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La Stampa Rassegna Stampa
10.10.2006 Prove di apartheid in Europa
una scuola araba illegale a Milano, un ospedale islamico a Rotterdam

Testata: La Stampa
Data: 10 ottobre 2006
Pagina: 13
Autore: Fabio Poletti - Maria Maggiore
Titolo: «La scuola araba senza permessi - L’ospedale benedetto dal governo»
Da La STAMPA del 10 ottobre 2006, un articolo sulla scuola araba di Milano.
Ecco il testo:


I muri bianchi sanno ancora di vernice. I banchi doppi di formica chiara sono nuovi. Come le lavagne, le cattedre e i libri arrivati in dieci scatoloni dal consolato egiziano. «Noi siamo in regola. Lo abbiamo detto anche alla direzione scolastica della Lombardia», assicura Mahmoud Othman, egiziano di nascita, italiano di adozione, 43 anni, imprenditore, completo grigio, tre telefonini e una pazienza grande così. «E’ dall’11 settembre che aspettiamo...», dice ricordando la data d’inizio delle lezioni in tutte le scuole italiane di ogni ordine e grado, tutte meno la scuola araba Naghib Mahfuz di via Ventura, in attesa di autorizzazione dal Comune di Milano, dalla Direzione scolastica che deve approvare i programmi e pure dal ministero della Pubblica Istruzione che dovrebbe dare un parere non vincolante. Dall’Ufficio scolastico regionale arriva anzi la prima bocciatura: «L'istanza di autorizzazione di scuola straniera - si spiega in una nota - ha avuto risposta negativa fin dal 16 giugno 2006. Le successive
documentazioni sono state tardive e non sufficienti per superare il diniego». L'avvio delle attività - è quindi la conclusione - «è in aperto contrasto con la normativa vigente».
La burocrazia
In attesa di delibere, bolli, dell’infinita burocrazia dietro a cui si nasconde una incerta volontà politica, i 130 alunni delle nove classi elementari e medie sono entrati ieri nella loro scuola intitolata al Nobel egiziano. Un primo giorno di lezione come tanti. Con i palloncini e i festoni colorati alle pareti. Con qualche bambina velata. Con i piccoli Sara, Heba, Asimaa, Yasmine, Kadiga, Rehab, Hanaa, Naima, bambini piccoli di sei anni e ragazzini di terza media, che sfoggiano i loro zainetti nuovi colorati. «Abbiamo l’autorizzazione dei Vigili del fuoco e dell’Asl. Con l’ispezione dei tecnici del Comune di questa mattina abbiamo avuto otto controlli. Questa scuola è meglio di tante scuole italiane. Perché non si decidono?», spiega la inevitabile prova di forza il responsabile dell’Associazione Insieme, tre figlie in questo istituto con il tetto ma senza legge.
Il programma bilingue
C’è tutto, per fare lezione. Gli insegnanti, nove italiani e nove egiziani, svolgono il programma bilingue. Si studia il Corano ma questa è una scuola laica, niente a che vedere con l’istituto nella moschea di via Quaranta chiuso perché inagibile oltre un anno fa. «Se fossimo stati una scuola americana o ebraica avremmo già aperto. Perché al Cairo ci sono cinque scuole italiane e a Milano non si riesce ad aprire una scuola egiziana?», chiede ancora Mahmoud Othman, mentre spiega che venerdì ci sarà un nuovo incontro in Comune ma non si torna più indietro. «Siamo già in ritardo. Ad aprile ci sono gli esami al consolato egiziano. A fine giugno vorremmo fare gli esami davanti ad una commissione italiana...», spera che si sblocchi presto la situazione dopo settimane di polemiche, ritardi, questo intraprendente imprenditore laico, musulmano non praticante, in moschea una volta sola al mese. «Però osservo il Ramadan», dice. Per aprire l’istituto alla periferia della città genitori e insegnanti si sono tassati, 60
mila euro per l’adeguamento tecnico della struttura ospitata in un centro professionale delle Acli, nuove le finestre, le scale, i sistemi antincendio, i bagni. «Non potevamo più tenere i bambini a casa. Hanno diritto a studiare», spiega il direttore dell’istituto.
Il Comune non gradisce
Ma la decisione di suonare la campanella per i 130 alunni non è piaciuta a tutti. «Questa forzatura non giova a nessuno», fanno sapere da Palazzo Marino. La Lega annuncia per oggi un presidio davanti alla scuola. L’eurodeputato Matteo Salvini è lapidario: «La decisione di aprire la scuola senza le autorizzazioni necessarie è gravissima. La scuola andrebbe chiusa». L’assessore comunale di An Carla De Albertis chiede l’intervento del ministero e verifiche sui programmi didattici: «Affinché non diventi una scuola per piccoli terroristi». Più o meno la stessa preoccupazione del parlamentare Alfredo Mantovano sempre di An, che mette in discussione pure il diritto di cittadinanza per gli extracomunitari da anni in Italia: «La cittadinanza è incompatibile con la realizzazione di enclave nelle quali la segregazione è tale che addirittura si parla un’altra lingua».
Integrazione o ghetto?
Di integrazione e separazione parla anche Tiziana Maiolo, assessore di Forza Italia: «Le famiglie che hanno iscritto i loro figli a questa scuola rischiano di entrare nell’illegalità. Sono contraria ad una scuola che insegna una cultura discriminante nei confronti delle donne». Di tutt’altra idea Marilena Adamo, capogruppo dell’Ulivo a Palazzo Marino: «Non è la soluzione che molti auspicherebbero ma è compatibile con il nostro sistema scolastico. I genitori di via Ventura hanno seguito le regole». Ma critiche aspre e accuse dirette non preoccupano i genitori e gli insegnanti della scuola di via Ventura. In un fax alla direzione generale delle Scuole lombarde hanno spiegato di aver deciso di aprire l’istituto perché le certificazioni raccolte finora dimostrano che la scuola è in regola:

