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La Stampa Rassegna Stampa
17.09.2006 Farian Sabahi, musulmana moderata ?
col cavolo, dietro la facciata c'è il fanatismo islamista

Testata: La Stampa
Data: 17 settembre 2006
Pagina: 2
Autore: Farian Sabahi
Titolo: «Non si può offendere così il profeta»

Su quanto viene pubblicato dal quotidiano torinese non ci stupiamo più da tempo. Ci limitiamo quindi a segnalare dalla STAMPA l'articolo di Farian Sabahi, l' "esperta" di cose musulmane, degna rampolla dei vari Igorman che su quelle pagine fanno il bello e i cattivo tempo. Collaboratrice anche del SOLE 24ORE, la sua famiglia possiede il più lussuoso negozio di tappeti persiani di Torino. Non vogliamo essere maliziosi, ma il commercio con Teheran (money makes the world go around...) può aiutare a capire come la signora Farian sia così attenta e ligia nel non urtare mai, diciamo mai, la suscettibilità del potere iraniano. Ritenedosi, lei, una moderata e una pragmatica, si era lasciata sfuggire, in un articolo sulla Stampa la seguente opinione, moderata e pragmatica:  se Israele non è stato possibile eliminarlo, allora accettiamone l'esistenza. Non male, come ragionamento. L'articolo di oggi sulla STAMPA si legge in fretta, e lascia il tempo per inviare e-mail di protesta al quotidiano diretto da Giulio Anselmi.

Ecco il pezzo:

LA rabbia dei musulmani è legata all’orgoglio della umma, la comunità dei credenti, offesa dalla frase «mostratemi ciò che di nuovo ha portato Maometto e troverete solo cose malvagie e disumane» pronunciata dall’imperatore bizantino Manuele II nel 14° secolo e citata dal Papa nella conferenza di Ratisbona. Per i musulmani la Rivelazione dell’Islam nel VII secolo dell’era volgare rappresenta un cambiamento positivo rispetto alla Jahiliyya, l’era dell’ignoranza e del politeismo in cui era sprofondata la Penisola araba.
I musulmani considerano Maometto un innovatore rispetto al passato, un uomo che attraverso la Rivelazione impose la correttezza nei costumi sociali e negli scambi commerciali, per esempio vietando l’usura. Anche nei confronti della donna, l’Islam è considerato innovativo: già nel VII secolo le musulmane ottennero il diritto all’eredità e l’infanticidio, a quell’epoca diffuso, fu punito come reato.
Oggi, indubbiamente, sono ancora molte le misure da intraprendere prima di poter parlare di effettiva uguaglianza tra i sessi nel mondo islamico. Ma non sempre le musulmane si sentono da meno, in fatto di diritti, rispetto alle europee. Recentemente a Istanbul l’avvocatessa Julia Gulbahar mi ha chiesto provocatoriamente come osavo intervistarla sui diritti delle donne, io che abito in Italia, «dove il divorzio e l’aborto sono conquiste recenti e dove il Papa ancora oggi vieta l’uso di anticoncezionali». I soprusi nei confronti delle donne in Paesi come il Pakistan? «Sono motivati dai costumi tribali, se a essere applicati fossero i principi islamici le donne sarebbero tutelate maggiormente».
Perché ad arrabbiarsi per le dichiarazioni di papa Ratzinger sono anche i moderati, e non soltanto i fanatici? I motivi sono tanti. Innanzi tutto, numerosi intellettuali e moderati hanno fatto notare come il Santo Padre non abbia preso le distanze dalla citazione di Manuele II, come sarebbe stato invece opportuno: se ha ricordato una frase pronunciata alla fine del XIV secolo, deve averla ritenuta importante all’interno del suo discorso. E ancora, i musulmani sono irritati da questo continuo storpiare la parola jihad: guerra santa? La jihad è innanzi tutto «lo sforzo individuale per migliorarsi».
Ma forse il motivo principale della rabbia scatenata dalle affermazioni del Papa tedesco è anche un altro. La lectio magistralis di Ratisbona è la goccia che fa traboccare il vaso, dopo le crociate medievali e il colonialismo europeo. In tempi più recenti, secondo i musulmani, il Vaticano avrebbe «svenduto Gerusalemme ai sionisti». E ancora, il Papa non avrebbe preso la parola per difendere, anche solo verbalmente, le popolazioni islamiche e condannare così i tanti dittatori della regione, come ci si aspetterebbe da un’autorità religiosa di prestigio internazionale. Infine, non infliggendo una scomunica agli Stati Uniti, il Papa avrebbe permesso agli americani (e ai loro alleati israeliani) di ridurre in macerie il Medio Oriente. Prima l’Iraq e, quest’estate, il Libano. Poco importa se in un caso il Santo Padre si chiamava Giovanni Paolo II e ora Benedetto XVI.


lettere@lastampa.it

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