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La Stampa Rassegna Stampa
20.09.2006 "Arrestate Ahmadinejad !"
la ragionevole proposta del "New York Sun"

Testata: La Stampa
Data: 20 settembre 2006
Pagina: 7
Autore: Maurizio Molinari
Titolo: «La corsa a ostacoli del leader iraniano New york gioca con il nemoico in casa»

Da La STAMPA del 20 settembre 2006:

«Arrestate Mahmud Ahmdinejad». Il titolo del «New York Sun» ha dato il benvenuto a Manhattan al presidente iraniano assediato da proteste di piazza, polemiche al vetriolo e tensioni diplomatiche nella elegante suite dell'Intercontinental Hotel «The Barclay» sulla 48° Strada angolo Park Avenue ovvero ad appena un isolato di distanza dal Waldorf Astoria dove dimorano George W. Bush, la First Lady Laura e il Segretario di Stato Condoleezza Rice.
I guai per Ahmadinejad sono iniziati ancor prima di arrivare. Alla vigilia della partenza da Caracas, dove era andato in visita all'amico ed alleato Hugo Chavez, ha ricevuto dall'Onu la notizia che il numero di visti concessi alla delegazione iraniana dal Dipartimento di Stato era stato bruscamente ridotto a scapito di una dozzina di giornalisti al seguito e di tre diplomatici di primo piano: due vice ministri degli Esteri ed il consigliere Mojtabah Hashemi Samareh, appena reduce da una visita all'Eliseo. Con l'aereo di Ahmadinejad oramai dentro lo spazio aereo americano a Teheran non restava che protestare contro la «violazione delle norme di accoglienza delle delegazioni invitate all'Onu» ed il Dipartimento di Stato replicava con un frase che sembra uscita dal repertorio della Guerra Fredda: «Nessun visto è stato negato ma alcune richieste sono arrivate troppo tardi».
Una volta messo piede a terra nella notte fra lunedì e martedì, Ahmadinejad si è diretto verso Manhattan con una carovana di automobili protetta non solo da imponenti misure di sicurezza ma anche dalle tenebre per evitare rischi di incidenti in una città dove oggi si attendono decine di migliaia di manifestanti di fronte al Palazzo di Vetro per i due sit-in paralleli di protesta indetti dagli oppositori iraniani e dalle maggiori organizzazioni ebraiche degli Stati Uniti. Un mare di bandiere con la Stella di David e di drappi nazionali persiani privi dell'invocazione ad Allah accoglierà Ahmadinejad, che già ieri sera ha avuto un primo assaggio di questa atmosfera quando è entrato nel Palazzo di Vetro per intervenire di fronte all'Assemblea Generale. La suite dell'Intercontinental Hotel che lo ospita assomiglia ad un fortino circondato. E non solo per poliziotti in divisa e furgoncini con i verti anneriti dei servizi di sicurezza ma per una serie infinita di attriti relativi all'agenda degli incontri.
Il Dipartimento di Stato aveva messo in chiaro che mai e poi mai Ahmadinejad si sarebbe potuto trovare nello stesso luogo di Bush e gli uomini del cerimoniale del Palazzo di Vetro hanno tirato un sospiro di sollievo quando Ahmadinejad ha fatto sapere che avrebbe disertato non solo l'apertura dei lavori dell'Assemblea Generale ma anche, sollevando l'impossibilità di attendere un evento pubblico dove viene servito il vino a tavola, il successivo pranzo fra i capi di Stato e di governo. Ogni attimo della permanenza del leader iraniano a New York è oggetto di trattative tanto con il Dipartimento di Stato che con la città di New York, il cui sindaco Michael Bloomberg si è rifiutato di concedergli il trattamento da vip che in genere ricevono i capi di Stato in visita, escludendo ad esempio ricevimenti o eventi in suo onore.
In tale cornice uno degli appuntamenti più controversi si svolge questa mattina nella suite presidenziale, dove il presidente del Council on Foreign Relations, Richard Haass, arriva con una ristretta delegazione al seguito dopo aver respinto le pressioni di senatori repubblicani affinché l'incontro fosse annullato. Nel tentativo di trovare interlocutori Ahmadinejad ha provato anche ad invitare sei importanti leader delle comunità ebraiche, ricevendo però un netto rifiuto sulla base delle motivazioni espresse dall'editoriale del «New York Sun» in cui si suggerisce al Dipartimento di Polizia di arrestare «prima un leader terrorista che non si trova a Tora Bora ma in un hotel di Manhattan» perché oltre ad essere un ospite scomodo per inseguire l'atomica, voler cancellare Israele e negare l'Olocausto, è anche un nemico dell'America: «Vi sono prove legali in abbondanza per considerare Ahmadnejad un sospetto di reato, dozzine di sentenze americane hanno riconosciuto l'Iran perseguibile per l'assassinio di cittadini di New York da parte di gruppi terroristi che finanzia; gli Hezbollah sono l'organizzazione che ha ucciso più americani dopo Al Qaeda ed un tribunale della Virginia ha attestato che i kamikaze delle Khobar Towers, in Arabia Saudita, vennero dall'Iran».

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