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Libero Rassegna Stampa
22.09.2006 Il pericolo che non si vuole vedere
il nucleare iraniano minaccia tutto l'occidente, ma Prodi non se ne accorge

Testata: Libero
Data: 22 settembre 2006
Pagina: 12
Autore: Renato Brunetta
Titolo: «Il flirt pericoloso tra il professore e mister Atomica»

Da LIBERO del 22 settembre 2006:

È la sessantunesima volta che si riunisce l'Assemblea generale delle Nazioni unite e i leader mondiali, sulla crisi iraniana, hanno deciso di non decidere. Sarà concesso, infatti, ulteriore spazio ai negoziati con il regime teocratico di Teheran, offrendo così un'altra (forse l'ultima) opportunità alla diplomazia. La speranza dei ministri degli Esteri del 5+1 (i 5 membri permanenti del Consiglio di Sicurezza, Usa, Russia, Gran Bretagna, Francia e Cina più la Germania) è quella di riuscire a tenere aperta la strada negoziale, rinnovando il mandato dell'Alto Rappresentante per la Politica estera e di sicurezza dell'Europa - Javier Solana - ad esplorare le strade di un possibile accordo con il negoziatore iraniano Ali Larijani. Una posizione debole e sintomatica della distanza che emerge nelle posizioni delle diplomazie occidentali rispetto alla crisi nucleare iraniana. Da una parte la linea intransigente degli Stati Uniti, che vorrebbero il rispetto della risoluzione 1696 del Consiglio di Sicurezza dell'Onu e l'applicazione delle sanzioni previste visto che, alla scadenza dell'ultimatum del 31 agosto scorso, l'Iran non ha sospeso il processo di arricchimento dell'uranio. Dall'altra la linea francese, dell'ormai in scadenza presidente Jacques Chirac, che vedrebbe i sei Paesi (5+1) che gestiscono il dossier Iran rinunciare al deferimento della crisi nucleare al Consiglio di Sicurezza allo scopo di convalidare le sanzioni, e in cambio l'Iran sospenderebbe l'arricchimento del uranio. L'incontro impossibile Dunque, che c'entra Prodi? Come abbiamo visto, anche nella vicenda Telecom Italia, Prodi c'entra sempre. Questa volta, però, forte della sua auto-proclamazione a paladino del Mediterraneo, formalizzata nella conferenza di Roma, ha deciso, o meglio è stato indotto a decidere (ci torneremo dopo), di incontrare colui che nessuno vuole incontrare: Mahmud Ahmadinejad. Un incontro impossibile per la diplomazia americana, ma anche per quelle europee che hanno, a più riprese, condannato le esternazioni naziste del Presidente iraniano. Un incontro che per Prodi, invece, è quasi una gara: se l'ha incontrato Pier Ferdinando Casini, perchè non lo devo incontrare io, avrà pensato Prodi. Certo l'Italia ha importanti relazioni economiche con la Repubblica islamica dell'Iran, così importanti che risulta essere il primo partner commerciale tra i paesi Ue (ad esempio: l'Eni ha concentrato molti investimenti in Iran per l'estrazione di petrolio e gas), ma è sufficiente l'interscambio commerciale tra Italia e Iran a giustificare tale vicinanza o c'è dell'altro? Lo vedremo. Romano snobbato Ma, intanto, l'incontro, com'è andato? Prodi si è trovato a fare i conti con un personaggio difficile e scaltro come Ahmadinejad, che gli ha ribadito quello che tutti già sapevamo e cioè la volontà «dell'Iran ad andare avanti nelle ricerche nucleari». Il Presidente iraniano sembra aver snobbato Prodi e le sue richieste di «procedere ad un negoziato concreto», ma soprattutto ha ignorato il richiamo di Prodi ad «uno stop nell'aspetto militare della ricerca». L'ipocrisia di Prodi, poi, ha fatto il resto. In conferenza stampa il Presidente Prodi ha riassunto, con la sua solita aria bonaria da curato di campagna: «Riunione interlocutoria dove le opinioni sono state molto chiare e precise, nel senso che non mi è stato detto né un sì né un no». Giudicate voi, cari lettori di Libero, la qualità del risultato. Inutile (dal dizionario: che non offre nessun vantaggio), potrebbe essere l'aggettivo da utilizzare. Di certo c'è che Chirac, nelle sue due ultime apparizioni televisive, ha implicitamente incaricato Prodi di tenere rapporti bilaterali con il Presidente iraniano, in quanto unico leader occidentale disposto ad incontrarlo. Prodi, fregandosi delle dichiarazioni del fondamentalista ed estremista Ahmadinejad, quali:«"Israele deve essere cancellato dalla carta» o «perché i professori liberali e i portavoce del secolarismo continuano a infestare le nostre università», ben volentieri obbedisce agli ordini di Chirac. Mentre, infatti, al Presidente francese spettano i negoziati con Usa, Russia, Cina, Gran Bretagna e Gemania, Prodi fa il «dirty job» (lavoro sporco), e in più lo fa senza ottenere risultati. Anzi no, un risultato Prodi l'ha ottenuto, ha di nuovo relegato l'Italia a svolgere un ruolo subalterno all'asse franco-tedesco. Un bel passo indietro per l'Italia in Europa, per non parlare poi dei rapporti con il resto del mondo, su tutti quello "gelato" con gli Stati Uniti. Ue preoccupata Al di là dei disastri diplomatici di