Se l'argomento non fosse serio, la lettura degli articoli del MANIFESTO del 28 settembre 2006 dedicati alla sospensione della rapresentazione dell'Idomeneo di Mozart a Berlino sarebbe esilarante.
Luke Cianelli denuncia i rischi di censura da parte dei "fondamentalismi" e del "fantasma religioso", senza mai associare ai sostantivi l'aggettivo "islamico", e anzi prendendosela con il cattolicesimo italiano per quello che, a suo giudizio, avrebbe fatto se l'allestimento dell'opera censurato a Berlino fosse stato presentato in Italia, e con i cristiani fondamentalisti, che, sostiene, si indignano come nessun'altro sa fare. Neanche i fondamentalisti musulmani che sgozzano chi li "offende".
Poiché in Germania i cattolici sono una minoranza e i fondamentalisti cristiani non hanno minacciato nessuno, la censura sarebbe secondo Cianelli da addebitare all'iirazionale e immotivata paura occidentale dell'"oscurantismo islamico".
Ma su quale pianeta è vissuto finora Cianelli? Non si è accorto, per esempio, dell'odio e della violenza scatenati dai fondamentalisti sfruttando la pubblicazione della illustrazioni danesi e il discorso del Papa?
Nel 2003, la «prima» non fu certo un trionfo. All'Opera di Berlino, Idomeneo di W.A.Mozart, dramma lirico che ha a che fare con l'autoritarismo religioso, venne estremizzato e reso sensazionale e didattico dal regista Hans Neuenfels. Che, ansioso di attualizzazione, chiarì ciò che Mozart aveva preferito autocensurare, attraverso una quadruplice decapitazione finale che non colpisce più solo, come nell'originale «mitologico», Nettuno e il politeismo greco disumano, ma con Buddha, Cristo e il profeta Maometto, l'intero panorama monoteista.
Poco tempo dopo un'anonima telefonata alla polizia di una abbonata dell'Opera, scandalizzata come solo una cristiana fondamentalista sa essere, mette in allarme la polizia. Quella cruenta scena finale potrebbe causare gravi problemi di sicurezza... Scatta, per motivi di ufficio, l'«indagine dovuta», anche senza che alcuna minaccia integralista (neppure cristiana) sia mai arrivata all'istituzione. E le autorità competenti avvertono Kirsten Harms, attuale direttrice (non di altissimo profilo, ci dice il curriculum) della Deutsche Opera di Berlino, che la replica, prevista per quest'inverno, verrà tenuta d'occhio. Tre giorni fa con uno scarno comunicato di 10 righe Harms annuncia la cancellazione dell'allestimento e il giorno dopo, in conferenza stampa, il direttore dell'Opera eccita ancora la stampa e i comunicatori di Allah, poco ferrati in lirica, affermando di non poter riferire - sempre per sacri motivi di sicurezza - quale sia esattamente la «scena incriminata» (ma Cristo decollato è esibito sulla prima pagina dell' Herald Tribune). Così una modesta regia, dicono i critici tedeschi, è diventata un nuovo campo di battaglia tra la «apertissima civiltà occidentale» e «oscurantismo islamista».
Fosse accaduto in Italia, troppi cattolici non avrebbero tollerato il Cristo decollato... Invece non mancano, nel paese luterano (e religiosamente tanto aniconico da non temer alcuna immagine) le più dure critiche alla censura da parte di alti esponenti cristianodemocratici. Il ministro dell'interno Wolfgang Schäuble e l'ex ministro della cultura Michael Naumann contro la rimozione dell'Idomeneo usano parole grosse, mai spese per Mapplethorpe: «È cosa inaccettabile e pazza», «è uno schiaffo in faccia alla libertà artistica».
Ieri persino il cancelliere tedesco Angela Merkel, ha condannato i timori di reazioni da parte di fondamentalisti islamici che hanno motivato la decisione di Harms. Certo si tratta anche di strumentalizzare politicamente la faccenda contro un comune e un land socialdemocratico, che comunque non ha appoggiato la posizione di Harms (per esempio il borgomastro socialdemocratico Wowereit).
