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La Stampa Rassegna Stampa
10.10.2006 Dal Pakistan alla Corea del Nord, fino ai terroristi?
le vie pericolose della proliferazione nucleare

Testata: La Stampa
Data: 10 ottobre 2006
Pagina: 2
Autore: Maurizio Molinari
Titolo: «L’incubo: un’arma per i terroristi - Ma Stranamore è pakistano»
Da La STAMPA del 10 ottobre 2006, un articolo di Maurizio Molinari sul test atomico in Corea del Nord e sul rischio che tecnologia nucleare venga trasferita a terroristi.
Ecco il testo: 

L’Onu condanna il test nucleare della Corea del Nord e gli Stati Uniti chiedono al Consiglio di Sicurezza di adottare sanzioni per impedire a Pyongyang di esportare atomiche che potrebbero cadere nelle mani dei terroristi.
«Il test avvenuto è inaccettabile, pone una minaccia alla pace ed alla sicurezza internazionale e richiede un’immediata risposta» ha detto il presidente americano, George W. Bush, leggendo alla Casa Bianca una dichiarazione scritta che aveva in precedenza discusso con i leader di Cina, Russia, Giappone e Corea del Sud. L’intesa fra le nazioni protagoniste dei negoziato nucleare con la Corea del Nord ha avuto un effetto immediato al Palazzo di Vetro, dove il Consiglio di Sicurezza si è riunito approvando in tempo record - appena 30 minuti - una dura condanna del test e la decisione di agire. L’ambasciatore Usa, John Bolton, ha presentato la proposta di adottare sanzioni contro la vendita di armi e di beni di lusso, per il congelamento di tutte le attività finanziarie collegate al programma nucleare nonché per consentire l’ispezione di tutte le navi cargo in entrata ed uscita dalla Corea del Nord. «Non vi sono state obiezioni alle mie proposte» ha sottolineato Bolton.
L’accordo fra i Cinque
L’ambasciatore francese, Jean-Marc de La Sablière, si è detto a favore di una risoluzione sulla base al capitolo VII della Carta Onu - che consente il ricorso alla forza - e anche Londra è a favore di tale formulazione. La convergenza fra i cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza (Usa, Russia, Cina, Gran Bretagna e Francia) nasce dalla volontà di impedire la possibilità che Pyongyang possa vendere a Paesi terzi o a gruppi terroristi armi nucleari. «Il regime della Corea del Nord resta uno dei più impegnati nella proliferazione di tecnologia missilistica, a cominciare dalle forniture a Iran e Siria - ha detto Bush - e il trasferimento di armi nucleari a Stati o entità non stauali diventerebbe una grave minaccia per gli Stati Uniti ed il mondo». Anche il presidente russo, Vladimir Putin, ha messo l’accento su questo aspetto: «L’esperimento nordcoreano reca danni enormi al processo di non poliferazione di armi convenzionali».
A spingere l’Onu verso un voto veloce sulle sanzioni è Tokio mentre sul fronte opposto la maggiore novità è arrivata da Pechino - il partner più importante della Corea del Nord - che ha definito il test una «decisione sfacciata» lasciando intendere la volontà di far pagare un prezzo politico a Kim Jong-Il. «La Corea del Nord avrebbe bisogno di un leader riformatore come è stato Deng Xiaoping per noi - ha osservato un diplomatico cinese all’Onu chiedendo l’anonimato - ma Kim Jong-Il è già al potere da molti anni e non sembra proprio esserlo».
E l’Iran applaude
A difendere il test è stato l’ambasciatore di Pyongyang al Palazzo di Vetro, Pak Gil Yon, afermando che «il Consiglio di Sicurezza dovrebbe congratularsi con il mio paese» per un esperimento che «consolida la pace e la sicurezza nel mondo» anziché approvare «risoluzioni e dichiarazioni inutili». La radio pubblica iraniana che lo ha definito «una reazione alle minacce degli Stati Uniti» mentre il presidente Mahmud Ahmadinejad ha evitato di associarsi al coro di condanna della comunità internazionale. Nelle prossime 48 ore proprio il nucleare iraniano tornerà sul tavolo del Consiglio di Sicurezza, dopo l’intesa raggiunta a Londra fra i membri permanenti e la Germania sulla decisione di adottare sanzioni contro il programma di arricchimento.
A Washington intanto il test nordcoreano ha consentito ai democratici di tornare a contestare le scelte fatte dall’amminitrazione Bush. «La decisione di non dialogare con Kim Jong-Il si rivelata errata - ha osservato Joseph Cirincione, esperto di lotta alla proliferazione del centro studi Center for American Progress - gli Usa dovrebbero ora offrire alla Corea del Nord un accordo solido simile a quello con la Libia, quando Gheddafi si è liberato di tutte le armi non convenzionali in cambio della piena normalizzazione dei rapporti bilaterali».

