Accettare la sharia se la vuole la maggioranza: la tesi dell'ex ministro della Giustizia olandese intanto in Svizzera una fatwa colpisce chi vuole il dialogo
Testata: Il Foglio Data: 12 ottobre 2006 Pagina: 1 Autore: Giulio Meotti - Fatwa svizzera Titolo: «Il socialismo ciudadiano e la sharia olandese a maggioranza qualificata - Fatwa svizzera»
Dal FOGLIO del 12 ottobre 2006, un articolo di Giulio Meotti sulla crisi del modello "multiculturale" olandese:
Roma. E’ in corso all’Aja il terzo processo a Samir Azzouz, l’islamista del gruppo Hofstad accusato di essere una delle menti dell’assassinio di Theo van Gogh. Jihadista in Cecenia e sposato con una delle più celebri convertite d’Olanda, Samir Azzouz ha pianificato attentati contro Ayaan Hirsi Ali e la compagnia aerea israeliana El Al. La tv Nova ha appena trasmesso il suo testamento che ha scioccato il paese: “Un infedele e il suo assassino non si incontreranno mai nelle fiamme dell’inferno. Il messaggio alla mia famiglia è: abbiate pazienza, è il giusto cammino”. Azzouz prega per “il nostro amato sceicco Abu Musab al Zarqawi”. In questo clima non si placa la polemica suscitata dalle dichiarazioni di Pieter Donner, il giurista cristiano-democratico che si è dimesso da ministro della Giustizia per uno scandalo legato all’immigrazione. In un’intervista da ministro, Donner ha detto che “i gruppi islamici hanno il diritto di arrivare al potere per via democratica. Se i due terzi degli olandesi volessero introdurre la sharia, questa possibilità dovrebbe essere concessa. Puoi fermarli legalmente? Sarebbe uno scandalo dire che ‘non deve essere permesso’. Conta la maggioranza, questa è la democrazia”. Concetti non molto diversi da quelli espressi dal premier spagnolo José Luis Rodríguez Zapatero con la sua teoria del “socialismo ciudadano”, secondo la quale “quando una forte maggioranza di cittadini dice qualcosa, quel qualcosa è giusto”. Il leader parlamentare dei cristiano-democratici olandesi, Maxime Verhagen, ha risposto a Donner proponendo la messa al bando dei movimenti che contemplano la sharia. Il politico di destra Geert Wilders aggiunge, con scarsa fantasia e molta paura, che le parole di Donner possono innescare “tsunami di islamizzazione”, dopo che il ministro degli Affari interni Johan Remkes ha parlato di ben “15-20” gruppi jihadisti in Olanda. Il laburista Jeroen Dijsselbloem accusa Donner di “acquiescenza”, ma l’esperto di diritto islamico Ruud Peters ha proposto un codice shariaco privato. E mentre a Rotterdam si parla di bando delle moschee legate a Siria e Iran, a Gent esordisce la prima università coranica in cui si insegna in arabo. L’opposizione al relativismo dell’ex ministro Pieter Donner è guidata dal filosofo straussiano Andreas Kinneging, già insegnante di Ayaan Hirsi Ali. “Nelle mani di Donner la democrazia diventa espediente tecnico, tirannia della maggioranza – dice Kinneging al Foglio – Non è il solo in Olanda a fraintendere il significato della parola ‘democrazia’. Cosa ne facciamo dei diritti umani e dell’habeas corpus? Sarebbe la libanizzazione dell’Olanda”. Kinneging accusa parte dei cristiano-democratici e la sinistra di cecità di fronte all’islamismo dei Samir Azzouz. “Prima del 1989 la destra diceva: meglio morti che rossi. La sinistra rispondeva: meglio rossi che morti. Ora la sinistra dice: meglio islamizzati che morti”. Si discute in questi giorni di costruire ospedali esclusivamente islamici, con cibo halal e presenza di imam. Sono già decine le scuole coraniche finanziate dallo stato. “La cosiddetta ‘pacificazione’, iniziata negli anni Settanta, ha portato all’apartheid multiculturale – prosegue Kinneging – In ospedali islamici chi farà rispettare i diritti delle donne? Hai presente la mutilazione genitale?”. Ebru Umar è una giornalista turca collaboratrice di Theo van Gogh, al quale è succeduta nella rubrica su Metro. Per questo è stata picchiata dagli islamisti. “Due anni fa dovevi girare molto prima di trovare donne in burqa – dice Ebru al Foglio – Oggi vivono in pieno centro di Amsterdam. Quella di Donner non è democrazia, ma svendita della cultura occidentale. Gli oppositori dell’ingresso della Turchia in Europa dicono che è retrograda. Ma che dire dell’Olanda che finanzia l’educazione islamica e la soppressione del genere femminile?”