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Fiamma Nirenstein ci parla della guerra antisemita contro l'Occidente

Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein". 
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)

Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine. 



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Corriere della Sera Rassegna Stampa
20.09.2006 Rapporti tra Chiesa e Islam: una storia con molte lacune
quella tracciata da Andrea Riccardi

Testata: Corriere della Sera
Data: 20 settembre 2006
Pagina: 8
Autore: Paolo Conti
Titolo: «Decalogo del Vaticano: morbidi»
Il CORRIERE della SERA del 20 settembre 2006 pubblica un articolo di Paolo Conti
basato su di un colloquio con lo storico Andrea Riccardi
"al lavoro da tempo su un saggio storico sui rapporti tra cristianesimo e islam".
L'attenzione del fondatore della Comunità Sant'Egidio sembra essersi concentrata su documenti relativi alla ridefinizione della strategia missionaria della Chiesa nel 1938.
E' banale osservare che quello esaminato da Riccardi non è un periodo storico qualsiasi, anche per ciò che riguarda il mondo islamico.
Nel quale particolarmente forti sono, all'epoca, coloro che perseguono e attuano l'alleanza con il nazionalsocialismo tedesco.
Di questo, e dei suoi riflessi sui rapporti con l'islam di una Chiesa cattolica che dal canto suo non era certo immune da tentazioni antisemite, nelle parole di Riccardi, e nelle domande dell'intervistatore, non c'è traccia.
Sperando che il libro colmi questa lacuna, non sarebbe male che anche il CORRIERE trovasse il modo di occuparsi di vicende molto poco conosciute dal grande pubblico, ma cruciali nella stroria del Medio Oriente.
Ecco il testo dell'articolo:
 