Prodi, ciò che preoccupa sono le contraddizioni che l'occidente mostra sulla crisi iraniana e la bomba nucleare che gli iraniani hanno in progetto di costruire. La bomba iraniana si sta rivelando proprio il catalizzatore delle divisioni dell'occidente. Nella storia dell'Iran i primi piani per uno sviluppo della tecnologia nucleare risalgono agli anni '70. La scarsità di tecnologia e gli equilibri sempre precari della regione hanno tuttavia rallentato il programma: dapprima la rivoluzione islamica del 1979 e, poi, dal 1980 al 1988 la guerra contro l'Iraq per il ruolo di potenza della regione. L'Iran, che ha ratificato il Tnp (Trattato di Non Proliferazione nucleare) nel 1970, consente dal 1992 le ispezioni degli osservatori dell'Iaea (l'Agenzia internazionale per l'energia atomica), che prima del 2003 non avevano rivelato nessuna violazione (a partire dal 2003 il governo di Teheran ha ostacolato pesantemente il loro lavoro sino ad allontanare gli stessi ispettori). Oggi, tuttavia, le preoccupazioni si intensificano per due ragioni: l'accelerazione che ha subito il programma nucleare iraniano a partire dal 1987, anno nel quale è iniziata una collaborazione clandestina con Abdul Q. Khan, il padre della bomba pakistana, che ha fornito piani e centrifughe per l'arricchimento del uranio. E, non meno preoccupante, per le dotazioni missilistiche in possesso dell'Iran. Missili denominati Shahab-3 con capacità di carico di 500-650 kg e con gittata di 1550-1620 km, mentre sembra che si stia già lavorando ad uno Shahab-4 con una gittata di 2000 km. Quanto basta per distruggere lo Stato di Israele. Il legame tra nucleare civile e bellico resta, dunque, ancora troppo forte. Oggi non si sa dove finisce il nucleare civile in Iran e dove comincia la proliferazione di armi nucleari. La preoccupazione di Israele e dell'Iaea, sul programma iraniano ne sono la dimostrazione evidente. Il rischio è quello di scoprire che l'Iran sarà in grado di tenere sotto scacco con una bomba nucleare l'intero medio Oriente e con esso il mondo. Inoltre, a livello politico, un Iran nucleare significa diverse cose. Prima tra tutte la minaccia verso Israele. Ciò, molto probabilmente, scatenerebbe uno scenario drammatico che darebbe il via ad una "escalation" con Arabia Saudita, Egitto, Siria per ottenere armi nucleari, con la conseguenza inevitabile della fine del Trattato di Non proliferazione Nucleare. Come fare, dunque, per arrestare la minaccia proveniente dal regime iraniano? Non è del tutto pensabile un attacco militare, al fine di distruggere i siti nucleari iraniani, come è improbabile un blocco totale, da parte del Consiglio di Sicurezza dell'Onu, dell'acquisto di petrolio iraniano, come del resto hanno già fatto gli Usa. Il petrolio è la principale fonte di ricchezza del Paese (circa il 90% dei proventi derivano dal petrolio) e la Cina, titolare del diritto di veto in seno al Consiglio di Sicurezza, è interessata al gas e al petrolio iraniani, mentre la Russia, anch'essa con diritto di veto, rifornisce a Teheran tecnologia. D'altro canto i segnali che l'occidente, confuso e non coordinato, manda all'Iran sono pericolosi e forse proprio per questo fanno il gioco dell'attuale regime. Una soluzione di breve periodo non appare, pertanto, perseguibile. Resta, dunque, l'accettazione di un Iran che da potenza regionale non nucleare diverrà potenza nucleare. Questo fin tanto che Stati Uniti, Europa, Russia e le potenze asiatiche, Cina e India su tutte, saranno divise sulla strategia da utilizzare per democratizzare l'Iran, e con esso stabilizzare l'intera area Mediorientale. L'uso infinito di una confusa diplomazia senza principi rafforza l'Iran, nel momento più critico per gli equilibri medioorientali. Con l'Italia, e le sue truppe in Libano in ostaggio. Gran bel lavoro, Presidente Prodi. PRESIDENTE INTEGRALISTA Il presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad. Nel suo discorso all'Onu, il mumero uno della repubblica islamica ha annunciato di non avere intenzione di rinunciare al programma nucleare Contrasto . URANIO IL TRATTATO L'Iran non aderì al secondo trattato di non proliferazione nucleare. L'Iran ha tenuto segreto per molto tempo piani riguardanti l'arricchimento dell'uranio e ha destato preoccupazioni in molte nazioni occidentali, che accusano la repubblica islamica di produrre bombe atomiche in bunker sotterranei, invisibili agli aerei da ricognizione e ai satelliti. GLI ISPETTORI Sul posto sono stati inviati ispettori del'Agenzia Internazionale dell'Energia Atomica. Inizialmente, il capo degli ispettori Mohamed el Baradei ha dichiarato che gli ispettori non hanno trovato la presenza di centrifughe necessarie ad arricchire l'uranio necessario per produrre l'atomica. Tuttavia, in seguito all'annuncio di Ahmadinejad di essere riusciti a sviluppare le famigerate centrifughe, gli Usa stanno tentando di fermare l'Iran

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