Cronaca mondana del viaggio a New York di Ahmadinejad "star" dell'Assemblea generale dell'Onu
Testata: La Repubblica Data: 22 settembre 2006 Pagina: 19 Autore: Alberto Flores D'Arcais Titolo: «Ahmadinejad, show a New York "La bomba atomica non ci serve"»
"Indiscussa star" dell´Assemblea generale delle Nazioni Unite. così descrive Mahmoud Ahmadinejad la cronaca di Alberto Flores D´Arcais pubblicata dalla REPUBBLICA del 22 aprile 2006. Ahmadinejad non ha avuto, scrive Flores, "alcun pudore - in una città dove vivono due milioni di ebrei, nella metropoli colpita dai kamikaze di Al Qaeda - a ripetere in modo ossessivo il suo credo ideologico: l´Olocausto è un´invenzione, gli attacchi suicidi non sono dopotutto una cattiva cosa." Due osservazioni su questa frase: anzitutto che le affermazioni di Ahmadinejad dovrebbero essere considerate vergognose ovunque, non solo "in una città dove vivono due milioni di ebrei, nella metropoli colpita dai kamikaze di Al Qaeda"; poi che quello del tiranno iraniano non è "un credo ideologico", non è cioé un'intepretazione della realtà o la costruzione di un sistema sulla base di assunti filosofici. Il "credo" di Ahmadinejad consiste nella negazione di fatti storici noti, nello specifico nella negazione di un crimine, e nell'apologia di un altro crimine, il terrorismo suicida. Tuttavia, Flores non ha alcuna intenzione di scomporsi per così poco. Sembra che per lui tutto si riduca a una questione di gusti, a proposito dei quali, com'è noto non est disputandum. Scrive infatti: "Agli americani, come è ovvio, l´uomo non piace e lui non fa niente per rendersi simpatico", e ancora"Per la Casa Bianca è il nemico numero uno ma giornali e tv fanno a gara a cercarlo". Ahmadinejad non è gradito nemmeno dagli schizzinosi palati ebraici : "Per averlo invitato il presidente del Council of Foreign Relations ha rischiato le dimissioni in massa di numerosi esponenti ebrei guidati dal premio Nobel Elie Wiesel. Inizialmente Ahmadinejad era stato invitato per cena, poi è stato raggiunto un compromesso: niente cena, solo un´ora e mezzo di discussione in un salone dell´hotel dove alloggia la delegazione iraniana". Complessivamente, l'articolo fa uno strano effetto: sembra una cronaca mondana, ma tratta di un aspirante Hitler. Ecco il testo:
NEW YORK - «Prego il Misericordioso, l´Onniscente, l´Onnipotente Dio...», «ringrazio Dio, l´Onnipotente...». Nel nome di Allah un iraniano di cinquant´anni è l´indiscussa star dell´Assemblea generale delle Nazioni Unite; una stella mediatica, un «vip» contestato e mal sopportato, spesso arrogante, gentile nella forma e aspro nella sostanza, capace di attirare tutte le luci della ribalta. Mahmoud Ahmadinejad, presidente della repubblica islamica dell´Iran, gira da tre giorni in lungo e in largo per Manhattan; scusandosi con i newyorchesi «per il traffico» che anche la sua presenza comporta, ma non avendo alcun pudore - in una città dove vivono due milioni di ebrei, nella metropoli colpita dai kamikaze di Al Qaeda - a ripetere in modo ossessivo il suo credo ideologico: l´Olocausto è un´invenzione, gli attacchi suicidi non sono dopotutto una cattiva cosa. Agli americani, come è ovvio, l´uomo non piace e lui non fa niente per rendersi simpatico. Invitato dal Council of Foreign Relations (il più prestigioso think tank della Grande Mela) passa quaranta minuti a rispondere alle domande sull´Olocausto con altre domande-affermazioni che hanno come unico filo conduttore la negazione dell´innegabile: «Circa 60 milioni di persone sono stati uccise durante la seconda guerra mondiale, due milioni di loro erano militari, perché si dà una tale importanza a una piccola porzione di questi 60 milioni?». Non risponde neanche quando prende la parola Maurice Greenberg, un noto assicuratore di New York, superstite del campo di sterminio nazista di Dachau e oggi ottantunenne; Greenberg racconta quello che ha vissuto; Mahmud Ahmadinejad risponde freddo e laconico: «Credo che dovremmo autorizzare studi imparziali sull´argomento». E´ ossessionato dai «sionisti»: «I media dovrebbero esaminare da vicino il ruolo dei sionisti nel creare conflitti nel mondo; non dimentichiamoci che si tratta di un gruppo complesso, di un sistema organizzato in maniera complessa, che è alla base di numerosi problemi. Non possiamo imporre la nostra volontà sulla maggior parte del mondo perché c´è un piccolo gruppo che ha interessi legati a ricchezza e potere. Questi sionisti non sono ebrei, sono sionisti; noi ci opponiamo all´oppressione e all´aggressione di qualsiasi gruppo che cerca soltanto il potere». Per la Casa Bianca è il nemico numero uno ma giornali e tv fanno a gara a cercarlo. Lo intervista Time, lo intervistano la Cnn e la Nbc, i reporter e gli anchorman lo incalzano e lui, come un politico consumato, si rivolge al «popolo» americano, rivendica il nucleare a scopo pacifico («non abbiamo bisogno dell´atomica»), difende Hezbollah («L´Iran offre sostegno spirituale a coloro che chiedono il rispetto dei propri diritti»). Davanti alle telecamere della Nbc difende anche gli attacchi suicidi; come si sentirebbe, domanda il giornalista, se uno dei suoi figli diventasse un terrorista kamikaze?. Anche qui risponde con una raffica di domande retoriche: «Cosa vorrebbe che facesse suo figlio? Vorrebbe che difendesse l´America? Penso che lei lo vorrebbe. La stessa cosa vale per noi. Se non abbiamo armi, cosa dobbiamo fare? Non è una cattiva cosa. La guerra è stata imposta al Medio Oriente». Per averlo invitato il presidente del Council of Foreign Relations ha rischiato le dimissioni in massa di numerosi esponenti ebrei guidati dal premio Nobel Eli Wiesel. Inizialmente Ahmadinejad era stato invitato per cena, poi è stato raggiunto un compromesso: niente cena, solo un´ora e mezzo di discussione in un salone dell´hotel dove alloggia la delegazione iraniana. Polemiche anche alla Columbia University, dove il presidente iraniano è stato invitato a parlare questa mattina; non è chiaro se ci andrà, non è neanche molto chiaro da chi sia partito l´invito. Se Bush ha evitato qualsiasi contatto, Bill Clinton dice invece che con Ahmadinejad varrebbe la pena di parlare: «Se ti aspetti problemi da qualcuno, se, Dio non voglia, pensi che questi problemi ti possano portare a una guerra, dovrebbe esserci prima il massimo del confronto», ha detto l´ex presidente in una intervista alla Nbc. Un invito alla Casa Bianca ma nessuna polemica con Bush: «Dobbiamo avere contatti con loro ma non sono sicuro che il presidente sia il livello da cui cominciare, soprattutto dopo le cose che ha detto Ahmadinejad su Israele e sull´Olocausto». delle Nazioni Unite.
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