Nasrallah al servizio dell'Iran un reportage di Francesco Ruggeri
Testata: Libero Data: 14 settembre 2006 Pagina: 15 Autore: Francesco Ruggeri Titolo: «"Nasrallah servo dell'Iran". Hezbollah divisa»
Da LIBERO del 14 settembre 2006:
BAALBEK «Hezbollah non sta combattendo la battaglia di Hezbollah o quella del Libano. Stiamo combattendo la battaglia della nazione islamica, che ci piaccia o meno, e che ai libanesi piaccia o meno. Quando cominciammo la resistenza nel 1982 pensavamo solo ai nostri confini, oggi la resistenza libanese sta combattendo la battaglia dell'intera nazione islamica». Parola di Hassan Nasrallah dalla sua viva voce, il 16 luglio del 2006. Appena tre giorni dopo l'inizio delle ostilità con Israele. «Ecco la prova! Il loro piano segreto!», s'infervora il nostro interlocutore mentre manda e rimanda sul suo computer con Media Player alcuni passaggi filmati del discorso pronunciato sulla tv Al Manar dal leader del Partito di Dio, rivolto alla "base" nelle ore più dure dello scontro. L'interprete neutrale che abbiamo ingaggiato per l'occasione ci conferma che la traduzione è fedele. Al pari del video, accessibile a chiunque voglia verificarlo all'indirizzointernet www.memritv.org/sear ch.asp?ACT=S9&T1=1194. Si tratta in effetti della prova che i miliziani sciiti mentono al popolo libanese quando sostengono di combattere il nemico sionista unicamente per preservare l'unità territoriale del Libano, come farebbero i membri di una vera resistenza nazionale. LO SCEICCO RIBELLE Quale l'autore che ci ha segnalato il documento ritiene invece di essere, in quanto simpatizzante di un gruppo carbonaro di cui nessuno in Occidente sospetta l'esistenza. Ovvero i dissidenti libanesi di Hezbollah, seguaci dell'ex segretario generale dell'organizzazione, lo sceicco Sobhi Tufeili, cacciato dal partito nel 1998 proprio per averne ostacolato la sudditanza al volere degli ayatollah iraniani. In sostanza Nasrallah, dovendo parlare al proprio uditorio nei giorni più sanguinosi dello scontro, si sarebbe tradito, svelando finalmente i reali obiettivi del suo movimento: annettere il Libano a una nascente entità sopranazionale sciita in medio Oriente, guidata dal regime di Teheran. Come? Attraverso un successo elettorale, o la formazione di un governo unitario d'emergenza. Capitalizzando in termini propagandistici la "vittoria divina" ottenuta contro Israele. L'appuntamento è in quel di Zahlè, centro montagnoso a metà strada fra Beirut e la valle della Bekaa. Il nostro contatto, Abu Ahmad, vive nella città di Baalbek, quasi al confine orientale con la Siria. Principale location dei mille inconfessabili traffici, di armi e shaheed, tra il regime di Damasco e il partito di Allah. Ma per l'incontro ha preferito un luogo più discreto, per non dare troppo nell'occhio a eventuali spie. Particolarmente scatenate in seguito alla scoperta di una rete di collaborazionisti che vendeva a Tel Aviv le coordinate dei miliziani. Nel Libano di oggi gli oppositori del "leader supremo" sono costretti a non pubblicizzare troppo la loro simpatia per un gruppo che si permette di criticare la politica dei "resistenti". Il rischio di venire ostracizzati, o peggio, è alto soprattutto per familiari e amici. Comprensibile dunque la sua richiesta di non scattare fotografie, e di tutelarne la privacy pubblicando un fittizio nom de guerre. La sua storia è simile a quella di molti altri sciiti libanesi, che all'inizio degli anni '80 credettero nel sogno di un genuino partito per l'indipendenza del Libano da tutele esterne, fossero l'invasore israeliano quanto i padrini siriani e iraniani. Il nome della formazione era Hezbollah, e il suo primo slogan, «Il Libano ai libanesi». Mentre all'establishment governativo, dopo la fine della guerra civile negli anni '90, non chiedeva che di impiegare le già modeste risorse, invece che in un escalation militarista filo-iraniana nel meridione, in investimenti sociali per la parte più povera del paese, appunto quella a Est. Con la creazione di scuole gratuite, ospedali e grandi progetti di sviluppo. Incoraggiando addirittura i cittadini di quell'area a non pagare più le loro bollette allo stato, finché il governo non avesse cambiato rotta. A guidare la rivolta, sfociata in uno sciopero della fame, lo sceicco Tufeili, in qualità di primo segretario del Partito tra 1987 e 1989. Al quale si oppose ben presto il rivale Nasrallah, quando Iran e Siria decisero di farne il proprio viceré nel Paese dei cedri. Con un colpo di mano Tufeili fu estromesso dal movimento. E a nulla valsero i suoi ricorsi giuridici a un tribunale di clerici della Ummah. Il motivo della cacciata si capisce un po' meglio leggendo il resto della trascrizione del discorso di Nasrallah, in cui l'attuale capo di Hezbollah spiega il senso della sua lotta: «Oggi la nazione araba e islamica sta fronteggiando un'opportunità storica, quella di unirsi per scongiurare il piano di disintegrazione dei popoli della regione sostenuto dall'America. Come già nel 2000 in Libano noi proponiamo il modello di come una resistenza possa prevalere su un esercito di occupazione». Quindi si rivolge direttamente alle opinioni pubbliche islamiche, domandando «Dove siete, o genti islamiche e arabe? Cosa decidete di fare? È ormai chiaro che i governi arabi sono del tutto incapaci». IL SOLITO CALIFFATO E ancora, in un analogo discorso del 24 luglio su Al-Jazeera, «Oggi solo noi sciiti combattiamo per i palestinesi che sono sunniti: ecco cosa intendo per battaglia della nazione islamica». Il messaggio è chiarissimo, e giusto in questi giorni gli agitprop di Hezbollah lo vanno diffondendo nell'elettorato libanese dai banchetti improvvisati in ogni angolo di città e villaggi. Lo scettro del panarabismo è passato dai sunniti agli sciiti, ovvero all'Iran. Il primo passo per costruire una nazione arabo-musulmana globale consiste dunque nel realizzare un continuum politico-confessionale sciita, che vada dal Libano a Teheran, con in mezzo l'Iraq di Al Sadr e Al Sistani, e le minoranze rampanti (sempre sciite) in Siria, Arabia, Yemen e Bahrein. Una strategia di cui anche gli ayatollah parlano ormai apertamente, se il quotidiano ufficiale dei "seminari" della città sacra di Qom, Jomhour, si azzarda a scrivere che «la repubblica iraniana è oggi il pilastro centrale del mondo islamico e la sua leadership ha il ruolo fondamentale nel guidare la nazione islamica». L'agognata presa del potere in Libano grazie agli Hezbollah è solo la prima tappa. Con buona pace dei nostalgici di Tufeili.
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