Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein".
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)
Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine.
Deboli proteste in difesa dei cristiani perseguitati un editoriale di Pieluigi Battista
Testata: Corriere della Sera Data: 25 settembre 2006 Pagina: 28 Autore: Pierluigi Battista Titolo: «Quando si teme di difendere i cristiani dalle persecuzioni»
Dal CORRIERE della SERA del 25 settembre 2006, un articolo di Pierluigi Battista sulla fiaccolata davanti all'Ambasciata indonesiana a Roma e sulla persecuzione anticristiana nel mondo islamico. Ecco il testo:
S periamo che siano tante, le fiaccole che stasera verranno accese davanti all'ambasciata indonesiana a Roma. E che possano essere smentiti i pessimisti convinti che tre cattolici giustiziati al termine di un processo farsa non siano sufficienti per suscitare l'indignazione dell'opinione pubblica mondiale e mobilitare le cancellerie occidentali. Prevale l'idea che reagire equivalga a fomentare la guerra di religione e mettere a repentaglio il lavorio delle diplomazie. Se papa Ratzinger cerca di ricucire la tela strappata delle relazioni con il mondo islamico, non sarà che la protesta per la morte di tre cristiani in Indonesia rischia di produrre l'effetto opposto e riattizzare l'incendio che è stato a malapena sedato, dopo che nelle piazze islamiste è stato messo a fuoco il fantoccio di Benedetto XVI e una suora è stata assassinata proprio nei giorni più incandescenti? Non sarà opportuno ricordarlo per non alimentare i fantasmi dello «scontro di civiltà», ma chi porta il segno della croce muore con troppa facilità, nelle teocrazie islamiste che si offendono per una citazione professorale di Manuele II Paleologo. In Arabia Saudita, terra natale di Bin Laden, chi si trova in possesso di simboli cristiani viene punito con pene severissime, il crocifisso è un reato, il rosario un'arma proibita. In Pakistan è uno stillicidio di chiese messe a fuoco, i luoghi del culto cristiano sono banditi, il professare un credo diverso da quello, obbligatorio, per Allah, un peccato grave da perseguire con ogni mezzo. I bollettini sulla libertà religiosa nel mondo sono sempre più allarmanti. Nella Turchia in procinto di entrare nell'Unione Europea ancora non è chiaro in quali circostanze, da chi e con quali complicità sia stato ammazzato a coltellate il povero don Santoro. Chiedere lumi su questo assassinio appare una provocazione, un atto di sabotaggio della pacificazione mondiale, un interrogativo molesto che si vorrebbe seppellire nella dimenticanza. E tutti noi consideriamo normale, un pedaggio obbligatorio da pagare per assecondare lo spirito dei tempi, che nei Paesi dove non c'è alcuna distinzione tra religione e politica, e la sharia è ufficialmente legge dello Stato, si possano diffondere vignette dove il capo della Chiesa cattolica è raffigurato come un vampiro assetato di sangue, dipinto nelle sembianze di una bestia immonda. Gli hanno disegnato addosso una svastica, ma questo dettaglio non dovrebbe fare molta impressione dove si racconta che l'Olocausto è una colossale menzogna fabbricata dai biechi sionisti: dal punto di vista della comunicazione, un increscioso incidente. Ecco perché, come ha spiegato Piero Ostellino sulle colonne di questo giornale, la legittima protesta per le violazioni palesi dei diritti umani fondamentali che quotidianamente si consumano nel silenzio del mondo appare flebile, timida, votata alla denuncia minoritaria e impotente. Come per l'effetto di un potente anestetico, la notizia di tre cristiani condannati a morte perché cristiani viene accolta nell'indifferenza generale. Ma non è indifferenza, è paura: il terrore di dire una parola di troppo, di vedersi trasformare una doverosa denuncia in quella che i giornali di tutto il mondo definirebbero l'indomani «gaffe diplomatica». Speriamo che davanti all'ambasciata di Indonesia, insieme a Pier Ferdinando Casini e Walter Veltroni, stasera siano in molti a commettere questa gaffe. Con una fiaccolata come unica arma consentita per testimoniare solidarietà a chi subisce inenarrabili persecuzioni nel nome della religione. Un principio semplice, ma che la paura ha reso difficilissimo da affermare. Con l'obbligo diplomatico, per giunta, di dover chiedere scusa.
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