Hamas ribadisce la sua intransigenza il governo di unità nazionale palestinese è un fallimento
Testata: Il Foglio Data: 19 settembre 2006 Pagina: 3 Autore: la redazione Titolo: «Abu Mazen smentisce Hamas e va all’Onu a cercare aiuti»
Dal FOGLIO del 19 settembre 2006:
Gaza. A Gaza c’è attesa per l’incontro di domani tra il presidente americano, George W. Bush, e il presidente dell’Anp, Abu Mazen. La visita del rais palestinese a New York, in occasione della sessione dell’Assemblea generale dell’Onu, si è aperta ieri con l’incontro con il ministro degli Esteri israeliano, Tzipi Livni. Secondo le attese, il presidente dell’Anp avrebbe dovuto annunciare che tutto il nuovo governo d’unità nazionale, cui lavora con Hamas da giorni, avrebbe accettato gli accordi precedenti con Israele. Poi il rais, domenica, ha congelato i negoziati. Colpa di problemi interni alla leadership di Hamas, avrebbe detto. E’ intervenuto il premier del movimento per la resistenza islamica, Ismail Haniye, a confondere le speranze internazionali. Il suo gruppo non accetterà nessun previo accordo, ha detto. E’ difficile, per Abu Mazen, con questa dichiarazione ancora fresca, presentare a New York un governo d’unità nazionale diviso sul riconoscimento delle richieste internazionali, spiega al Foglio il capo della sezione giovanile di Fatah a Gaza, Abdel Hakim Awad, il quale ritiene che Hamas abbia calcolato tutto per far naufragare gli sforzi del rais. Per questo Abu Mazen ha subito smentito il premier. Gli “accordi” cui Haniye si riferisce sono le intese siglate con Israele da Anp e Organizzazione per la liberazione della Palestina e l’iniziativa di Beirut del 2002 (il riconoscimento d’Israele da parte dei paesi arabi in cambio del ritiro sui confini del 1967). Hamas non ha mai detto di voler accettare le tre condizioni del Quartetto (Stati Uniti, Nazioni Unite, Unione europea, Russia): rinuncia al terrorismo, accettazione dei trattati, riconoscimento d’Israele. C’è chi, a Gaza, pensa che l’annuncio del congelamento dei negoziati sul governo sia una tattica del rais. “Gli Stati Uniti non approvano un nuovo esecutivo – dice al Foglio Ahmed al Farra, direttore dell’ufficio di Mohammed Dahlan, ex capo della Sicurezza a Gaza – il rais ha preferito prima incontrare Bush”. Farra dice che Hamas sta confondendo il pubblico internazionale, con l’obiettivo di mantenere la propria impronta nel governo. Per Alaa Yaghi, deputato di Fatah: “Hamas non è mai stato serio sull’esecutivo, enfatizza l’accordo ma cerca di aggirarlo”. Tuttavia, è ottimista: “E’ già qualcosa quello che abbiamo ottenuto. Per una soluzione e negoziati ci vuole altro, ma dobbiamo attendere una seconda fase e dare il tempo a Hamas di adattarsi alla realtà”. Per Yaghi, la realtà è quella dei problemi quotidiani della Cisgiordania e di Gaza: la sicurezza nel caos, l’anarchia crescente, l’economia bloccata. L’ultima vittima – Jad Taiyeh, capo delle Relazioni con l’estero dell’intelligence – è stata ucciso in mezzo alla strada, a Gaza. La rivendicazione di al Qaida, ieri, ha convinto pochi nella Striscia, soprattutto per le modalità: un’e-mail ai giornalisti. Nella città di Gaza, un negozio su tre è chiuso. I salari pubblici non arrivano. Ieri, il Parlamento è stato assaltato dai manifestanti, l’automobile di Haniye presa a calci. Le forze di Hamas hanno sparato in aria per disperdere la folla. Yaghi spiega al Foglio che il movimento è costretto ad accantonare “l’ideologia rivoluzionaria” per fare spazio alla risoluzione dei problemi pratici per non perdere consensi. A Bush, Abu Mazen chiederà di fare pressioni sugli israeliani per riaprire i negoziati. “Il rais è sotto pressione internazionale. Questo lo rende più forte”, dice al Farra. “I palestinesi lo cercano – spiega Yeghi – sanno che conosce bene la politica” e può fare un buon lavoro, anche se è debole internamente, “perché non trova una soluzione al problema della sicurezza”.
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