Gli insulti antisemiti di Antonio Di Pietro ministro "trash" del centro-sinistra
Testata: Il Foglio Data: 10 ottobre 2006 Pagina: 1 Autore: la redazione Titolo: «Tonino Trash»
Dal FOGLIO del 10 ottobre 2006:
Antonio Di Pietro, ministro delle Infrastrutture della nuova, splendida era ulivista, ha definito “un perfetto giudeo” il senatore Sergio De Gregorio, che ha mollato l’Italia dei valori. Di Pietro domenica pomeriggio era in tivù da Simona Ventura e gli è scappata così, giudeo al posto di giuda, o forse invece intendeva proprio giudeo, e insomma la Ventura era felice, un altro bel casino in trasmissione, Di Pietro invece ha trattenuto a stento la sua imprecazione storica, “Mannaggia san pucicchio”, e ha spiegato così: “Pure Cristo, che era onnipotente, ogni dodici ne accannava uno”. Del resto lui l’aveva detto, dieci anni fa: “Mi ritiro con un trattore nel mio Molise”, e invece sono dieci anni che fa soffrire tutti, nel centrosinistra, perché se non c’è si perde (come nel 2001, quel tre virgola nove per cento buttato via), e se c’è non si riesce proprio a insegnargli la buona creanza e la rive gauche. Soprattutto Di Pietro non sarà mai un sincero democratico, non ce la fa, a un certo punto gli viene comunque da sfasciare tutto, e allora prende a testate Clemente Mastella sulla riforma della giustizia, massacra l’indulto e dice (ma questa è storia): “Tra gli immigrati ci sono bande di balordi che meriterebbero non la galera, ma il taglio degli attributi”. Finalmente sistemato Fausto Bertinotti, che comunque è la perfezione dei modi, delle cene e delle citazioni, adesso che si poteva dare vita al migliore dei governi di sinistra possibili (anche se l’Economist li sbeffeggia senza pietà, ma Alfonso Pecoraro Scanio dice che è tutta colpa di Silvio Berlusconi e del pregiudizio negativo che ha costruito negli anni), adesso c’è Antonio Di Pietro a fare da zecca disturbatrice, a creare imbarazzo, a togliere lucentezza, sciccheria. Di Pietro che si univa a Giulietto Chiesa, con entusiasmo, raccoglievano firme per strada e poi si lasciavano litigando e uno diceva all’altro: “Mi devi anche dei soldi”, Di Pietro che, quando ancora era l’eroe di mani pulite, interrogava Romano Prodi la domenica pomeriggio, e i cronisti in corridoio lo sentivano urlare: “Non ho ancora capito se l’hanno fatta fesso o se lei sta facendo il fesso”, e tre anni dopo eccoli, premier e ministro, Di Pietro che sta sempre e comunque con la polizia, anche se ci sono di mezzo i no global, Genova e Carlo Giuliani, Di Pietro che sbaglia i verbi e poi ride: “Magari non parlo bene però mi faccio capire bene”, Di Pietro che sul sovraffollamento delle carceri ha un’idea ben precisa: “L’Italia non ha più carcerati degli altri paesi, ha solo meno celle. Secondo me, per risolvere il problema basta costruire più celle”. Gli amici e il rivale Clemente Mastella, durante la festa a Ceppaloni per i trent’anni in Parlamento, ha detto che Di Pietro fa tanto il moralizzatore, ma poi da quand’è ministro ha sistemato tutti gli amici qua e là (in effetti Salvatore Scaletta, maresciallo della Guardia di finanza con cui si divertiva a fare gli interrogatori a Milano, adesso è a capo dell’Ufficio sorveglianza delle grandi opere), e insomma litigherà con tutti, si farà mollare da tutti (anche da Pietro Mennea, il corridore, ed Elio Veltri), gli rimarranno Franca Rame e Leoluca Orlando. “Non sono un politico e non penso di entrare in politica. Ma potete escludere la possibilità di vestirvi domani da donna? Tutto è possibile”, infatti è andata così, e Antonio Di Pietro vestito da donna nel nuovo, raffinato mondo ulivista è un gran bel vedere. Come quando Giovanni Minoli gli fece una delle prime interviste politiche e gli chiese quale fosse la sua posizione sulla bioetica. Tranquillissimo, Di Pietro rispose: “Sulla bioetica chiedo a Milly Moratti”.
La vicenda dell'insulto antisemita del ministro Di Pietro è sulla prima pagina del FOGLIO, ma viene sostanzialmente ignorata dagli altri quotidiano Invitiamo i lettori di Informazione Corretta a scrivere al ministro Di PietroCliccare sul link sottostante per inviare una e-mail alla redazione del Foglio e ad Antonio Di Pietro