontro tra Khatami e Khamenei (la guida spirituale, ndr) che non ha permesso al governo di sviluppare una buona politica economica. Così gli iraniani hanno pensato che con un governo conservatore questa sfida sarebbe venuta meno e il paese sarebbe andato meglio. Inoltre, Khatami non aveva nessun partito alle spalle, i suoi sostenitori e amici hanno formato un partito solo dopo la sua vittoria, un partito vicino al governo. Khatami non aveva nemmeno un programma: essere un uomo di cultura non vuol dire essere un buon presidente. E per di più non aveva molto coraggio per cambiare.
Ma è possibile riformare una teocrazia?
Alcuni dicono di sì, e sono coloro che hanno sostenuto il governo riformista (i cosiddetti costituzionalisti), altri dicono di no e sono i riformisti radicali (detti repubblicani) i quali sostengono che questo regime non può essere riformato dall'interno: deve essere distrutto. Può darsi che sia giusto ma non è facile da realizzare. Si possono fare cambiamenti poco a poco, Khatami ha ottenuto qualche risultato perché ha costretto i conservatori a tenere in considerazione democrazia e diritti umani, ma solo in modo superficiale. Prima i dissidenti erano uccisi da sicari, ora sono arrestati con una decisione della corte e i prigionieri sono trattati un po' meglio di prima. I repubblicani (radicali) ritengono che questo regime non si possa assolutamente riformare ma non parlano di rivoluzione, perché oggi il termine rivoluzione ha una connotazione negativa. Qui c'è una contraddizione: credono in una repubblica secolare, non solo con la separazione tra religione e stato, ma anche senza nessun legame con la religione.
Se lo stato è secolare come può essere legato alla religione?
Nel nostro paese la cultura religiosa è un elemento molto importante e non si può ignorare il ruolo della tradizione. Bisogna trovare la strada tra modernizzazione e tradizione. Il miglior modo per cambiare è il costituzionalismo, la tradizione cambia con la modernizzazione, andando verso un regime islamico e democratico. Non c'è contraddizione tra islam e democrazia, ci sono contraddizioni tra alcune concezioni dell'islam e alcune concezioni della democrazia. Si può avere uno stato che riprenda i valori islamici ma governi in modo democratico. Come esistono partiti religiosi in Turchia o sono esistiti in Italia, con la Dc. Il parlamento deve essere eletto democraticamente, senza diritti particolari riservati ai religiosi. Se alle elezioni un partito religioso ottiene la maggioranza, sarà questi a governare ma dovrà rispettare i diritti delle minoranze: la minoranza deve avere gli stessi diritti della maggioranza. Il 98 per cento degli iraniani sono musulmani, di cui 90 per cento sciiti.
I religiosi sono potenti e non cederanno facilmente...
Dobbiamo essere realisti: i religiosi sono forti e potenti. Se voglio libere elezioni, se voglio la democrazia, ci sono diverse possibilità. Alle elezioni devono poter partecipare partiti religiosi o anche altri, ma l'importante è che siano vere elezioni. Non come quelle dell'assemblea di esperti, che devono controllare la politica del leader supremo, sceglierne il successore in caso di morte o di impossibilità a mantenere l'incarico. Gli ottanta esperti mujtahid (il più alto livello della preparazione in teologia islamica, ndr) di fatto vengono scelti in base alla fedeltà alla guida religiosa che dovrebbero controllare. Io stesso ero stato candidato ma siccome non concordavo con la visione dei guardiani che controllano le elezioni, non solo sono stato escluso ma sono finito in prigione con l'accusa di essermi espresso contro il leader supremo e contro la politica di Khomeini, il velayat-al-faqih; con questa macchia nel mio curriculum non potrò mai più essere candidato. La repubblica in Iran è solo nominale, il potere del presidente in realtà rappresenta solo il 20 per cento, l'80 per cento è nelle mani della guida suprema. Il potere del presidente è simbolico. E per cambiare la costituzione occorre l'assenso della guida suprema. Nemmeno una nuova costituzione basterebbe, occorre una pratica democratica: innanzitutto educazione, cultura, affari sociali, economia. E questa rivoluzione non si fa in una notte, occorre tempo. Questa fase è già iniziata e non si può tornare indietro, anche i conservatori lo sanno e oppongono ostacoli, ma il futuro sarà migliore, anche se non immediatamente.
Quanto influisce sull'Iran la situazione regionale con le truppe americane che occupano l'Iraq e che continuano a combattere in Afghanistan? L'Iran è circondato.
Naturalmente i conservatori e lo stesso Ahmadinejad approfittano degli errori Usa in Medio Oriente che rendono l'Iran sempre più importante. L'Iran è diventato un modello non solo genericamente per i paesi islamici ma anche in modo particolare per quelli arabi. L'Iran è un laboratorio per la democrazia, i diritti umani e l'indipendenza in Medio Oriente. E potrà diventare l'esempio vincente di paese indipendente della regione, se i riformisti riusciranno a sconfiggere l'interpretazione conservatrice dell'Islam e riusciranno ad imporre una via democratica.
C'è chi sostiene che i valori che hanno sostenuto la rivoluzione khomeinista in Iran non esistono più, anche perché i giovani non hanno conosciuto Khomeini e nemmeno il suo pensiero. E' vero?
Quello che è rimasto di Khomeini è il valore dell'indipendenza. Le critiche riguardano il regime: anche Khomeini, se ci fosse ancora, avrebbe dovuto cambiare qualcosa. Comunque, in Iran ci sono diverse interpretazioni del pensiero di Khomeini, che contrappongono i conservatori ai riformisti.
Può spiegare meglio quali sono le sue critiche all'attuale regime?
Le critiche al modello di teocrazia sono molto esplicite: il leader di una teocrazia è come se nella stessa persona sommasse il re e il papa e fosse nominato da Dio. Dunque: 1) Il compito dei giureconsulti che devono scegliere il leader non è un'elezione ma l'individuazione di chi è stato scelto da Dio. Invece devono essere i cittadini a scegliere il loro leader e questo non deve dipendere da Dio. 2) Sostenendo che il potere deriva da Dio il leader si arroga un potere assoluto: la legittimazione viene da Dio che è al di sopra della costituzione, quindi la costituzione non può porre nessun limite. 3) Il leader deve essere un religioso, mentre penso che per governare un paese occorrano conoscenze economiche, politiche, ecc. Non si tratta di dirigere un seminario. Inoltre, nella teocrazia, il leader deve essere un uomo e musulmano. Nel Corano non ci sono le basi per questa scuola di pensiero, che risale a un secolo fa, e quindi molti musulmani non ci credono. Poco a poco i modernisti (o moderati) stanno guadagnando terreno, lo si vede anche tra gli studenti. Ma richiederà molto tempo.
Ci sono esponenti moderati che ritengono che lo scontro in corso nei paesi musulmani porterà alla secolarizzazione dell'islam, come è già successo nel cristianesimo.
Ci troviamo di fronte a diversi modelli di secolarismo e secolarizzazione. La secolarizzazione è obbligata nel senso di divisione tra la moschea e lo stato: questo non vuol dire che bisogna abbandonare la nostra cultura e tradizione. Penso che si debba pensare a un nuovo modello di secolarizzazione: io credo nella politica di secolarizzazione ma non nel secolarismo come filosofia, perché porta all'ateismo.
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