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Informazione Corretta Rassegna Stampa
27.09.2006 Gli ebrei che odiano se stessi
intervento di Federico Steinhaus

Testata: Informazione Corretta
Data: 27 settembre 2006
Pagina: 1
Autore: Federico Steinhaus
Titolo: «Gli ebrei che odiano se stessi»

L’ebreo che odia sé stesso è una figura classica della complessa psiche ebraica; nei due millenni di diaspora che gli ebrei hanno trascorsi in condizioni di estrema debolezza, immersi in un ambiente ostile, in perenne lotta per la sopravvivenza fisica, questo personaggio-chiave di una patologia dell’ insicurezza ha avuto modo di evolversi per adattarsi al mondo circostante.

E’ singolare, tuttavia, che questa figura così fortemente simbolica sia riuscita a sopravvivere fino ad oggi, in considerazione del fatto che gli ultimi due secoli sono stati, per gli ebrei occidentali, un’epoca di graduale parificazione, nei quali l’ emarginazione sociale è diminuita drasticamente ed il benessere economico e culturale sono divenuti uno standard di vita condiviso.

La spiegazione del prolungarsi di questo fenomeno anche nel nostro attuale contesto sociale è forse più semplice e visibile di quanto non si pensi, ed è speculare all’analisi che si occupa dell’antisemitismo.

                                       
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La nascita dello stato d’Israele, le sue drammatiche vicende tra il 1948 ed oggi,la diffusione dell’islam radicale e della sua ideologia/teologia della violenza ed in parte la scomparsa dell’ impero sovietico hanno modificato profondamente la natura ed il modus operandi dell’antisemitismo tradizionale. La Shoah inoltre determina uno spartiacque che di fatto svuota l’antisemitismo ottocentesco basato sul concetto di razza ed i cambiamenti intervenuti nella seconda metà del Novecento nella Chiesa cattolica hanno cancellato l’antico antigiudaismo basato sul concetto di decicidio.Pertanto, negli ultimi 50 anni l’odio nei confronti degli ebrei è stato gradualmente sostituito dall’odio verso Israele, che è diventato il simbolo sostitutivo dell’oggetto di questo odio , esattamente come il termine sionista ha sostituito quello di ebreo nel codice linguistico degli antisemiti.

Queste mutazioni hanno influenzato anche la figura dell’ebreo che odia sé stesso. Oggi è di moda l’ebreo che proclama il suo odio verso il sionismo e verso Israele. Sono pochi, ma fanno molto rumore perché vengono immediatamente collocati su un piedistallo mediatico che fornisce loro una visibilità globale (e non pochi guadagni). Cosa c’era di più allettante per gli antisemiti di un tempo dell’ebreo che parla male del popolo ebraico? E cosa ci potrebbe essere di più invitante oggi di un ebreo che odia Israele ed il sionismo? “Ecco, persino lui che è ebreo la pensa come noi!” è l’abituale introduzione o conclusione, implicita od esplicita, di ogni citazione che sfrutti questo fenomeno per i propri fini.

Emanuele Ottolenghi , noto saggista e politologo, già docente ad Oxford ed ora direttore esecutivo del Transatlantic Institute di Bruxelles, ha scritto un articolo sull’ argomento per la National Review Online (20.9.2006) in cui analizza questa tipologia di ebreo partendo da alcuni fatti recenti e da un libro, “The Jewish Divide over Israel: Accusers and Defenders” (Paul Bogdanor e Edward Alexander), che approfondisce il distorsivo rapporto che esiste fra alcuni intellettuali ebrei (e non) e le loro opinioni su Israele.
                                        
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Come si spiega che un saggio di Chomsky balzi dal posto 15.000 nella lista dei bestsellers al posto numero uno dopo che il dittatore sudamericano Chavez, feroce antisemita pardon antisionista ed anti-israeliano, lo mostra e cita dalla tribuna delle Nazioni Unite?

E come si spiega che giornalisti professionalmente non eccelsi come Robert Fisk diventino delle star internazionali? E che le lamentazioni su un presunto boicottaggio della loro opera intellettuale da parte della lobby sionista fatte da John Mearsheimer e Stephen Walt induca il settimanale Independent di Londra a dedicare la copertina ad una bandiera americana in cui, in perfetto stile dello specialista nazista Goebbels, le stelle statunitensi sono sostituite dalla ebraica stella di Davide?

Eppure, commenta Ottolenghi, se questa lobby ebraico-sionista esistesse veramente e fosse potente come urlano certi personaggi, come si spiegherebbe che nessuno di costoro sia stato licenziato, o gli sia stato negato il visto d’ingresso negli Stati Uniti o in Israele, o sia stato incarcerato per aver scritto quanto hanno scritto?

E’ singolare, anche, che gli ebrei che si distinguono in questa opera di pubblica denigrazione si definiscano spesso i veri custodi ed interpreti della tradizione ebraica, ed accusino Israele di aver cancellato l’anima pura dell’ebraismo. Essi si presentano come i soli autentici successori dei profeti biblici che fecero grande la religione ebraica, che invece secondo loro Israele avrebbe tradita rinnegando il loro antico insegnamento. Peccato, commenta Ottolenghi, che questi denigratori sistematici di Israele parlino a nome di profeti di cui non hanno mai letto gli scritti, che sono talmente densi di incitamenti alla violenza contro il nemico da non poter essere fraintesi come paladini del pacifismo, e che siano spesso persone lontane dalla fede, laiche se non addirittura agnostiche.

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I soli ebrei che gli antisemiti sono disposti a tollerare sono quelli che hanno abbandonato la loro religione e rinnegano l’identificazione con le radici ebraiche. Nella scia delle conversioni forzate e dell’obbligo all’assimilazione  agli ebrei è sempre stato negato dagli antisemiti il diritto a definire da soli la propria identità culturale religiosa e storica: se volevano sopravvivere, essi dovevano essere come il mondo esterno voleva che fossero.

Questo è quanto avviene oggi in relazione all’identità nazionale degli ebrei come popolo, unica eccezione in un mondo che si autoproclama multiculturale e multi-identitario, ma che per quanto riguarda gli ebrei si irrigidisce su schemi antichi. I numerosi esempi citati nel libro che Ottolenghi commenta ne forniscono una evidente dimostrazione.

Possiamo trarre una conclusione, per quanto provvisoria e frammentaria, da questa breve analisi?

Forse, con cautela e con le necessarie riserve culturali, possiamo affermare che la legittimità di ogni forma di critica che si rivolga contro le decisioni dei governi d’Israele non deve essere soffocata da questo genere di considerazioni.

 L’odio antiebraico è altra cosa : la sua visceralità ed irrazionalità si nutrono di schemi “eterni” (l’ebreo avido, il complotto giudaico, l’ebreo senza patria e così via) mentre la critica si basa su considerazioni razionali legate a valutazioni contingenti. Chiunque critichi si colloca nei confini della legittimità delle proprie opinioni, ma a chiunque esprima odio non deve essere riconosciuto un diritto di cittadinanza nel consesso delle persone civili, raziocinanti, rispettose delle diversità.


info@informazionecorretta.it

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