REPUBBLICA di oggi, 23/09/2006, a pag.16, pubblica una intervista di Riccardo Staglianò con Tariq Ramadan, argomento Papa Benedetto XVI. Ramadan è un intellettuale musulmano, colto, vive in Svizzera, conosce bene come ci si comporta in Europa se si vuole essere ascoltati. Per questo è molto più pericoloso di un Nasrallah qualunque. Non a caso gli USA gli hanno vietato il visto di ingresso. Da noi ha (quasi) tutti i media a disposizione. Nell'intervista che segue esce un ritratto del Papa come piace a Ramadan (e a REPUBBLICA), per fortuna diverso dal Papa di Ratisbona. Ecco il testo:
L´"incidente di Ratisbona" può trasformarsi in un´occasione perché «l´Europa riconosca l´apporto del razionalismo musulmano alla propria identità. Perché solo riconciliandosi con la diversità del proprio passato potrà gestire l´inesorabile pluralismo del proprio avvenire». Tariq Ramadan, l´intellettuale islamico più influente (e discusso) d´Europa, non ha speculato sulla citazione «maldestra» del Papa. Per lui, nipote di uno dei fondatori dei Fratelli Musulmani, il ripetuto rammarico di Benedetto XVI basta e avanza. Ce l´ha invece con chi ha tentato di approfittare del caso per trasformarlo nell´ennesima riprova di uno «scontro di civiltà» che non esiste se non nei desideri di governanti, politici e opinionisti in mala fede. È sulla sostanza di ciò che ha detto, piuttosto, che il Pontefice va controbattuto. Con la pacatezza degli argomenti storici, non con gli strepiti della piazza.
La reazione alla citazione del Pontefice le sembra giustificata?
«No. Certi governi strumentalizzano episodi del genere per lasciare sfogare frustrazioni popolari sincere ma accumulate per tutti altri motivi. Reazioni per di più controproducenti perché danno l´impressione che nell´Islam non si dibatta ma piuttosto si dia in escandescenze passando subito alle minacce. Un gioco pericoloso che soprattutto gli intellettuali musulmani dovrebbero evitare».
C´è chi dice che sin quando non ci saranno scuse piene l´incidente non può ritenersi chiuso. Lei che ne pensa?
«Benedetto XVI si è rammaricato per le conseguenze delle sue parole, ha detto di essere stato frainteso. C´è da credergli. Resta la sorpresa per una scelta di una citazione oscura di un imperatore del XIV secolo e per il riferimento, a proposito di razionalità e Islam, a Ibn Hazm, un sapiente rispettato ma marginale. Un doppio passaggio ellittico, poco chiaro, maldestro. Ma questo è una Papa che rappresenta il suo tempo e sembra che i musulmani dimentichino che negli ultimi cinque anni si è chiesto loro costantemente di spiegare il loro rapporto con la jihad (che non andrebbe tradotta con «guerra santa», tanto per iniziare) e violenza».
Resta un tema serio, però.
«Certo. Nella sua lezione accademica il Papa ha mandato due messaggi. Ai razionalisti laici ha detto che disconoscendo la radice cristiana dell´identità europea sarà impossibile per l´Europa dialogare con le altre religioni. E poi ha sostenuto che l´identità europea sarebbe cristiana per la fede e greca per la ragione filosofica escludendo l´Islam da qualsiasi contributo. Una tesi con la quale, ancora cardinale, aveva motivato l´esclusione della Turchia musulmana dall´integrazione nella Ue».
E´ d´accordo con questa seconda tesi?
«Ratzinger è un brillante teologo, il messaggio può essere legittimo ma pericoloso in quanto opera una doppia semplificazione nell´approccio storico e nella definizione dell´identità europea. Quella che ridurrebbe l´apporto musulmano alla traduzione delle grandi opere greche e romane. Una memoria selettiva che tende a dimenticare gli apporti decisivi di pensatori come al-Farabi, Avicenna, Averroè e Ibn Khaldun solo per citarne alcuni. Alla luce di nomi del genere i musulmani dovrebbero dimostrare, senza cedere ad alcuna reazione emotiva, che condividono l´essenza dei valori sui quali si fondano l´Europa e l´Occidente e che la loro tradizione ha contribuito a farli emergere».
Crede che questo riconoscimento genererebbe una migliore convivenza?
«L´Europa e l´Occidente avranno problemi a sopravvivere se insisteranno a voler definirsi in contrapposizione all´altro - in questo caso l´Islam - che ci fa paura. Forse ciò di cui l´Europa ha più bisogno oggi non è tanto un dialogo con le altre civiltà ma un vero dialogo con se stessa, con tutte le componenti che per troppo tempo si è rifiutata di vedere impedendole di valorizzare la ricchezza delle tradizioni religiose e filosofiche che la costituiscono».
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