. Sylvain Ephimenco è un giornalista francese che vive da anni nei Paesi Bassi. Già corrispondente di Libération, oggi è il columnist più famoso del quotidiano Trouw. “E’ follia anche solo iniziare una discussione teorica sulla sharia”, ci dice. “La prima pietra della più grande moschea di Amsterdam è stata posata sei mesi fa. Il ministro Donner era presente e ha detto che era ‘un esempio di integrazione’. Ma l’organizzazione Milli Görüs dietro alla moschea è islamista e fondamentalista. Per il calvinista Donner non c’è differenza fra islam politico e cristianesimo. Tutto ciò che è religioso per lui è buono. E’ una ideologia cieca. In fondo, per Donner, la sharia non è un problema per l’Olanda”. Secondo Ephimenco doveva dimettersi per quanto ha detto non per lo scandalo che l’ha travolto. “L’assassino di Van Gogh non è un caso isolato, molti si identificano in lui. Donner è un pazzo utile, un po’ come gli intellettuali di sinistra filosovietici. Donner non vuole capire la differenza tra un islam della violenza e religioni, come il cristianesimo, che vivono nel secolarismo. Purtroppo ce lo ritroveremo in un futuro governo”. All’esecutivo olandese che inaugura minareti, Kinneging risponde che “ad Amsterdam ci sono chiese antichissime trasformate in appartamenti, negozi di tappeti e moschee. Donner dimostra che quella olandese è una società del consenso costruita sul compromesso. Una donna somala coraggiosa che ha visto il volto nero dell’islamismo, Ayaan Hirsi Ali, è odiata dalla maggioranza delle olandesi”. Questo professore di Leiden non si meraviglia che ci siano tanti convertiti all’islam. “Pim Fortuyn vedeva nell’islam un pericolo perché contrario all’edonismo. In un certo senso era parte del problema, non della soluzione. Ho dibattuto con l’imam Fawaz di una moschea salafita frequentata da Bouyeri. Parlateci e dopo ascoltate un insegnante che agli studenti dice che tutto è relativo. Allora capirete. La conversione al wahabismo crescerà in futuro”. I Robert Redeker d’Olanda accettano di scomparire senza che l’intimidazione finisca sui giornali. “Ho paura, penso di trasferirmi negli Stati Uniti – conclude Kinneging – Che futuro darò ai miei figli?”. In Ebru Umar c’è ancora meno speranza. “Dopo un viaggio in Turchia mi sono sentita al sicuro. Una volta ad Amsterdam, mi è sembrato di rientrare in un paese in guerra”.
Di seguito un articolo su Adli Abadeer intellettuale copto egiziano, da anni a Zurigo, colpito da una fatwa omicida per aver promosso il dialogo islamo-cristiano : ora vive nascosto. Ecco il testo:
Lugano. Nell’apparente serenità della Svizzera, un intellettuale egiziano, cristiano copto, che da anni si occupa di affari e libertà religiosa a Zurigo, è costretto alla clandestinità. Si chiama Adli Abadeer, vittima di una fatwa degli integralisti islamici dalla primavera scorsa, da quando è comparsa su Internet, firmata dai “Sostenitori del Messaggero di Dio”. Lo vogliono morto, Abadeer, che a 87 anni ha detto al Corriere del Ticino di “non aver paura e di essere nelle mani del Signore”. La sua colpa sarebbe quella di cercare un dialogo tra musulmani e cristiani, organizzando simposi internazionali, da New York a Washington. Il testo della fatwa minaccia al plurale, perché Abadeer è soltanto il ventisettesimo di una lista di trentatré persone, quasi tutti cristiani nati in paesi arabi trasferitisi in Europa e negli Stati Uniti. Come Wafaa Sultan, psichiatra egiziana che vive in California e che, dopo la condanna a morte, è sotto scorta, sorvegliata dall’Fbi. Sultan non ha dubbi sull’attendibilità della fatwa: “E’ stata fatta da un gruppo e non da un individuo – ha spiegato – Contiene informazioni personali sui destinatari, i nomi delle spose di alcuni di loro o dei figli”. Agli occhi dei fanatici i trentatré “hanno sostenuto i leader della ‘non credenza’(…) aiutandoli contro i nostri leader spirituali. Cooperano con i figli dei maiali e delle scimmie contro i nostri fratelli (…). Se non rispondono a Dio e al suo messaggero daremo loro la caccia in ogni luogo e in ogni tempo. Sono più vicini alla nostra spada che alle nostre scarpe (…) conosciamo i loro nascondigli, le case, le scuole dei loro figli e le ore in cui le loro mogli sono sole a casa. Abbiamo dato i nostri ordini ai soldati di Dio di venerare Dio facendo scorrere il loro sangue e bruciando le loro case”. In Svizzera, il caso di Abadeer, ha accentuato l’islamofobia. Carlo Silini, autore di un’inchiesta sull’islam svizzero, spiega al Foglio come sta mutando il progetto multiculturale da Lugano a Ginevra. “In Svizzera non ci sono imam e comunità accampati in periferie degradate, da noi esiste l’islam dei colletti bianchi, una sorta di pensatoio musulmano. Non è un caso – continua Silini – che a Ginevra vivano i due fratelli Ramadan, Tariq e Hani. Il primo è il volto più abile dell’islam del dialogo, buono per i talk show, il secondo incarna l’aspetto più duro. Hani scrisse sul Monde un articolo dove giustificava la lapidazione contro le adultere”. Gli è costata il posto (era docente in un scuola pubblica), ma a oggi non ha cambiato idea.
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