Il leader dei musulmani moderati d'Italia commemora l'unica scrittrice italiana che abbia tenuto testa al fanatismo
Oriana Fallaci: in memoriam
di Shaykh Abdul Hadi Palazzi
Dunque Oriana Fallaci ci ha lasciati; non negli Stati Uniti, dove aveva vissuto negli ultimi anni, ma in Italia, in quella Toscana che ha a più riprese dichiarato di amare, nel Belpaese che ha ripetutamente ammonito circa il dilagare del fondamentalismo islamico, un pericolo di fronte al quale la stragrande maggioranza dei governanti europei ha alzato bandiera bianca. Chi – come noi – si è sempre rifiutato di valutare l’opera della Fallaci secondo i parametri del politically correct, chi ne ha posto in risalto gli aspetti positivi ed al contempo ne ha segnalato i limiti ed i possibili rischi, oggi non può esimersi dal tributarle l’estremo saluto.
Di fronte a quell’Europa pavida, imbelle, ormai supina di fronte alle sempre crescenti pretese degli integralisti insediatisi in casa nostra, Oriana ha lanciato – alto e forte – un grido di denuncia e di allarme, mostrando altresì come la colpevole passività di fronte all’avanzata del fondamentalismo si associasse spesso ad un dilagare strisciante dell’odio antiebraico. Il suo articolo “L’antisemitismo” – a suo tempo pubblicato su “Panorama” – resterà una pietra miliare nella storia del giornalismo, un testo adamantino che da voce a quella maggioranza di Italiani che sono solidali con Israele e col dramma del popolo ebraico, costantemente minacciato dal terrorismo sostenuto dai dittatori del mondo arabo.
Va comunque detto che – nonostante i suoi intenti programmatici, - nonostante il suo richiamarsi alla “forza della ragione”, la Fallaci è finita per contrapporre all’integralismo di matrice islamica un progetto neo-integralista di segno cattolico, basato non sulla riscoperta della laicità e della aconfessionalità degli Stati come valori fondanti della democrazia, ma su una presunta riattualizzazione di quelle “radici cristiane” che l’Occidente democratico ha dovuto trascendere e relativizzare per diventare quello che è oggi. Oltre a ciò, Oriana ha spesso grossolanamente confuso l’integralismo islamico con l’Islam tout court, e per questa stessa ragione – come le hanno ricordato l’amico Magdi Allam e un filosofo del calibro di Bernard-Henri Lévy –ha ignorato le ragioni de “l’altro Islam”, non ha considerato che i musulmani moderati sono essi stessi, nei loro paesi d’origine, le principali vittime del fondamentalismo, e quindi non ha riconosciuto il contributo che gli stessi musulmani moderati possono dare alla lotta contro l’integralismo e il terrorismo. La “guerra contro il terrorismo” ha rischiato così di diventare non una guerra fra l’umanità civile (inclusi i musulmani moderati) e la barbarie terroristica, ma una nuova guerra di religione fra Islam e Occidente cristiano. Da questo punto di vista – spiace dirlo – ma la Fallaci ragionava in modo non molto dissimile proprio da quei terroristi che tanto veementemente condannava. Ciononostante, seppure le soluzione da lei proposte possano apparire manchevoli e forse anche controproducenti per l’Occidente stesso, resta il fatto che Oriana ha avuto l’indubbio merito di lanciare un grido d’allarme nel denunciare un pericolo ben noto all’opinione pubblica europea, ma spesso minimizzato dalla classe politica e dai media. Abbiamo dunque tutte le ragione per dirle: “Riposa in pace, Oriana!”.