Khamenei promette la fine delle violenze in Iraq una mezza confessione ?
Testata: Avvenire Data: 14 settembre 2006 Pagina: 0 Autore: Loretta Bricchi Lee Titolo: «Orrore in Iraq: 65 cadaveri di seviziati»
Da AVVENIRE del 14 settembre 2006. Segnaliamo la parte finale dell'articolo: le dichiarazioni di Khamenei rivelano chiaramente la responsabilità iraniana nella destabilizzazione dell'Iraq. Khamenei, per essere in condizione di promettere la fine del terrore, deve esercitare un controllo politico su parte dei terroristi. La sua richiesta (il ritiro americano) e la sua promessa (aiuti economici) rivelano anche quale sia lo scopo almeno di alcune delle violenze in Iraq: portare il paese nell'orbita dell'influenza iraniana. Ecco il testo:
Gli americani insistono, affermando che c’è più sicurezza. Ma l’orrore non si ferma: a testimoniarlo i 65 cadaveri, orrendamente mutilati dalle torture, fatti trovare ieri nella zona di Baghdad. Così succede che mentre da un lato i rapporti filtrano, aprendo scenari drammatici sul controllo del territorio da parte dei marines, il generale Richard Zilmer, presenta invece un quadro «incoraggiante», assicurando che la provincia di al-Anbar non è «persa», smentendo pertanto l’interpretazione che solo due giorni fa la stampa americana aveva dato di un rapporto interno dei marines. «Non è stata colta l’interezza e la complessità della situazione nella provincia», ha spiegato il militare asserendo che il territorio occidentale iracheno non solo non è in mano alle milizie ribelli, ma mostrerebbe «progressi politici e economici». La realtà, però, sembra differire sostanzialmente. Ieri, dopo che il bilancio delle vittime americane in Iraq e in Afghanistan ha superato la soglia di tremila, altri due militari Usa hanno perso la vita per mano nemica e vari episodi di violenza hanno trasformato la giornata in una delle peggiori delle ultime settimane. Un’autobomba fatta detonare in una piazza nei pressi del dipartimento della polizia stradale di Baghdad ha causato la morte di 19 persone – tra cui due poliziotti – e il ferimento di oltre 62 individui, mentre una seconda autobomba esplosa al passaggio di una pattuglia irachena ha ucciso 8 persone, tra cui tre poliziotti, e ne ha ferite diciassette. Colpi di mortaio diretti su due stazioni di polizia di Baghdad hanno inoltre ucciso altri tre agenti iracheni e feriti almeno cinque. L’elenco delle vittime di ieri, però non si è fermato a trenta. Durante la notte di martedì, infatti, nella capitale, la polizia ha scoperto 65 cadaveri di uomini che portavano chiari segni di tortura. Almeno 45 corpi erano stati abbandonati in quartieri a predominanza sunnita, mentre 15 in aree sciite, confermando quindi l’ipotesi che si trattasse di vittime della guerra tra fazioni che infiamma il Paese. Nonostante il tentativo delle autorità americane di sminuire la gravità della situazione, il numero dei cadaveri esaminati dall’obitorio di Baghdad ha raggiunto ad agosto quota 1500: uno dei livelli più elevati degli ultimi mesi, dopo il record di 1850 vittime di luglio. Secondo i dati raccolti dal ministero della Sanità irachena, il 90% dei morti portava segni di arma da fuoco e il rimanente 10% sarebbe perito per torture o per decapitazione. La soluzione per mettere fine alla violenza in Iraq sarebbe però a portata di mano, almeno secondo l’ayatollah Ali Khamenei.La massima autorità iraniana avrebbe infatti spiegato al primo ministro iracheno Nouri al-Maliki che, perché la situazione migliori, le forze americane devono lasciare il Paese. «Consideriamo nostro dovere offrire sostegno materiale al popolo dell’Iraq», ha dichiarato Khamenei durante la visita del premier alla repubblica islamica, auspicando che «le mani degli stranieri vengano presto tagliate, così che la ricchezza del Paese torni nelle mani del popolo».
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