Sempre di Molinari, un articolo su Abdul Qadeer Khan, lo scienziato atomico pakistano che ha passato segreti atomici a Iran, Libia e Corea del Nord:

«Ho passato segreti atomici Corea del Nord, Iran e Libia». Pronunciando due anni fa queste parole in tv l’architetto del programma nucleare pakistano Abdul Qadeer Khan ammise di aver aiutato Pyongyang a realizzare la bomba, circostanza confermata dallo stesso presidente Pervez Musharraf che nella sua recente autobografia ha quantificato in due dozzine il numero delle centrifughe che lo scienziato fece avere a Pyongyang.
Uno scienziato venale
La Corea del Nord si rivolse a Khan - una specie di dottor Sranamore - nel 1994 cercando nuove tecniche per far procedere il programma nucleare dopo essere stata obbligata a bloccare i propri reattori ed impianti di arricchimento. Khan fece fronte alla richiesta recapitando i disegni delle centrifughe ed anche un limitato numero di centrifughe complete di ogni componente. Sui motivi all’origine di quella consegna vi sono più interpretazoni: c’è chi la attribuisce alla venalità di uno scienziato alla costante ricerca di ingenti guadagni e chi invece ad un baratto fra Islamabad e Pyongyang in forza del quale l’allora governo di Benazir Bhutto, su spinta del capo di Stato Maggiore Abdul Waheed, avrebbe ceduto alcuni segreti militari per avere in cambio la tecnologia utile a realizzare missili a lunga gittata.
Fu l’inizio di una cooperazione che vide Khan compiere tredici viaggi in Corea del Nord, in delegazioni scientifiche e militari inviate dal generale Waheed e, dopo il 1996, dal successore Karamat. Non a caso durante il discorso in tv nel 2004 il padre della bomba pakistana disse con chiarezza di aver agito sempre «con l’approvazione dei comandi militari», chiamando così implicitamente in causa lo stesso Musharraf che dal 1994 al 1996 era a fianco di Waheed come direttore generale delle operazioni militari. Karamat si recò di persona, e segretamente, in Corea del Nord nel 1997 continuando a raccogliere informazioni utili alla realizzazione del missile a lungo raggio Ghauri che sarebbe poi stato lanciato con successo l’anno seguente.
I sospetti dell’intelligence
Sono questi gli anni in cui il sostegno di Khan al programma nucleare di Pyongyang si intensifica: fra il 1997 ed il 1999 garantisce la consegna di centrifughe P-1 e fra il 1998 ed il 2000 sorveglia in prima persona l’assistenza tecnica agli impianti. L’intelligence americana sospetta che durante questo periodo Khan fece arrivare ai nordcoreani anche centrifughe P-2, disegni di altre componenti e uranio impoverito. Nell’aprile del 2003 una nave cargo carica di tubi di alluminio per centrifughe venne intercettata nel Canale di Suez mentre era diretta verso la Corea del Nord e quanto fu trovato a bordo - su segnalazione dell’intelligence tedesca - confermò il legame con Khan che nel 2004 venne messo di fronte alle prove raccolte ed ammise di essersi recato nel 1999 in un sito segreto fuori Pyongyang dove gli erano stati mostrati tre ordigni al plutonio.
L’impressione prevalente a Washington è che i legami fra Pakistan e Corea del Nord iniziarono grazie ad un’intesa bilaterale che poi Khan sfruttò per arricchirsi personalmente creando un network indipendente con ramificazioni in altri Paesi. Poiché queste rete di traffici illegali raggiungeva anche l’Iran il timore dei servizi occidentali è che Pyongyang possa essere adesso tentata di vendere a Teheran ordigni nucleari in cambio di aiuti finanziari. \

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