Sempre sul CORRIERE DELLA SERA di oggi, 17/09/2006, e sempre in prima pagina, oltre a Galli Della Loggia (su IC di oggi), un articolo di André Gluksmann in difesa di Bush.
Ecco l'articolo:
Un numero crescente di americani (79% contro 72% un anno fa) e di europei (66% contro 58% ) considerano il terrorismo internazionaleL'ingenuo idillio di una «fine della storia» senza grandi minacce non è più d'attualità.
Di fronte a un mutamento così radicale dell'opinione pubblica, i politici sono smarriti. Lo stesso sondaggio mostra gli europei sempre più diffidenti verso gli Stati Uniti, tuttavia l'ideologia pacifista non unifica il vecchio continente: per quanto riguarda l'Iran, il 54% di americani, ma soprattutto il 53% di francesi optano in favore di un intervento armato, se la diplomazia non riuscisse a trattenere Teheran. La vita quotidiana emana un'ambiguità simile. L'inquietudine è generale, ma dopo una leggera titubanza l'economia si è ripresa come nulla fosse. Ognuno, nella propria vita privata e familiare, riconosce che il pericolo aumenta, ma spera di essere risparmiato.
I l malessere è universale. La commemorazione mediatica del quinto anniversario dell'attacco su New York e Washington si è trasformata spesso in sedute di esorcismo, con il Presidente americano nelle vesti di perfetto capro espiatorio. Se gli attentati e le minacce si accumulano, è colpa sua. Se i terrorismi reclutano qui come agli antipodi assassini senza scrupoli, è da imputare al suo deplorevole bilancio. E' lui lo sponsor della guerra in Libano, il promotore del conflitto israelo-palestinese, e quando Putin incendia il Caucaso o ricatta, grazie al gas, gli ucraini e i georgiani, dovete credere che il Cremlino non fa che replicare alle «provocazioni» di Washington. Avete afferrato bene? I tremila martiri dell'11 settembre sono stati immolati dall' «arroganza» americana; cinque anni dopo la vittima è diventata carnefice.
Una volta, per scongiurare la malasorte e uccidere a distanza gli spiriti maligni, si trafiggeva con gli aghi una bambola. Al giorno d'oggi, si inveisce contro il presunto padrone del mondo rimproverandogli di utilizzare in maniera assurda la sua «iperpotenza». E' lui la causa di tutti i nostri mali. La sua scomparsa ristabilirebbe la concordia universale. Cinque anni fa, l'opinione pubblica s'interrogava sul mastermind
del più grande attentato terroristico della storia. In compenso, l'11 settembre 2006 non ha occhi che per l'abominevole Bush, la folle America relega nel dimenticatoio i sanguinari istigatori del massacro. A tal punto che quei tristi figuri hanno tentato disperatamente di riportare l'attenzione su se stessi segnalando attraverso una videocassetta di esistere ancora! Fatica sprecata, perché le anime belle concludono che Washington, con i suoi oscuri disegni, li mantiene in apnea.
S iamo seri. Quali che siano i suoi tentennamenti e i suoi errori, Bush non ha inventato l'estensione planetaria di un terrorismo che esisteva ben prima di lui e che durerà, chiunque sarà il suo successore.
Alla caduta dell'impero sovietico, la guerra fredda è finita, ma i guerrieri sono rimasti. E si sono emancipati, sviluppando ai quattro angoli del planisfero il regno del coltello, del machete e del kalashnikov. Tutto questo non era affatto appannaggio dei soli integralisti islamici. Quando, in Algeria, il Gruppo Islamico Armato (Gia) prendeva di mira gli intellettuali e le donne e poi massacrava in massa i contadini, in Europa il terrorismo della purificazione etnica (vedi Milosevic) si opponeva alla via democratica (vedi Vaclav Havel). I tagliatori di braccia e di teste di Liberia e Sierra Leone si sono dati alla pazza gioia quando al genocidio di un milione di tutsi fece seguito una peste bruna in Congo, dove furono ancora più numerosi i civili che morirono. Le guerre e i massacri di Saddam Hussein, le facezie sanguinarie del khomeinismo, le carneficine del Timor, le atrocità delle Tigri tamil, le macerie di Grozny e le ecatombe nel Darfur fanno a gara nel mostrare quanto la fine dei blocchi abbia liberato le democrazie, ma anche le pulsioni che portano all'omicidio e al genocidio. Con la benedizione di diverse ideologie religiose, nazionaliste e razziste.
S oldati regolari o irregolari, in civile o in uniforme, in tee-shirt , in kamis o in abito scuro, i guerrieri fanatici del dopo guerra fredda sono smaniosi di ottenere un posto al sole, conquistando con la violenza alloggi, prebende, donne, galloni o potere assoluto. Poco importa la loro bandiera, se appena essa legittima la facoltà di assassinare senza impedimenti. In certi mesi, la quantità di vittime musulmane del terrorismo iracheno supera il numero totale dei soldati americani caduti dopo l'offensiva su Bagdad! Non si tratta di un nuovo Vietnam, ma di una nuova "Chicago", versione etno-teologica di una guerra di gang e mafie che si attribuiscono territori a colpi di purificazione etnica. La caduta del comunismo ha permesso a Milosevic di perpetrare i suoi crimini contro l'umanità, a Putin di schiacciare la Cecenia: non è una ragione per deplorare il crollo dei regimi europei totalitari, plurimilionari in omicidi. Con la caduta di Saddam, milionario in vittime civili, sono sbocciate milizie religiose sanguinarie: dovrebbe essere una ragione per aiutare la coalizione americana impantanata in Iraq, da dove del resto nessuna persona sensata desidera precipitarne la partenza.
U na volta evacuato il fantasma di un'America onnipotente e di un Bush satanico, cosa pensare? Bisogna tornare al principio di realtà, guardare il mondo come è, fragile, caotico, popolato d'individui e di popoli prigionieri di un drammatico periodo intermedio. Non possono più richiamarsi alle norme millenarie che i loro avi rispettavano ad occhi chiusi; la violenza dei secoli moderni ha finito di sradicare i punti di riferimento tradizionali. Né possono integrarsi come noi in Stati di diritto che da loro non esistono (non ancora, dicono gli ottimisti). In questo intermezzo, terroristi d'ogni genere proclamano: «Noi vinceremo poiché voi amate la vita, mentre noi non temiamo la morte». Chi vincerà? I molteplici combattenti nichilisti che coltivano l'omicidio e il suicidio? O una maggioranza di persone oneste che hanno l'intenzione, nelle bidonville come nei quartieri chic, di esistere civilmente? Accettare o non accettare la legge delle bombe umane? Sarà questa, temo, per il "figlio del secolo", la grande questione, quella della libertà e della sopravvivenza.
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