Così al Qaradawi incita alla violenza e giustifica il terrorismo uno studioso islamico smaschera la sua ipocrisia
Testata: Il Foglio Data: 27 settembre 2006 Pagina: 2 Autore: Bret Stephens Titolo: «Studioso islamico smaschera l’ipocrisia di al Qaradawi»
Dal FOGLIO del 27 settembre 2006, una rticolo ripreso dal Wall Street Journal e da Milano Finanza:
Chissà se il Vaticano ha mai chiesto delle scuse ad al Qaradawi per aver suggerito l’idea che il cattolicesimo un giorno si estinguerà proprio nel cuore della sua terra e sarà sradicato dalla sua capitale. Non è mai troppo tardi per chiederle, in ogni caso, specialmente ora che il buon sceicco è arrabbiato per le recenti dichiarazioni di Papa Benedetto sull’islam. In un’epoca senza califfo, l’ottantenne Yusuf al Qaradawi, nato in Egitto, è quanto di più vicino l’islam sunnita abbia a una figura come quella del Papa. Il suo talk show settimanale su al Jazeera, “La sharia e la vita”, è seguito da decine di milioni di persone di lingua araba in medio oriente e in Europa. Le sue fatwa, o editti religiosi su questioni personali o politiche, sono considerate definitive dalla maggior parte dei sunniti. In qualità di leader spirituale di fatto della Fratellanza musulmana, al Qaradawi è un tradizionalista teologico, sebbene si sia anche avvicinato alla “new wave” dell’islam che cerca di attirare un pubblico più giovane e moderno. Occasionalmente al Qaradawi si trova anche in disaccordo con l’ascetismo violento dei religiosi salafiti, cosa che gli ha permesso di guadagnarsi, tra i musulmani e in una certa misura anche in occidente, la reputazione di moderato. Secondo il Gulf Times, venerdì scorso al Qaradawi ha raggiunto il massimo dell’ipocrisia con la frase: “Il Papa, con quelle dichiarazioni offensive, ha chiuso le porte al dialogo religioso tra i musulmani e il Vaticano”. E poi ha aggiunto: “I musulmani non stanno scegliendo una ‘battaglia’, ma questa viene loro imposta dal Papa che rifiuta di ritrattare”. E ora invoca il boicottaggio del Vaticano, anche se condanna la violenza contro i cristiani. Un miglioramento niente male rispetto alla posizione che aveva preso all’inizio di quest’anno nella controversia sulle vignette danesi: “La nazione deve sollevarsi nella rabbia”, aveva dichiarato su al Jazeera il 3 febbraio. “Non siamo una nazione di stupidi… Siamo leoni che proteggono con zelo la propria tana e che vendicano gli affronti alle loro cose sacre”. Il 4 febbraio, la folla infuriata attaccò le ambasciate danese e norvegese a Damasco; il giorno successivo un incendio rase al suolo il consolato danese a Beirut. Lo stesso giorno un prete cattolico fu ucciso in Turchia da un adolescente. Complessivamente, circa una trentina di persone hanno perso la vita per rispondere all’appello alla rabbia di al Qaradawi. E, com’è tipico dello sceicco, le sue esortazioni iniziali sono state seguite dalla denuncia della conseguente violenza: “Non abbiamo mai detto alla gente di dar fuoco alle macchine, ma di esprimere la propria rabbia con prudenza”. Certamente. Ma al Qaradawi ha un modo alquanto interessante di parlare due lingue con la stessa bocca o di confezionare su misura il suo messaggio a seconda del pubblico che ha di fronte. Basta sentire cosa dice sul terrorismo. “L’islam, la religione della tolleranza… considera gli attacchi a esseri umani innocenti un grave peccato”, ha detto quasi immediatamente dopo l’11 settembre. Ma poi, negli stessi giorni, ha anche affermato: “Qualcuno è in grado di dimostrare che sia stato [Osama bin Laden] a inviare [coloro che hanno perpetrato quel crimine]?… Non ci sono dubbi che chi trae beneficio da questo crimine sia la comunità sionista”. E quando gli Stati Uniti si stavano preparando ad affrontare i talebani, ecco che al Qaradawi aggiunge che “la legge islamica dice che se un paese musulmano viene attaccato, gli altri paesi musulmani devono aiutarlo, con le loro anime e il loro denaro, fino alla sua liberazione”. E ora prendiamo le dichiarazioni di al Qaradawi sugli Stati Uniti in Iraq. “Ho proibito l’uccisione di americani”, dice su al Jazeera alla fine del 2004. Ma poi specifica che è solo vietato uccidere “civili”. Quali civili? Solo quelli che non sostengono l’occupazione, ossia i giornalisti e chi porta aiuti umanitari. Poi dice che “la guerra santa di resistenza del popolo iracheno all’occupazione straniera… è un dovere scritto nella sharia”. E aggiunge che “è vietato a qualsiasi musulmano offrire sostegno agli occupanti… perché quel sostegno sarebbe sostegno ai loro crimini e alla loro aggressione”. Così, da una posizione iniziale di divieto dell’uccisione degli americani in Iraq, al Qaradawi tira fuori un’eccezione dopo l’altra fino a che non ha effettivamente invocato l’uccisione di tutti gli americani, tranne una manciata, e forse anche dei loro alleati tra gli iracheni. E al Qaradawi è altrettanto ambiguo quando si tratta di questioni ebraiche. L’islam, ha detto nel 2005, “accoglie benevolmente i fedeli della religione [ebraica]”. E ha affermato anche di “accogliere benevolmente gli ebrei che si dissociano da ciò che sta facendo Israele”, un punto che apparentemente riflette la sua moderazione nel distinguere il giudaismo (per il quale ha rispetto) dal sionismo (per il quale prova solo disprezzo). Ma non occorre scavare molto più a fondo per trovare, sotto la sottile superficie delle dichiarazioni di al Qaradawi, l’antisemita che c’è in lui. “L’iniquità degli ebrei come comunità è ovvia e apparente”, dichiara nel giugno 2004. “Tutto sarà dalla nostra parte contro gli ebrei [il Giorno del Giudizio]”, aggiunge nel febbraio 2006. “Quando verrà quel giorno, anche le pietre e gli alberi parleranno, con o senza parole, e diranno ‘Oh servo di Allah, oh musulmano, c’è un ebreo dietro di me, vieni a ucciderlo’”. Per tutto quanto detto, lo sceicco al Qaradawi non manifesta alcun pentimento, anche se sostiene spesso di essere stato mal interpretato (per di più dall’inestimabile Centro di ricerca sui media del medio oriente, che cura praticamente tutte le traduzioni usate qui). Ma non è stato un agente sionista, bensì lo studioso di religione del Qatar Abd al Hamid al Ansari a dire di al Qaradawi: “Le leggi della sharia che vietano di fare del male ai civili sono rimaste in vigore [per secoli], fino a quando lo sceicco al Qaradawi… non ha causato una pericolosa frattura a proposito del jihad. E’ successo quando, per sostenere Hamas, egli affermò che le azioni suicide tra civili erano legittime… Questa frattura fatale ha creato una crisi ideologica e morale nell’islam… Il deterioramento morale ha raggiunto il punto in cui vengono uccisi bambini con le bombe a Baghdad e pacifici civili sugli autobus a Londra. Queste fatwa sono un marchio morale e ideologico di vergogna, che dobbiamo estirpare dal nostro islam”. Forse i musulmani meritano davvero delle scuse. Ma non da Benedetto XVI.
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