"La scuola araba non favorisce l'integrazione" l'opinione dell'imam Yahia Sergio Pallavicini
Testata: Avvenire Data: 12 ottobre 2006 Pagina: 10 Autore: la redazione Titolo: «Noi islamici contrari a quell'istituto»
Da AVVENIRE del 12 ottobre 2006:
«Una scuola araba non favorisce l'integrazione, semmai l'emarginazione e i conflitti». Così la pensano imam e mediatori culturali. Come Nadia, marocchina, mamma di due figli che frequentano la scuola pubblica. Nadia è una mediatrice culturale e a suo avviso «non si dovrebbe impedire, non per principio, l'apertura di una scuola araba visto che ce ne sono di svizzere, francesi o americane». Il problema però è capire «perché ci sono dei genitori che non vogliono mandare i figli nelle scuole pubbliche». La risposta secondo Nadia è lampante: «Hanno paura di perdere il legame con i figli, un legame che è anche culturale e religioso. E poi c'è chi invece rifiuta del tutto lo stile di vita del Paese ospitante», perciò vorrebbe mettere i bambini "al riparo" dalla cultura occidentale. Il risultato secondo l'imam Yahia Sergio Pallavicini è che «questi bambini vengono usati come cavie - denuncia - per un esperimento didattico incontrollabile». Un inedito composto «di cultura araba e cultura italiana, che alla fine priverà i ragazzi di ogni identità perché non saranno né egiziani né italiani». Una operazione compiuta «con la complicità di italiani che, seppure animati di buone intenzioni - insiste il responsabile del Coreis, la Comunità religiosa islamica - non si rendono conto di quanto male si faccia ai bambini». Colpa anche delle istituzioni «incapaci di prendere una decisione definitiva - sottolinea Pallavicini - e che di fatto tollerano la presenza di scuole come quella di via Ventura». Un ragionamento che in parte condivide anche l'ambasciatore Mario Scialoja, esponente della Lega musulmana mondiale: «Se la scuola di via Ventura - sostiene - fosse frequentata per esempio da figli di diplomatici arabi i quali dopo qualche anno torneranno in Egitto, allora quella scuola avrebbe motivo di esistere. Ma se invece gli scolari sono figli di immigrati, allora saremmo davanti ad una esperienza controproducente». Secondo l'ex diplomatico italiano convertitosi all'islam qualche colpa però c'è l'ha il sistema scolastico pubblico. Se è vero che in alcune città, come Milano, sono avviati da tempo percorsi scolastici di integrazione e confronto culturale, «nella maggioranza dei casi i figli di immigrati di qualsiasi continente e religione, non si trovano davanti a percorsi scolastici che li aiutino a preservare le proprie radici culturali».
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