«Credo che l'autocensura non ci aiuti nei confronti di persone pronte alla violenza in nome del fondamentalismo islamico - afferma con piglio crociato Merkel al quotidiano di Hannover Neue Presse». Aggiungendo: «Dobbiamo affrontare la discussione e fare attenzione a non recedere sempre più per timore di estremisti violenti. L'autocensura motivata dalla paura non è accettabile. Si deve difendere sempre a spada tratta la libertà di espressione, anche nei casi in cui non si condividono i contenuti, come nell' opera di Salman Rushdie». O di Theo Van Gogh, di cui, in effetti, andrebbe diffusa l'«opera omnia» anche in Italia, perché il suo immaginario sadiano e batailliano potrebbe rendere un po' più estremo e solido la nostra lotta ai fondamentalismo.
Farian Sahabi, docente all' Università di Torino e autrice italo-iraniana di vari saggi sull' Islam, intervenendo sul caso, ricorda Van Gogh: «È importante rilevare che sotto accusa non è l'opera mozartiana del 1781, ma un'attualizzazione di un'opera ambientata in un'epoca precedente alla nascita dell' Islam. Che è una delle poche a non essere stata censurata all'epoca dell'uscita, come era invece accaduto con altri lavori mozartiani tipo la trilogia». «Bisogna difendere comunque sempre la libertà di espressione (anche correndo dei rischi) col buonsenso - aggiunge Sahabi - Per l'Islam è vietato rappresentare la figura di Maometto».
Un altro articolo preferisce prendersela con la supposta ipocrisia dell'Europa che difende i "sacri principi" della libertà d'opinione, ma è "la stessa" (ma quale, esattamente?) che "congelò le pensioni di guerra, per 47 anni, ai suoi combattenti africani aspettando che morissero. E che, alcuni mesi fa, unanimemente (Guenter Grass compreso)" (se è compreso Gunter Grass l'unanimità è atomatica...) "chiese e ottenne che si censurasse un dramma di Peter Handke, perché il suo autore è colpevole di esprimere opinioni politiche non ortodosse e di azzardare analisi storiche considerate, come un tempo quelle di Toni Negri, «farneticanti»"
Ecco il testo completo:
La stessa Europa forte inossidabile e salda nei suoi sacri valori che congelò le pensioni di guerra, per 47 anni, ai suoi combattenti africani aspettando che morissero. E che, alcuni mesi fa, unanimemente (Guenter Grass compreso) chiese e ottenne che si censurasse un dramma di Peter Handke, perché il suo autore è colpevole di esprimere opinioni politiche non ortodosse e di azzardare analisi storiche considerate, come un tempo quelle di Toni Negri, «farneticanti», oggi si scandalizza, in nome della libertà d'opinione, per un Idomeneo censurato a Berlino, e più per kafkiani e burocratici errori a catena, che perché sia stato trasformato, con un eccessivo «coup de theatre», dal suo non fortunato regista, in un intoccabile inno sacro alla laicità (solo in Italia direbbero «al biasimevole laicismo ateo»).
La pragmatica Germania, cancelliere in testa, che pure ha il culto (non immotivato) della sicurezza dei suoi cittadini (anche di religione islamica, soprattutto dopo che i talebani fanno saltare in aria perfino i pellegrini afghani in viaggio alla Mecca), dice basta all'intolleranza e alla mancanza di «rispetto reciproco» e decide, stranamente aizzata da una recente, storica e antipatica visita papale, di anteporle un fare da crociati. E dire coraggiosamente basta a una provocazione che nessuno ha fatto, a una protesta che nessuno ha ancora espresso, a minacce che nessuno ha proferito. Almeno a giudicare dai comunicati della polizia... Un allestimento operistico che scandalizzò solo il pubblico cristiano fondamentalista (per via di un Cristo decollato) deve diventare invece un perfetto aizza-attentati islamico, alla Theo Van Gogh ultimo periodo. Strumentalizzato e non compreso.R.S.
Angelo Quattrocchi giudica apertamente "inopportuna" la rappresentazione, riporta alla memoria antiche censure imposte (per i soli minori di 18 anni) dalla Chiesa cattolica e conclude segnalando altre opere irrispettose verso l'islam, chiedendosi se qualcuno avrà ancora il coraggio di rappresentarle.
