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Il Foglio Rassegna Stampa
13.09.2006 Hamas uccide un soldato israeliano
e Israele è diviso sul governo di unità nazionale palestinese

Testata: Il Foglio
Data: 13 settembre 2006
Pagina: 1
Autore: la redazione
Titolo: «Caos nei territori»
Dal FOGLIO del 13 settembre 2006:

Gerusalemme. L’uccisione di un soldato israeliano, avvenuta ieri durante uno scontro a fuoco tra l’esercito di Gerusalemme e miliziani palestinesi, sul confine con la Striscia di Gaza, è stata rivendicata dalle Brigate Ezzedine al Qassam – braccio armato di Hamas – e i Comitati di resistenza popolare palestinese. Questi stessi due gruppi, a giugno, avevano portato a termine l’attacco in cui erano morti due militari e il commilitone Ghilad Shalit era stato rapito. Ieri mattina i soldati israeliani stavano compiendo un’operazione all’interno del territorio palestinese, alla ricerca di tunnel sotterranei. L’uccisione del soldato israeliano è arrivata il giorno dopo l’annuncio di Abu Mazen, presidente dell’Autorità palestinese, della formazione di un governo d’unità nazionale. E sempre ieri una corte militare ha deciso il rilascio di 18 parlamentari di Hamas, che per essere operativo deve attendere un appello ancora in corso. Nonostante non sia ancora stato presentato un programma dettagliato, l’esecutivo dovrebbe fondarsi sull’accettazione dell’iniziativa saudita del 2002, che prevede il riconoscimento d’Israele a condizione che si ritiri sui confini del 1967. “Sembra che Hamas stia offrendo un’opzione – dice al Foglio Gideon Doron, presidente dell’Associazione israeliana per le Scienze politiche – Si hanno elementi moderati che entrano a far parte del processo. Si potrebbe arrivare a un dialogo, magari non sulla pace, ma almeno si inizierebbe a parlare”. Non interessa al professore capire se si tratti dell’ennesimo “trucco” di Hamas per neutralizzare il blocco degli aiuti imposto al movimento per la resistenza islamica da Stati Uniti, Unione europea e Nazioni Unite. “Hanno bisogno di soldi? Sono pronto a comprare la pace”, dice. Per Doron, l’entrata in scena, nel nuovo governo, di elementi “più razionali” è un segno dell’accettazione della realtà da parte di Hamas: le pressioni internazionali hanno avuto qualche effetto. Ma l’offensiva armata non si ferma, il riconoscimento dell’esistenza di Israele richiesto dal Quartetto non è all’ordine del giorno e il soldato rapito non è stato riconsegnato. Il portavoce del governo uscente, Ghazi Hamad, ieri ha detto che l’esecutivo non avrebbe problemi a iniziare colloqui con Israele, ma lo ha smentito il premier, Ismail Haniye, che ha raffreddato le speranze: se ci saranno negoziati, ha spiegato, saranno tra Israele e l’Organizzazione per la liberazione della Palestina, non tra Israele e il nuovo esecutivo. “L’accordo è un bluff”, ne è sicuro Shalom Harari, esperto di affari palestinesi al centro interdisciplinare di Herzliya. Dice che l’intesa non rispetta le richieste della comunità internazionale e di Israele: “Vogliono i soldi senza pagare il prezzo. L’idea è mostrare a Washington e a Palazzo di vetro l’immagine vaga di un governo, prendere i soldi senza dare nulla in cambio”. Il presidente Abu Mazen ha incaricato il premier Haniye di formare l’esecutivo, che dovrebbe presentare un minor numero di ministri del Movimento per la resistenza islamico. Sarebbero sette i dicasteri affidati a Hamas, quattro quelli di competenza del partito del rais, Fatah. Altri andranno a gruppi minori. Il ministero degli Esteri sarà retto da Hanan Ashrawi, cristiana, attivista per i diritti delle donne, membro della Terza via, gruppo cui appartiene anche Salaam Fayad, che sarà responsabile delle Finanze. Nabil Amro, uomo di Fatah, andrà all’Informazione, mentre Moustafa Barghouti reggerà il ministero della Salute. Il gioco politico che Abu Mazen sta portando avanti è, secondo molti, rischioso e allo stesso tempo coraggioso: potrebbe portare alla creazione di un esecutivo disposto ad aprire alle richieste della comunità internazionale. Dice Gideon Doron che d’ora in avanti Abu Mazen non potrà più nascondersi. Si è messo in gioco e “deve continuare a giocare”. Per Harari, l’accordo, invece, è l’ennesimo segno della debolezza del presidente: “Il rais teme che, se il governo non ottenesse entro breve i finanziamenti internazionali, la popolazione lo riterrebbe responsabile”. Il ministro degli Esteri israeliano, Tzipi Livni – oggi a Washington – invita alla prudenza, ricordando che Hamas resta un’organizzazione terroristica e che prima di qualsiasi negoziato il gruppo dovrebbe accettare le condizioni del Quartetto (Nazioni Unite, Stati Uniti, Unione europea, Russia) e riconoscere Israele. Lo stesso scetticismo è arrivato da Washington: il dipartimento di stato ha fatto sapere che i colloqui devono essere preceduti dalla rinuncia palestinese al terrorismo. Bruxelles, invece, potrebbe “riconsiderare” la posizione di Hamas (sulla lista nera del terrorismo di Stati Uniti e Ue) se il nuovo esecutivo d’unità nazionale riconoscesse le richieste del Quartetto, ha fatto sapere la presidenza di turno finlandese.

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