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Il Manifesto Rassegna Stampa
13.09.2006 Ancora disinformazione sulla guerra di Israele contro Hezbollah
sul quotidiano comunista

Testata: Il Manifesto
Data: 13 settembre 2006
Pagina: 4
Autore: Annalena di giovanni
Titolo: «Gettate sul Libano un milione di mine»
Le cluster bomb non sono mine, cioè non sono concepite per essere posate ineplose, anche se quelle che di fatto non esplodono costituiscono un pericolo.
Israele non
bombarda i civili, ma i terroristi che tra i civili si nascondono.
Per questo è scorretto l'articolo di Annalena Di giovanni Gettate sul Libano
un milione di mine, pubblicato dal MANIFESTO del 13 settembre 2006, giocato su una sistematica e deliberata confusione tra armi e condotte di guerra non assimilabili, nè sul piano dei fatti nè su quello morale.
Ecco il testo:


«Abbiamo coperto interi villaggi di cluster bomb». Per l'esattezza 1.800 munizioni, riempite ciascuna di centinaia di sub-munizioni delle quali soltanto il 15% difettose. In tutto, più un milione e duecentomila «bombette» scaricate sui villaggi del Sud del Libano. Calcolando una percentuale di deflagrazione all'impatto del 40%, rimarrebbero tutt'ora sul territorio libanese almeno 500 000 piccoli ordigni pronti ad esplodere in qualsiasi momento. Fra le case, agli angoli dei palazzi, nei cortili, nei campi e nelle scuole. A dare i numeri è un comandante dell'Israeli defence force incaricato dello stoccaggio dei missili durante la guerra in Libano che, intervistato (protetto dall'anonimato) dal giornalista israeliano Meron Rappaport per il quotidiano Haaretz, ha rivelato come la maggior parte degli esplosivi siano stati scaricati fra le abitazioni libanesi proprio negli ultimi 10 giorni prima del cessate-il-fuoco. «Quello che abbiamo fatto è mostruoso», ammette il comandante. Il Multiple Launch Rocket System utilizzato dall'aviazione israeliana per lanciare gli ordigni è di controversa conformità rispetto al diritto internazionale per l'alta imprecisione del suo utilizzo: i missili hanno un raggio di errore di ben 32 km rispetto all'obiettivo. Con un simile margine qualsiasi missile potrebbe atterrare in mezzo a quartieri densamente popolati.
Oltre all'uso intensivo delle cluster bomb, Haaretz rivela inoltre che sui libanesi sono state usate anche ogive caricate al fosforo bianco, fornite come sempre dal Pentagono. Il fosforo bianco è un'arma dalla legalità «bizantina» - la definizione è del New York Times - a metà strada fra il chimico e l'incendiario, compatibile con diversi usi a partire da quello «pirotecnico» di razzo illuminante. E' un'arma chimica (quindi illegale) perchè la sottile polvere che si diffonde in nubi di centinaia di metri provoca il soffocamento e la morte se respirata. Ma è incendiaria (quindi legale) se invece si prende in considerazione l'effetto «napalm» che presenta a contatto con l'aria, provocando fiamme che niente riesce ad estinguere. Il quotidiano descrive le testimonianze di ufficiali israeliani che hanno visto convogli carichi delle inconfondibili ogive percorrere il nord del paese in direzione Libano. L'autore delle interviste agli ufficiali «pentiti», Rappaport, dall'inizio del conflitto ha continuato a ricevere documentazione fotografica sui civili libanesi caduti sotto i bombardamenti. Immagini che lo hanno portato più volte a chiedere conto agli ufficiali israeliani della moralità dell'offensiva di Tsahal («l'esercito più morale della terra» è la definizione del capo di stato maggiore Dan Halutz).
L'esercito israeliano ha da tempo risolto il problema utilizzando una terminologia coniata ad hoc: per i comunicati inviati ai media non ci sono «civili» quanto piuttosto qualcosa di traducibile come «non-coinvolti». Con questo si allargano i confini, l'attenzione si sposta sul loro essere più o meno correlati e confondibili con il nemico che fra essi si anniderebbe. Le vittime saranno anche disarmate, ma come provarne il non-coinvolgimento con i guerriglieri che passano vicino alle loro case e lungo le loro strade? Come non essere confondibili, e quindi coinvolti, con i connazionali hezbollah? Secondo un tenente colonnello intervistato proprio da Rappaport in luglio, la risposta è semplice: tutti divengono obiettivi militari legittimi.


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