LA REPUBBLICA di oggi, 17/09/2006, pubblica a pag.4 una intervista con Amos Luzzato, ex presidente delle comunità ebraiche italiane. Ci sembra scorretto far conoscere l'opinione di Luzzato come se ancora rappresentasse gli ebrei italiani, quando oggi il presidente non è più lui. C'è un "ex" prima di presidente, d'accordo, ma l'attenzione del lettore è diretta al personaggio e alle posizioni che esprime, confondere le sue con quelle di "tutti" gli ebrei è il risultato, come accadeva quando Repubblica o l'Unità intervistavano Tullia Zevi. Posizioni sconfitte all'ultimo congresso dell'UCEI. Perchè non intervistare il presidente in carica ?
Ecco l'intervista:
ROMA - Le scuse non bastano: occorre che Benedetto XVI spieghi perché ha scelto la citazione di Manuele II Paleologo e che faccia al più presto un gesto di apertura verso l´Islam. Amos Luzzatto, ex presidente dell´Unione delle comunità ebraiche italiane, da sempre impegnato nel dialogo interreligioso, ha accolto con amarezza e preoccupazione le parole del Papa.
Luzzatto, che pensa del discorso del Papa?
«Sono molto preoccupato. Mi pare che si rischia di portare su un piano ideologico-teologico una conflittualità che già esiste sul piano politico. Ma se qualunque tipo di conflittualità politica, anche la più grave, riserva sempre una possibilità di compromesso, quando si passa a un confronto di carattere ideologico o teologico le possibilità di soluzione diventano esilissime».
Benedetto XVI ieri si è scusato: questo non basta a scongiurare il pericolo che lei evoca?
«Se il Papa non è stato ben compreso, dobbiamo allora capire cosa volesse dire davvero. Non basta dire ‘mi hanno frainteso´: se uno oggi cita un imperatore bizantino che ha detto delle parole molto pesanti nei confronti dell´Islam si deve aspettare un certo tipo di reazione. Perché scegliere proprio quella fonte?».
Ma scegliere una citazione non significa per forza sposare il pensiero di chi si cita...
«Se nel fare una citazione io scelgo una persona o un´altra, un capitolo o un altro della Bibbia, il senso è diverso: ogni scelta ha un significato preciso. In questa fase di pericolosa deriva di generalizzazione del conflitto fra le religioni, noi dobbiamo riportare il discorso sul piano politico: è la politica che mette a confronto paesi e popoli diversi, non la teologia. Se ci lasciamo andare alla deriva teologica con citazioni che sappiamo in partenza, con questa tensione, genereranno reazioni emotive gravissime, facciamo un passo falso, che irrita anche gli esponenti più moderati della cultura musulmana».
Che dovrebbe fare Benedetto XVI per gettare acqua sul fuoco?
«Non voglio intromettermi nelle questioni interne della Chiesa, ma se dovessi risponderle credo che il Papa dovrebbe fare un discorso di taglio opposto a quello che ha fatto. Non so cosa possa fare, ma dire semplicemente ‘non mi hanno capito´ è troppo poco».
Le parole del Papa in Germania arrivano a distanza di pochi mesi da quelle pronunciate ad Auschwitz. Lì Benedetto XVI sembrò sollevare il popolo tedesco dalla responsabilità dell´Olocausto per gettarla sulle spalle di una minoranza nazista. Allora a chiedere rettifiche furono gli ebrei: crede che questi due episodi segnino un allontanamento dalla via del dialogo interreligioso tracciata da Giovanni Paolo II?
«Non voglio tracciare paralleli, ma certo la situazione è preoccupante. Questo percorso non mi convince, non mi sento di condividerlo. Siamo sull´orlo di un precipizio e dovremmo cercare di allontanarcene. Per farlo, tutto ci voleva tranne che questo».
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