Gli italiani disarmeranno Hezbollah? se lo chiede il New York Times, ma noi preferiamo discutere d'altro
Testata: La Stampa Data: 26 settembre 2006 Pagina: 8 Autore: Francesco Grignetti Titolo: «"Troppo pacifici" Critiche dagli Usa agli italiani in Libano»
Un articolo del New York Times critica la missione italiana in Libano, che sembra non essere stata concepita per disarmare effettivamente Hezbollah. Evitando di confrontarsi con questo problema Francesco Grignetti nell'articolo pubblicato dalla STAMPA del 26 settembre 2006 sposta l'attenzione sulla (supposta) propensione a sparare dei soldati americani e italiani, sulla (supposta) contrarietà dei primi agli aiuti umanitari e su consimili amenità, che nulla hanno a che vedere con il problema politico di una missione che sempre più appare mal concepita dal governo. Ecco il testo:
«Le forze Onu si muovono in punta di piedi sul suolo libanese». Parola del New York Times, che ieri raccontava in prima pagina cosa fanno e soprattutto cosa non fanno le forze italiane e i caschi blu nel Libano. «Non fanno nemmeno i posti di blocco». Troppe cautele, insomma, agli occhi della stampa americana. E’ quasi scandalizzato, il giornalista. Annota: «Il lavoro delle forze Onu, e lo ripetono i comandanti sul campo quasi fosse un mantra, è rispettare la sovranità libanese supportando il loro esercito». Articolo che non è piaciuto affatto alle nostre forze armate. Replica, piccata, di un alto ufficiale: «Forse agli occhi degli americani non si spara abbastanza?». Punti di vista. L’inviato del quotidiano newyorkese più volte sottolinea che le forze Onu in Libano si preoccupano di non apparire come «occupanti». E certo deve fare una certa impressione, a chi vive quotidianamente l’inferno dell’Iraq, il buon rapporto che s’è instaurato tra la popolazione locale e gli italiani. Segnala, il giornalista, che il villaggio vicino alla base ha ricevuto un aiuto da tremila dollari in vetri e infissi per riparare la scuola danneggiata dai raid israeliani. «Siamo lì come forza di pace e per portare aiuti alla popolazione. E allora?», si domanda sempre più indispettito il nostro ufficiale. Il giornale americano ha presentato al suo pubblico un quadro delle operazioni militari che non può non far indispettire il lettore. I soldati promessi dalle Nazioni Unite ancora non ci sono. Altro che quindicimila caschi blu, sul campo ce ne sono a malapena cinquemila. Poco di più della vecchia Unifil. Per quanto riguarda il solito problema del disarmo delle milizie Hezbollah, «dicono che non possono istituire posti di blocco, non possono frugare nelle macchine o nelle case, trattenere persone sospette. Se vedono un camion che trasporta un missile, per esempio, non possono fermarlo. E non possono a causa dell’interpretazione che il Consiglio di Sicurezza ha dato della Risoluzione, e cioè che prima di ogni atto devono essere autorizzati dall’esercito libanese». A conforto di questo quadro, è riportata una dichiarazione del comandante Stefano Cappellaro, del reggimento San Marco: «C’è molta incomprensione su quello che noi stiamo facendo qui». Fonti della Difesa fanno sapere che la dichiarazione di Cappellaro era molto più complessa. E che il senso era opposto. Non sarebbero gli italiani a essere male informati su che cosa fanno i caschi blu in Libano, ma i libanesi stessi che ancora non hanno ben chiaro se la forza Onu resterà equidistante. Ma è anche vero che tra i militari italiani e quelli americani c’è una enorme differenza nell’approccio alle missioni. Era stato lo stesso ministro della Difesa, Parisi, qualche giorno fa, a dire: «I nostri restano guidati da una cultura e da un mandato di pace. Contano fino a un milione prima di sparare». E per quanto riguarda il rapporto con l’esercito libanese, il ministro spiegava: «Se noi ci sostituissimo all’esercito libanese, evidentemente distruggeremmo con una mano quello che costruiamo con l’altra». Quanto al rafforzamento degli organici, l’ammiraglio Giampaolo Di Paola, capo di stato maggiore della Difesa, ha annunciato ieri che a ottobre la forza navale sarà rilevata dai tedeschi e che a terra sarà schierata la brigata corazzata «Pozzuolo del Friuli» al posto dei reparti attuali. Arriveranno armamenti pesanti. Di Paola ha avvertito che alle forze armate servono soldi. «Certo così non si può continuare. Lo strumento militare attuale non può tirare avanti con questo livello di risorse».
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