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Avvenire Rassegna Stampa
12.09.2006 Evitare equivoci sulle parole del Papa
intervista a Giorgio Israel

Testata: Avvenire
Data: 12 settembre 2006
Pagina: 3
Autore: Marina Corradi
Titolo: «Rinascimento»
Marina Corradi intervista Giorgio Israel su AVVENIRE del 12 settembre 2006:

Un Terzo mondo spaventato da un Occidente che «esclude totalmente Dio dalla visione dell'uomo» e che considera questa eliminazione la «forma più esclusiva della ragione». Giorgio Israel, saggista e docente di Storia della matematica all'Università di Roma, con il suo recente «Liberarsi dai demoni» (Marietti) ha scritto una sorta di requisitoria contro scientismo e relativismo.
Professore, in che misura condivide l'analisi del Papa?
Credo che sia fondamentale capire la finalità delle parole di Benedetto XVI. A me il suo discorso è parso gravitare attorno al tema delle difficoltà dell'evangelizzazione e, in tal senso, è ineccepibile. Non c'è dubbio che il cristianesimo patisce dell'immagine materialistica della civiltà occidentale presso i popoli del Terzo Mondo, e ne è persino soggettivamente contaminato, se gli unici progetti che vengono accettati senza imbarazzo, ha detto il Papa in Germania, sono quelli sociali. Purtroppo l'attualità politica condiziona le interpretazioni, per cui il riferimento ai «popoli africani e asiatici» è stato letto dai media come islam, e per giunta come la leadership dell'islamismo integralista. È chiaro che si tratta di un'interpretazione sbagliata, ma ha avuto ragione Magdi Allam (che peraltro condivide l'analisi del Papa) a sottolineare il rischio delle strumentalizzazioni da parte dei predicatori di odio, che tenteranno di usare questa interpretazione per autoassolversi.
La minaccia, per gli altri popoli, non sarebbe la fede cristiana, ma la mancanza di rispetto per il sacro.
Anche questa affermazione ha pieno senso nel quadro di un discorso sull'evangelizzazione: non è il cristianesimo in sé la minaccia, ma l'immagine dell'Occidente cui appare legato il cristianesimo. L'urto fra civiltà, però, è promosso dall'islamismo, e l'islamismo non ha una visione rispettosa del sacro, se non del suo. Esso propone l'identificazione totale tra sfera religiosa e politica e concepisce la umma come tendenzialmente coincidente con l'umanità. Inoltre, ha come nemici quei diritti civili, di rispetto della persona e della tolleranza, che appartengono alla tradizione giudaico-cristiana. L'islamismo offre alle popolazioni del Terzo mondo una modernizzazione politica rudimentale e facilmente assimilabile, che però va in rotta di collisione con una visione spiritualistica. Ma, ripeto, non credo che questo fosse il tema, e il fine, del discorso.
L'utilità «innalzata a supremo criterio morale per i futuri successi della ricerca». Saremmo, dunque, dentro una cultura che non si ferma davanti a nulla, come nella pretesa di usare gli embrioni per curare altri uomini.
Siamo senza dubbio dentro una cultura che non si ferma di fronte a nulla. Ma il trionfo della visione utilitaristica è un fatto degenerativo cui non può essere ridotta tutta la storia dell'Occidente. Per combattere un simile esito è fondamentale comprenderne le origini. Che a mio avviso, risiedono in quelle ideologie che io chiamo «palingenetiche», perché pretendono di ricostruire totalmente l'uomo e la società, come se tutta la storia passata fosse soltanto un abisso di errori. E vogliono farlo su basi che definiscono «scientifiche». La pretesa di ricostruire l'uomo dal punto di vista genetico, con qualsiasi mezzo e senza alcun limite morale, è strettamente legata alla pretesa di ricostruire alle radici la società. Totalitarismo e scientismo hanno una radice comune.
Nel suo libro lei cita Isaac Newton, e riporta le sue domande meravigliate davanti all'Universo: «Donde viene che la Natura non fa nulla invano, e da dove trae origine tutto quell'ordine e quella bellezza che vediamo nel mondo?». Secondo Newton la filosofia delle scienza deve, dalla conoscenza dei fenomeni, risalire verso la Causa Prima. Ma questo sguardo pare andato perduto. La scienza invece oggi pretende di spiegare totalmente la realtà, e ciò che esce dall'ambito della sua investigazione non ha dignità, o non esiste. Quanto a Dio, dice il Papa, «quello che si dice di lui ci sembra pre-scientifico, non più adatto al nostro tempo».
Per un tempo lunghissimo i manoscritti teologici di Newton sono stati considerati come una vergogna o il frutto di un ristupidimento del grande scienziato (mentre erano una sua opera giovanile…) e ancor oggi sono in minima parte pubblicati. Einstein disse che senza il senso del mistero la scienza non può esistere e anche una simile affermazione è accolta dai sorrisini del positivismo dominante. La scienza è nata in stretto rapporto con la religione e la filosofia, e se perderà definitivamente questo rapporto andrà incontro a un progressivo isterilimento.
Per rispettare ciò che è sacro per gli altri reimpariamo il «timor di Dio», dice Benedetto XVI. Pare, questa espressione, qualcosa di antiquato, quasi di indicibile. Quando e perché il «timor di Dio» ha smesso di appartenerci?
Naturalmente con il prevalere delle filosofie positiviste e il diffondersi di una visione «ridotta» della ragione. Come diceva Husserl, il concetto positivistico di scienza è un concetto «residuo», che ha escluso dalla problematica della ragione tutti i problemi della metafisica e, infine, il problema di Dio che è poi il problema del senso del mondo.
Non veniamo meno rispetto degli altri, dice ancora il Papa, se confessiamo il Dio in cui crediamo. Perché l'Occidente sembra temere di affermare la propria identità? Perché l'ha dimenticata, o per quella «oscura vergogna di sé» di cui parlò tempo fa lo stesso Ratzinger?
A causa della miscela letale dello scientismo con il relativismo morale e l'«odio di sé», ovvero il disprezzo totale per la società in cui viviamo (l'odio per l'aria che respiriamo senza averne mai respirata un'altra) e il mito paranoico di rifondarla in toto. L'Occidente è oggi devastato da un nichilismo che si nutre dei resti delle ideologie totalitarie, che sono sparite come movimenti politici ma ci hanno lasciato una pesante eredità in termini di modi di pensare e attitudini mentali: e che costituiscono il naturale alleato di coloro che vogliono distruggere l'Occidente.
Ma, a fronte di questa situazione, da chi aspettarsi una reazione, per non dire una rinascita?
Il professore esita. (Forse questa reazione gli pare difficile da immaginare?) Poi: «Credo da laici e credenti insieme, che decidano di reagire a una visione del mondo sostanzialmente dogmatica, ripartendo da ritrovati condivisi valori».

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