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La Stampa Rassegna Stampa
22.09.2006 Delegittimazione dell'Onu, intransigenza sul nucleare, odio per Israele
i tre volti di Ahmadinejad nella cronaca di Maurizio Molinari

Testata: La Stampa
Data: 22 settembre 2006
Pagina: 7
Autore: Maurizio Molinari
Titolo: «Ahmadinejad: «Non voglio la bomba»»
Cronaca di Maurizio Molinari sulla conferenza stampa di Mahmud Ahmadinejad all'Auditorium del Palazzo di Vetro.
Il titolo scelto dalla redazione "
Ahmadinejad: «Non voglio la bomba»" semplifica le dichiarazioni del dittatore iraniano che in realtà non ha dato nessuna formale assicurazione.
Ecco il testo:


Glaciale nel delegittimare l’Onu, tranquillo nel difendere il nucleare ed emotivo nel gridare l’avversione per Israele e i sionisti: Mahmud Ahmadinejad mostra i suoi tre diversi volti all’America durante un’ora di conferenza stampa nell’Auditorium del Palazzo di Vetro.
Abito e camicia chiari, volto sorridente e barba poco curata, il presidente iraniano arriva puntuale e tradisce l’impazienza di affrontare telecamere e giornalisti per parlare direttamente agli americani, «un popolo di fede e giustizia». Per rompere il ghiaccio esordisce con un quasi beffardo ringraziamento agli agenti del Dipartimento di polizia - che controllano da vicino ogni suo spostamento - perché «lavorano sodo per noi».
Poi affronta il tema che più ha a cuore: la mancanza di legittimità delle Nazioni Unite. L’atto di accusa è senza mezzi termini: «La radice di tutti i problemi è un sistema internazionale che consente ai vincitori della Seconda Guerra Mondiale di avere più diritti di altri», dunque «il Consiglio di Sicurezza deve cambiare e le potenze vincitrici non devono avere il diritto di veto». Ahmadinejad spiega di parlare a nome di «50 nazioni di Asia, Africa ed Americhe» accomunate dal «subire le conseguenze di una guerra mondiale nella quale non ebbero parte» e dal condividere la necessità di una drastica ristrutturazione che ponga fine al diritto di veto di Usa, Russia, Cina, Francia e Gran Bretagna.
«Tutta colpa degli Usa»
Quando iniziano le domande il tema che si impone subito è la corsa al nucleare e l’interrogativo sulla volontà di dotarsi della bomba. Ahmadinejad da glaciale che era adesso cambia tono, si mostra a proprio agio, lascia intendere di poter dominare con facilità l’argomento-chiave del duello in atto con il Consiglio di Sicurezza la cui risoluzone 1696 gli impone di fermare l’arricchimento dell’uranio. «Legalmente l’Iran rispetta ogni trattato e abbiamo più volte detto che non vogliamo la bomba, ma la questione in ballo è altra, è politica e viene dagli Stati Uniti che negli ultimi 27 anni hanno fatto di tutto contro l’Iran, adesso hanno trovato quest’ultimo espediente». Un giornalista della tv Fox lo incalza: «Presidente, per 18 anni avete nascosto il programma nucleare, perché ora dovremmo crederle?». E lui, serafico: «Noi non nascondiamo nulla, l’atomica non serve, non è servita all’Urss per evitare la dissoluzione, agli Usa per impedire l’11 settembre e ad Israele per sconfiggere l’Intifada. L’Iran non ne ha bisogno».
Riguardo alla trattativa con l’Occidente le parole di plauso sono per il premier italiano, Romano Prodi: «Abbiamo avuto un ottimo incontro, abbiamo ed avremo numerose occasioni di lavorare assieme all’Italia a livello nazionale e internazionale».
Se sul terreno del nucleare Ahmadinejad è a proprio agio, a metterlo in difficoltà sono le domande a raffica dei giornalisti arabi che gli chiedono di «affermare con chiarezza di rispettare la risoluzione 1701 sul bando di armi agli Hezbollah». Ahmadinejad non risponde all’«Orient Le-Jour» e alla agenzia Reuters si limita a parlare di «sostegno culturale e spirituale» agli Hezbollah. Ma quando l’inviata di «Al-Hayat» torna alla carica, perde la pazienza: «Ma lei lavora per l’Onu o è una nemica degli Hezbollah?», dice, alzando la voce.
«Amiamo ogni popolo»
Quando Ahmadinejad si irrita è tutt’altra persona. Perde la calma, agita le mani, sembra sudare e chiede a chi gli sta vicino chiarimenti sulla traduzione simultanea. La tensione si moltiplica quando a fargli la domanda è un giornalista della tv israeliana «Canale 10». «Presidente, i miei nonni arrivarono in Palestina nel 1882 - chiede il giornalista - mi dica, è vero che vuole distruggere Israele?». La risposta è evasiva: «Noi iraniani amiamo ogni popolo, condanniamo però le occupazioni». Tocca a un giornalista irlandese rilanciare la palla: «Chiarisca una volta per tutte, ha detto o no che vuole cancellare Israele dalla carta geografica?». Ahmadinejad reagisce duro, lascia intendere che l’irlandese potrebbe essere un «sionista», si lamenta che «ovunque nel mondo mi fanno questa domanda» e irride la manifestazione di massa guidata 24 ore prima da Elie Wiesel per denunciare la negazione della Shoah da parte di Teheran: «Erano poche centinaia, arrivati guarda caso tutti con pullman uguali».
I protocolli dei savi del Sion
Da qui un presidente oramai palesemente irrequieto inizia un affondo a tutto campo contro il sionismo con richiami al libello zarista dei Protocolli dei Savi di Sion: «I sionisti non sono ebrei nè cristiani nè musulmani, sono una lobby che tutela interessi di ricchezza e potere grazie ad una rete di associazioni in tutto il mondo». E ancora: «Mosè liberò i figli di Israele dall’oppressione, non era sionista perché i sionisti opprimono i palestinesi, uccidono i bambini strappandoli dal seno delle madri». E per la soluzione definitiva della crisi in Medio Oriente la sua idea è «indire un referendum dove tutti possano votare in Palestina per decidere il proprio futuro», ovvero puntare sulla demografia per cancellare Israele dalla mappa. Del resto, già prima, in un’intervista alla Nbc, il leader iraniano aveva difeso il terrorismo kamikaze: «Non è una cattiva cosa», aveva risposto alla domanda cosa penserebbe se suo figlio diventasse un terrorista suicida. «Cosa vorrebbe che facesse suo figlio? - ha replicato alla giornalista. - Vorrebbe che difendesse l’America? Penso di sì. Per noi è la stessa cosa. Se non abbiamo armi, cosa dobbiamo fare?».
Con Ahmadinejad oramai a ruota libera ed a tempo scaduto è un reporter iraniano di «Voice of America» che affonda i colpi: «Perché violate i diritti di Bahai, donne e studenti?». La risposta è sprezzante: «Anche quelli del Council on Foreign Relations me lo hanno chiesto più volte». Come dire: è un complotto yankee.

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