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Libero Rassegna Stampa
03.10.2006 Cronache della guerra del fondamentalismo contro l'Occidente
un preoccupante sondaggio di Al Jazeera, una cellula terroristica smantellata a Milano, una festa tradizionale cancellata in Spagna

Testata: Libero
Data: 03 ottobre 2006
Pagina: 12
Autore: Andrea Valle - Miska Ruggeri - Luigi Gambacorta - la redazione
Titolo: «Dov'è l'islam moderato? Per un musulmano su due Bin Laden è un eroe - I fedeli di Allah vogliono convertirci con la forza e la paura - Milano sede del jihad algerino - E per paura dei "mori" la Spagna cancella una festa»

Il 49 per cento dei musulmani interpellati nel corso di un sondaggio commisionato
da Al Jazeera sostiene Osama Bin Laden.
Risultati censurati dall'emittente del Qatar , al centro di un articolo pubblicato da LIBERO del 3 ottobre 2006:



 Vivo o morto, Osama gode senz'altro di ottima considerazione in una parte non indifferente del mondo islamico. La dura realtà emerge - anche - da un recente sondaggio effettuato dalla ormai celeberrima tv del Qatar Al Jazeera. Che pare abbia fatto di tutto per occultare i risultati del questionario, cui hanno partecipato oltre 40 mila utenti. Lo riferisce un blog in lingua inglese particolarmente ferrato sul tema, eye-on-the-world.blogspot.com, che riporta l'intera vicenda. Tra il 6 e il 10 settembre 2006, con l'approssimarsi del quinto anniversario del più grave atto terroristico della storia, Al Jazeera ha promosso un sondaggio i cui risultati sono stati diffusi sul sito web dell'emittente mediorientale (http://www.aljazee ra.net/Portal/Aspx/SurveyRe sult.aspx, nella versione araba). Cinque domande semplici, tutte legate all'attacco alle Torri e al Pentagono e alla situazione geopolitica susseguente. La prima: «Il mondo è più sicuro dopo l'11 settembre?». La vittoria del "no" è schiacciante: oltre il 95% contro poco più del 4%. La seconda domanda è quella più grave: «Do you support Osama Bin Laden?», che possiamo tradurre con «Sostenete Bin Laden», «siete dalla sua parte?». Dal punto di vista scientifico il valore del sondaggio andrà pure preso con le pinze, ma il risultato resta scioccante: 49,9% di sì, 50,1% di no. Uno su due dei 41mila e passa intervistati, insomma, sta con Bin Laden, lo sostiene. Forse non è corretto dire che un islamico su due stia con il fantasma capo del terrorismo mondiale, ma è anche presumibilmente certo che tra i 40mila e passa che hanno risposto alle domande di Al Jazeera la stragrande maggioranza appartenga al mondo musulmano. Con tutto ciò che ne consegue. Proseguendo con le domande: la terza era: «Pensate che il conflitto in Iraq sia una guerra contro l'islam?». Anche qui, la risposta dà di che pensare: otto su dieci ha dato parere positivo. Quarto quesito: «C'è un legame tra la guerra al terrorismo e la guerra in Iraq?». Le proporzioni si ribaltano: no per il 76%, sì per il 23 e rotti. Ultima, più turistica: «Vorreste viaggiare negli Usa?». Larga maggioranza di no, oltre il 70%. Non bastasse tutto questo, c'è pure il "giallo" legato alla gestione del risultato del sondaggio da parte dell'emittente del Qatar. Lo ha ricostruito lo stesso intraprendente blog di cui sopra. Pare infatti che il sito inglese della tv satellitare abbia ospitato tutt'altro rilevamento, e non abbia dato conto di quello diffuso in lingua araba. Il che - fosse vero - ricorderebbe pericolosamente i discorsi di Yasser Arafat, conciliante in lingua inglese davanti all'Onu o agli osservatori internazionali, e ben più radicale per non dire di peggio quando arringava le folle palestinesi. Tornando ad Al Jazeera, il giochetto è stato svelato grazie a un servizio di traduzione online, messo a disposizione in forma totalmente gratuita da un qualsiasi motore di ricerca, nella fattispecie google. Anche qui, va precisato come non si tratti affatto di strumenti affidabili nel caso di traduzioni complesse: più di un osservatore si è divertito a mostrare i risultati tragicomici di questi traduttori automatici. Nel caso di poche parole, o di semplici frasi come quelle che componevano il sondaggio, però, il traduttore automatico è uno strumento comodo e sostanzialmente affidabile. Bene, traducendo la pagina di Al Jazeera dall'arabo (l'indirizzo completo è troppo lungo è complicato per essere riportato qui, ma dal sito di "Eye on the world" vi si accede con un paio di clic) spunta la sorpresa di Bin Laden, incomprensibile a chi non abbia dimestichezza con l'arabo nella versione "originale" della tv. Con tutti i caveat del caso, dunque, un segnale - significativamente occultato - che non può che far sorgere nuovi dubbi sulla consistenza e lo spessore dell'islam moderato o presunto tale. E che si somma alle ben più serie rilevazioni effettuate in tempi non lontani per esempio tra i musulmani inglesi, di cui Libero ha dato conto il 29 agosto 2006: diversi sondaggi, raccolti tra l'altro dal ministero dell'Interno di Londra, mostravano come il 60% dei musulmani inglesi (1,5 milioni di persone) desiderassero «vivere sotto la legge coranica», praticamente uno su tre «crede che i musulmani dovrebbero cercare di porre fine alla civiltà occidentale», il 13% «appoggia ("support", come per Bin Laden), il terrorismo islamico.