Sempre dalla STAMPA, un articolo sulla nascita del primo ospedale musulmano olandese.
Ecco il testo:
 

Una cena halal in corsia. Un imam a disposizione nei corridoi, una sala di preghiera e, naturalmente, la rigida separazione dei sessi. Tutto è pronto per far partire i lavori del primo ospedale islamico dell'Olanda, concepito per offrire alla comunità musulmana un luogo dove sentirsi a casa nel pieno rispetto delle tradizioni religiose. La città scelta è naturalmente Rotterdam, cuore dell'immigrazione araba, il grande porto d'Europa dove si calcola che tra dieci anni la popolazione di origini musulmane sarà maggioritaria.
Un antidoto alla paura
Rotterdam è anche la città dove è esploso il malessere olandese verso gli immigrati, che ha fatto la fortuna e la tragedia del populista Pim Fortuyn, contrario all'immigrazione, ucciso nel 2002 da un fanatico, a una settimana dalle elezioni. L'assassinio di Fortuyn è stato seguito nel 2004 da quello ancor più drammatico del regista Theo Van Gogh, finito in un parco di Amsterdam con un pugnale conficcato nell'addome, per aver parlato nel film «Submission» della condizione delle donne islamiche nel suo Paese. Quello dell’immigrazione è insomma ormai un tema esplosivo nel piccolo Regno dei Tulipani dove un quinto della popolazione è di origine musulmana.
«La religione va rispettata»
«Occorreva un ospedale per questa gente», spiega Paul Sturkenbaum, un imprenditore al 100% olandese, specializzato in acquisto e restauro di ospedali sull'orlo del fallimento. «Il nostro sistema ospedaliero è ancora troppo legato alle istituzioni religiose, le infermiere vengono chiamate "sorelle". Occorreva un luogo esclusivo per i musulmani, dove potersi fare curare nel rispetto delle loro tradizioni». Ed ecco l’esperimento rivoluzionario per l'Europa: il cibo sarà adatto ai gusti musulmani compreso il rispetto, facoltativo, del ramadan; si potrà pregare in apposite aree con un imam permanente e il personale ospedaliero dovrà rigorosamente essere dello stesso sesso dei pazienti. Unica eccezione: i 45 medici e i 275 infermieri potranno non essere musulmani. Ma dovranno impegnarsi a rispettare le usanze dei pazienti.
Ed è subito polemica
Il cantiere non è ancora aperto, ma le polemiche impazzano. L'estrema destra grida allo scandalo, «un ritorno al Medioevo». I populisti eredi di Fortuyn, guidati dal giovane Geert Wilders, denunciano «un progetto d'apartheid che favorirà la segregazione piuttosto che l'integrazione». La lista «Rotterdam vivibile», al governo nella città dal 2002 fino all'anno scorso, ha presentato lo scorso 29 settembre una mozione di censura per un progetto «che riporta il Paese indietro nel tempo». Ma l'attuale maggioranza socialdemocratica ha chiuso il dibattito in Comune, stabilendo che l'opera è privata e quindi libera di nascere in territorio olandese. Rita Verdonck, la terribile «dama d'acciaio» che da quando è ministra della Giustizia (2002) ha firmato l'espulsione (non ancora applicata) di 26 mila residenti stranieri, non più in regola con le norme sull'immigrazione, per ora tace. Ma nei prossimi giorni si svolgerà un dibattito alla Camera proprio sull'ospedale islamico di Rotterdam.
«Comunitarismo» olandese
Il principio dell'integrazione degli immigrati, fin dagli Anni 60 si è basato in Olanda sul «comunitarismo», ogni comunità vive per conto proprio nella massima libertà. A ognuno - protestanti, calvinisti, cattolici o musulmani - le proprie scuole, i propri sindacati, le proprie televisioni. Ma questo modello ha iniziato a scricchiolare dopo l'assassinio di Van Gogh e l'aumento delle violenze nelle periferie maghrebine. Lo denunciava l'ex deputata di origini somale Ayaan Hirsi Ali, ispiratrice del film di Van Gogh: «In Olanda abbiamo sbagliato tutto. Altro che libertà. E' stata indifferenza, un modo di lavarci le mani del problema assimilazione. Bisogna imporre ai musulmani il rispetto delle nostre regole. E' l'unico modo per coabitare». Poi Hirsi Ali ha dovuto lasciare l'Olanda per le minacce di morte e l'ostruzionismo dei propri colleghi di partito (il liberale Vvd). Prima tra tutti il ministro Rita Verdonk.

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