Non si capisce che cosa si auguri lui.
Ecco il testo:
Idomeneo depone il pesante sacco insanguinato che porta sulle spalle e ne estrae l'una dopo l'altra le teste mozzate e grondanti sangue di Nettuno, Cristo, Maometto e Buddha; poi le solleva verso l'alto, con aria di trionfo e le depone su quattro sedie di paglia. Questa, secondo Die Zeit (27 marzo 2003) la scena finale dell'allestimento dell'Idomeneo di Mozart firmato dal regista Hans Neuenfels e andato in scena, tre anni e mezzo fa, alla Deutsche Oper di Berlino, poi replicato nella seguente stagione.
Nel prossimo novembre però Idomeneo non esibirà più le teste mozzate delle figure di riferimento delle grandi religioni; gli «incalcolabili rischi» paventati dai servizi di sicurezza berlinesi hanno convinto la direzione del teatro a cancellare «con grande rincrescimento» dal cartellone le quattro recite previste, e a sostituirle con Nozze di Figaro e Traviata. Di qui le polemiche sull'eccesso di correctness, subito trasferite a livello politico, i dibattiti sulla libertà dell'arte e quelli, meno alati, sugli arbitrii dei registi moderni. Mozart, va da sé, rimane del tutto estraneo alla polemica. Idomeneo, partitura del 1781, mette in scena il dramma del re di Creta, diviso fra gli opposti sentimenti del dovere (il giuramento fatto a Nettuno di sacrificare sul suo altare il proprio figlio Idamante) e dell'amore paterno. Ma in questa vicenda l'autorità religiosa non viene mai messa in discussione, tanto che sarà proprio la voce di un oracolo a sciogliere con poche parole la vicenda («Idomeneo cessi esser Re/regni Idamante, ed Ilia a lui sia sposa»). Neuenfels, regista che in 30 anni di attività si è guadagnato la fama di provocatore, non è certo nuovo a scandali come questo delle teste insanguinate; quale che sia il significato della scena incriminata, e quale che sia la riuscita dello spettacolo, la decisione della Deutsche Oper di cancellare la produzione appare nell'insieme inopportuna. A oltre tre anni di distanza dalla prima, le repliche di uno spettacolo sono un fatto di routine, che difficilmente può attirare l'attenzione dei media; crea inoltre un precedente di autocensura veramente inquietante. Non che siano mancate, nel passato, altre censure e autocensure compiute nel nome della morale o della correctness. Celebre l'episodio della prima assoluta del Mandarino meraviglioso di Bartok, a Colonia nel 1926, quando il borgomastro della città (e futuro cancelliere), Konrad Adenauer, cancellò le repliche del balletto per il suo contenuto «immorale». Meno noto che, negli anni del patto Roma-Berlino, il regime fascista abbia censurato il libretto della Forza del destino, mutando l'invettiva «Morte ai tedeschi!» in quella più neutra di «Morte ai nemici!».
Ma anche la Chiesa cattolica non ha mancato di intervenire sugli spettacoli operistici; nel 1978, a Roma, ottenne che la Sancta Susanna di Hindemith venisse vietata ai minori di 18 anni, poiché la regia di Giorgio Pressburger, che mostrava la monaca preda di un erotismo mistico, nuda e con un crocifisso fra le gambe, appariva blasfema per la sacralità di Roma. Chissà quali preoccupazioni potranno poi nascere, nei dirigenti dei teatri lirici, per nascondere i molti momenti operistici in cui turchi e maomettani sono indicati al riso. Volendo rimanere su Mozart, il personaggio di Osmin, nel Ratto dal serraglio, viene fatto ubriacare e raggirato; il bey Mustafà, nell'Italiana in Algeri di Rossini, viene nominato «pappataci», come simbolo della stupidità. Tempi duri inoltre per i Lombardi alla prima crociata; «Stolto Allah!» canta nell'opera di Verdi il coro dei crociati, per concludere «L'infedele, superbo, fuggì». Chissà se alla Deutsche Oper avranno mai il coraggio di rimettere quest'opera in cartellone.
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