Di seguito, un'intervista all'antichista Marta Sordi:

CIVIDALE DEL FRIULI (UD) L'Asia Minore, con la predicazione prima di Paolo di Tarso, sotto il regno dell'imperatore Claudio, e poi di Giovanni, può essere considerata la vera culla del cristianesimo. Tanto che la missione in Galazia, la regione dell'odierna Ankara, è decisiva per l'apertura ai Gentili, mentre a Listri, in Licaonia, si ha un'anticipazione del grande discorso che Paolo farà agli "intellettuali" greci all'Areopago. Eppure, proprio in queste terre il clima culturale è così cambiato da rendere ad alto rischio il viaggio di Benedetto XVI. Ne parliamo con Marta Sordi, professoressa emerita di Storia greca e Storia romana dell'Università Cattolica di Milano, che in occasione del convegno internazionale "Tra Oriente e Occidente. Indigeni, Greci e Romani in Asia Minore", organizzato a Cividale del Friuli dalla Fondazione Niccolò Canussio, ha illustrato i primi passi del cristianesimo in Asia. Asia Minore terra fertile per il messaggio di Gesù. Ma non è rimasto molto... «Il cristianesimo in effetti vi ha conosciuto una grande espansione culturale nel II e III secolo. Senza dimenticare la successiva fioritura della patristica, giganti del pensiero come Giovanni Crisostomo, Basilio di Cesarea, Gregorio di Nissa e Gregorio di Nazanzio. Poi, con la conquista islamica, questa affermazione culturale è venuta meno». Gli islamici si vantano sempre di aver salvato il pensiero greco, le opere di Aristotele. Ma non sembrano aver imparato molto... «Avicenna e Averroè sono grandi filosofi rispettati anche da Dante. Poi, evidentemente, deve essere successo qualcosa». Il discorso del Papa a Ratisbona ha fatto infuriare i musulmani. «È incredibile l'ignoranza della reazione, l'incapacità di raziocinio di chi non capisce un discorso scientifico, il contesto di una lezione accademica. Benedetto XVI ha semplicemente affermato che agire contro la ragione significa agire contro Dio. Una verità profonda, di cui non si può certo chiedere scusa. E il Papa non lo ha fatto, ha solo espresso il proprio rammarico per le reazioni a un qualcosa che non ha mai detto». La citazione dell'imperatore bizantino Manuele II Paleologo. «Appunto, una citazione. Che non rispecchia necessariamente il pensiero di chi la fa. Se durante una lezione un professore citasse qualche passo particolarmente duro del Discorso vero di Celso contro i cristiani (per esempio su Gesù "capo di una banda di briganti" o sui miracoli dovuti a semplici trucchi da ciarlatano, ndr ), nessuno in Occidente si sognerebbe di dire alcunché». Invece altrove succede il finimondo e qui nessuno, almeno tra le istituzioni, si erge in difesa del Pontefice. «Da una parte c'è una grande arroganza, la pretesa di convertirci con la forza e con la paura, senza ammettere alcuna reciprocità; dall'altra, da parte dell'Europa, una imbarazzante sudditanza e una grande viltà». E ora in parecchi vorrebbero la Turchia nell'Unione europea. «Io sono una studiosa del mondo antico, non una politica. Posso però dire che spero ci pensino bene, e a lungo. Del resto, anche da un punto di vista strettamente geografico, mi sembra lecito nutrire dei dubbi».

Di seguito una cronaca sulla cattura di una cellula del Gia algerino a Milano:

MILANO In Italia lo presero 12 anni fa. Il Marocco e la Francia ne chiesero l'estradizione. Ce lo tenemmo. Il processo per traffico d'armi durò 11 anni prima della condanna definitiva (8 anni). Nel frattempo, Djamed Lounici ha organizzato e guidato la più pericolosa cellula internazionale della GIA, sigla di riferimento di tutto il più efferato terrorismo algerino. Gli è bastato trasferirsi da Napoli a Milano per mimetizzarsi, aprire una sede, un magazzino sorvegliato (telecamere incluse ) in via Conte Verde 18 e continuare lavorare indisturbato. Con l'aureola dell'«esule - ha scritto - in questa terra, in fuga dal dispotismo e dall'oppressione del potere». Quando nel maggio del scorso anno lo hanno finalmente arrestato, non si è scomposto «rassicurato, non si capisce esattamente da chi, nell' annullamento del processo». Non sbagliava. Il gip Luca Pistorelli, che gli ha spedito il nuovo ordine di cattura al carcere di Livorno, ha spiegato che «per effetto dell'indulto la liberazione sarebbe arrivata nei prossimi mesi». Stessa via d'uscita per Ahmed Macer e El Heit Alì, già in cella a Sulmona e Caserta. Catturato davvero Mejari Afif, ma in Svizzera «dove risiede, circostanza che rende concreto il pericolo si sottragga all'azione penale». Scomparsi invece gli altri 10 componenti la cellula. Della loro attività è presto detto. Dal 1992 il terrorismo algerino ha fatto più di centomila vittime. Djamed ha continuato a sostenerlo reclutando uomini, inviando soldi: «un giro vorticoso di danaro raccolto in tutta Europa». Serviva a finanziare anche «attività commerciali e a trasferire i profitti all'organizzazione», a coprire le spese per i " rifugiati" in Italia, sicura retrovia di terroristi. Il resto andava al sostentamento e ai legali dei «fratelli incarcerati». I versamenti "regolari" in Algeria passavano con la Western Union». Per somme e merci più impegnative si usavano «corrieri fidati», ma anche sorvegliati: «Perché si sa - considerazione amara in un'intercettazione - le persone possono essere brave ma cambiano per due cose: le donne e i soldi». Gli algerini avevano costituito una «linea privata di pullman gestita da tale Ghaza, che regolarmente copriva la linea NapoliMarsiglia». Di lì altre staffette partivano via mare. Per risparmiare bus e linee all'italiana Angelino Group, in cambio dello stesso servizio. Ma l'attività più pericolosa Djamed Lounici era quella "politica". Leader indiscusso, era uno specialista del «doppio gioco»: mostrava di aderire al progetto di "riconciliazione nazionale", sosteneva l'ala più intransigente e violenta del radicalismo islamico». Diretto il rapporto con i terroristi in Algeria. «Salve fratello come stai, auguri per il matrimonio». Con questo messaggino da Algeri arrivò ai milanesi la rivendicazione di una strage. «La notte del 3 gennaio 2005, un commando uccise 13 soldati dell'Armée Nationale e di 5 vigili urbani». Matrimonio stava a un'italianissima «fare la festa». Sicché l'annuncio di un altro matrimonio, previsto per il 15 gennaio, finì con l'uccisione di un terrorista. Proprio riferendosi a questi episodi, il gip Luca Pistorelli e il pm Luigi Orsi, smantellano il teorema Forleo: «Terrorismo sono anche gli attacchi indiscriminati all'esercito regolare e alle forze di polizia del proprio paese , in quanto finalizzati a intimidire la popolazione che i pubblici poteri».

Infine, un articolo su un altro episodio di cedimento alla sorveglianza islamista sulla libertà in Europa:

Per paura di razioni da parte degli islamici radicali molte località dell'Andalusia hanno deciso quest'anno di eliminare dalle tradizionali feste, che celebrano la Riconquista della penisola dal giogo arabo, la distruzione al fuoco di petardi dell'effige del profeta Maometto. L'Andalusia rappresenta per l'Islam il simbolo di tutta la Spagna un tempo occupata. Tanto che lo stesso Osama Bin Laden in uno dei suoi farneticanti discorsi rivendicò se non la lettera almeno lo spirito di quel "paradiso perduto". Così ieri due località di quella regione meridionale, a Bocairent, in provincia di Valencia, e Beneixama, in provincia di Alicante, dove tutti gli anni una scena della Riconquista da parte dei cristiani finiva con la distruzione di una gran testa del Profeta alta tre metri, è stato annunciato che, per prudenza, si è preferito eliminare quest'ultima parte dello spettacolo. E la decisione di attenuare le manifestazioni simbolicamente violente nei confronti dei "mori", segnalano i media, è stata presa anche da altri paesini della regione, come Alcoi o Banyeres de Mariola dove il Profeta veniva solitamente gettato nel vuoto da una torre. I timori delle amministrazioni dell'Andalusia si sono materializzati pochi giorni dopo che il premier Josè Maria Aznar aveva denunciato il fatto che l'islam, mentre pretende scuse per tutto, dalle vignette alle frasi del papa, non le abbia mai presentate per »aver conquistato e occupato per otto secoli la Spagna». Il leader politico ha invitato anche a non pensare ad un'impossibile "Alleanza delle Civiltà", come proposto da Josè Luis Rodriguez Zapatero, «ma a rafforzare l'Alleanza Atlantica per difenderci se bisogna». E a questa difesa d'ufficio dell'Occidente cristiano, gli spagnoli sembrano aver indirettamente risposto non con un soprassalto di orgoglio patrio, ma eliminando qualsiasi rischio di irritare i seguaci di Maometto.

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