 Andrea Riccardi, fondatore della comunità di Sant'Egidio ma in questo caso storico contemporaneo e del cristianesimo, cerca con foga nel mare di documenti originali e fotocopie: «La vicenda è affascinante, dimostra la straordinaria preveggenza della chiesa cattolica. Pensiamoci un momento. Siamo nel 1938, l'islam è quasi tutto sotto dominazione coloniale, qualcuno potrebbe definirlo umiliato. Tranne l'Arabia wahabita, che è indipendente, il mondo islamico è sotto dominazione occidentale: Africa, Medio Oriente, Indonesia, India. Eppure...» Comincia da questo «eppure» il viaggio nelle carte di Riccardi, al lavoro da tempo su un saggio storico sui rapporti tra cristianesimo e islam: «Eppure la Chiesa di Pio XI avverte l'urgenza di interrogarsi sui rapporti col mondo musulmano per capire quale sia l'approccio migliore». Anticipiamo la deduzione, Riccardi: «L'unica possibile. Un accostamento rispettoso, nella reciproca conoscenza e nel reciproco rispetto. La parola "dialogo" non appare ma già c'è, nell'analisi di quegli anni, la sostanza».
Appunto in quegli anni, racconta Riccardi, sono evidenti alla Curia almeno due mancati successi in terra di missione. Primo. I francescani in Terra Santa dal Medio Evo: «Sono riusciti a nutrire spiritualmente il gregge dei già cristiani ma non a realizzare un'efficace attività missionaria». Secondo fallimento: la mancata propagazione del cristianesimo in Algeria dopo la conquista francese. «Ci fu l'esperimento dei Padri Bianchi fondati da quello straordinario uomo che fu Charles Lavigerie, cardinale arcivescovo di Algeri scomparso nel 1892. Erano vestiti con la gandura bianca (il camicione arabo, ndr) come i cittadini musulmani. Eppure nemmeno in Algeria, capisce la Curia, le missioni avanzano. I Padri Bianchi hanno da tempo scavalcato il deserto del Sahara per dedicarsi, lì con successo, alla conversione dell'Africa Nera». Di fatto, nel 1938, quando i pericoli sono rappresentati dal comunismo e dal nazismo, la Chiesa romana fotografa una nuova dura realtà: «Vescovi, sacerdoti, suore vedono con chiarezza, direi che percepiscono quasi fisicamente, la forza di un'identità musulmana che non cede e si nutre con la difesa della lingua locale e dell'islam».
Gli interrogativi sull'islam non sono una novità. Per fare due esempi, racconta Riccardi, nel 1935 appaiono saggi sulla rivista dei gesuiti «La Civiltà cattolica». Sono del 1936 le settimane sociali della Chiesa francese, convocate a Versailles, sul tema: «Lo scontro delle civiltà». E quelle viste in conflitto sono quelle comunista, nazista, induista, ebraica e musulmana.
Comunque nel 1938 il Vaticano decide di analizzare accuratamente il proprio lavoro missionario. Prima nasce una commissione temporanea, che discute sotto lo sguardo vigile di padre Albert Perbal, missionario Oblato di Maria Immacolata, nato nel 1927 e morto nel 1952, che ci lascia eloquenti appunti e testi di verbali (ne pubblichiamo uno qui a fianco) dopo le prime riunioni informali. Si tratta di vertici che dovranno «orientare» un lavoro futuro, ben più ufficiale. Attenzione: interessante come, nei suoi appunti, padre Perbal citi come esempio positivo di confronto con l'islam quel «monsignor Roncalli» attivo a Istanbul che usa la lingua locale «per le preghiere non liturgiche». Si tratta del futuro Giovanni XXIII.
La pre-commissione lavora di buona lena. Infatti un anno dopo arriva la vera e propria commissione di ricerche sull'islam. Due gli animatori principali, entrambi di straordinario livello intellettuale. Il cardinal Eugène Tisserant, francese, fine orientalista (si deve a lui un inventario dei manoscritti arabi del fondo Borgia negli archivi vaticani) e che in gioventù, alla caduta dell'Impero ottomano, fu inviato dalla Santa Sede ad acquistare antichi testi rari sui mercanti orientali per arricchire la biblioteca vaticana: in quel momento Tisserant è a capo della Congregazione Orientale della Curia.
Poi c'è Celso Costantini. Così lo descrive Riccardi: «In quel momento guida Propaganda Fide, cioè la testa e il cuore delle congregazioni missionarie sparse nel mondo. Era stato delegato apostolico in Cina gettando le basi per l'"adeguamento" del cattolicesimo alla cultura locale, sulle orme di padre Vincent Lebbe». Ovvero il famoso «apostolo della Cina» di sangue belga che morì dopo una vita di missioni cinesi nel 1940. Due intelligenze, insomma, che conoscevano bene altrettanti luoghi-chiave del mondo non europeo, islam e Cina. Guarda caso (altro che semplice lungimiranza) proprio gli attuali giganti dello scacchiere internazionale.
Nel 1939 partono addirittura, a cavallo tra la fine del pontificato di Pio XI e l'inizio di quello di Pio XII, una cinquantina di lettere-questionario ad altrettanti vescovi sparsi in terra d'islam: quali sono le vostre esperienze e i vostri problemi? Qual è, a vostro avviso, il miglior modo per procedere con le missioni? I messaggi raggiungono mezzo mondo: Bosnia, Africa del Nord e Africa centrale, Medio Oriente, Indonesia, Filippine. Uno strumento di analisi, per i tempi, assolutamente all'avanguardia. Avverte Riccardi: «La recente apertura degli archivi segreti fino al 1939, quando finisce il pontificato di Pio XI, ci aiuterà sicuramente a saperne di più ma non tutto. I documenti probabilmente più interessanti appartengono già al pontificato di Pio XII, quindi i materiali dell'Archivio segreto per ora non sono consultabili. Ma si può lavorare intanto sugli archivi delle congregazioni missionarie».
Infatti Riccardi è già in grado di anticipare ciò che poi argomenterà sul suo libro. Ovvero che i riscontri «sul campo» spingevano unanimemente verso una direzione: «L'approccio rispettoso, la disponibilità al confronto, non entrare "coi piedi nel piatto" imponendo lingua e mentalità occidentali. Un po' il vivere tra loro e come loro, pur mantenendo l'identità cristiana, secondo l'idea proposta da Charles de Foucault, fondatore dei Piccoli fratelli di Gesù. Non per niente beatificato da Benedetto XVI nel novembre 2005».

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