Critiche alle Brigate dei martiri di Al Aqsa... ma solo perchè minacciano altri terroristi
Testata: Il Manifesto Data: 04 ottobre 2006 Pagina: 9 Autore: Michele Giorgio Titolo: «Palestina, le Brigate Al Aqsa minacciano Hamas»
Dal MANIFESTO del 4 ottobre 2006, una cronaca di Michele Giorgio, fortemente critico verso le Brigate Al Aqsa e le presunte aperture del segretario di Stato americano Condoleezza Rice ai terroristi... Sembra incredibile ? Per capire bisogna considerare le circostanze. Le Brigate ora non si limitano a far strage di civili israeliani come nei cinque anni dell'"intifada di Al Aqsa", ma minacciano i dirigenti di Hamas. L'unica organizzazione che, secondo Giorgio, continua la "resistenza", cioè non riconosce Israele e per principio non rinuncia alla violenza antisraeliana. Ecco il testo:
La tensione ieri si tagliava con il coltello nelle strade di Ramallah. Poca gente in giro, molti negozi chiusi, resti di pneumatici bruciati nelle strade del centro. Segni inequivocabili delle proteste di questi ultimi tre giorni organizzate dai militanti di Al-Fatah per far capire ad Hamas che in Cisgiordania sono loro a dettare legge. A Gaza city e Khan Yunis invece è stata la «forza speciale» messa in campo dal ministro dell'interno e dirigente di Hamas Said Siam a mettere in chiaro che il movimento islamico sa far ricorso anche alla violenza contro i suoi oppositori, come dimostrano i 12 morti e le decine di feriti di questi giorni. Da queste posizioni le due parti non si spostano di un millimetro, nonostante la popolazione continui a volere un governo di unità nazionale che affronti il «vero problema»: l'occupazione israeliana. Le Brigate dei Martiri di Al Aqsa (Al Fatah) ieri hanno minacciato di uccidere i capi di Hamas, sottolineando di avere nel mirino Khaled Mashal, il leader del movimento islamico in esilio a Damasco, e il ministro dell'interno Siam. Un deputato di Hamas, Mushir Masri, ha immediatamente «previsto» una risposta «senza misericordia». Quello tra Hamas e Fatah è uno scontro non solo armato ma anche personale e politico tra il premier Ismail Haniyeh e il presidente Abu Mazen. Quest'ultimo è sempre più orientato - su pressione di alcuni collaboratori (come l'ex ministro Mohammed Dahlan) e leader arabi e occidentali - ad indire nuove elezioni legislative all'inizio del 2007. La replica di Haniyeh non si è fatta attendere. «Il popolo palestinese non ha bisogno di nuove elezioni: quello di cui ha bisogno è che cessino le manifestazioni del caos e che venga rafforzata l'unità nazionale», mettendo così in chiaro che Hamas, netto vincitore delle elezioni dello scorso gennaio, non darà mai il suo assenso all'apertura delle urne con un anticipo di ben tre anni. L'obiettivo immediato di Abu Mazen, con ogni probabilità, è quello di un referendum (istituto non previsto dallo Statuto palestinese) su elezioni anticipate da tenere nei prossimi mesi. Tuttavia non sono pochi a pensare che Abu Mazen stia forzando i tempi senza avere l'appoggio dei palestinesi. Ieri l'intellettuale Ali Jirbawi, che pure abitualmente lancia critiche severe ad Hamas, dalle pagine del quotidiano Al-Ayyam lo ha esortato ad evitare una rottura con il movimento islamico e ad insistere invece per la formazione del governo di unità nazionale. Un suggerimento che la presidenza palestinese potrebbe non raccogliere, sull'onda dell'ultimo sondaggio che ha registrato un calo di popolarità di Hamas. Secondo il «Jerusalem Media and Communication center», se si tornasse a votare subito, Fatah otterrebbe il 32% e Hamas il 30,5%. Abu Mazen però è indietro ad Haniyeh nell'elenco degli uomini politici più graditi alla popolazione che, peraltro, è favorevole ad un governo di unità nazionale. Ad aiutare i disegni del presidente palestinese potrebbero però essere i passi falsi fatti da Hamas. Il movimento islamico non ha esitato ad usare la forza contro gli oppositori e a sparare nelle strade di Gaza, imitando così il comportamento di AlFatah quando era al potere e quello di molti regimi arabi. Intanto in una Ramallah dominata dalla tensione, oggi arriva il Segretario di stato Condoleezza Rice che da un lato lancia un appello alla «fine delle violenze» e dall'altro, a mezza bocca, incita Abu Mazen a liberarsi di Hamas. La Rice ieri ha auspicato la formazione di un governo palestinese «che possa rispettare i principi del Quartetto», ovvero il riconoscimento di Israele. E per far capire che lei sta con Fatah, oggi oltre ad Abu Mazen incontrerà il suo principale interlocutore palestinese, Mohammed Dahlan, ma e alcuni dirigenti, Hussein Sheikh e Qadura Fares, di Tanzim, la base militante di Fatah. Qualche tempo fa l'Amministrazione Bush tuonava contro i «terroristi» di Tanzim e il loro capo, Marwan Barghuti. Oggi quei «terroristi» vanno bene perché sono schierati contro Hamas.
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