Governo di unità nazionale nell'Autorità palestinese forse è un passo avanti
Testata: Il Foglio Data: 12 settembre 2006 Pagina: 3 Autore: la redazione Titolo: «La Palestina (forse) si muove»
Dal FOGLIO del 12 settembre 2006:
Il presidente palestinese Abu Mazen ha annunciato che entro un paio di giorni sarà costituito un nuovo governo di coalizione tra Hamas e al Fatah. Questo dovrebbe significare che la principale richiesta di Fatah, la ripresa delle trattative con Israele, che ovviamente ne implica il riconoscimento, è stata accettata dal gruppo integralista. Per la verità il portavoce di Hamas ha ribadito le posizioni di rifiuto di sempre, ma con una formula un po’ ambigua, in cui si sostiene che non sarà mai accettata “la legittimità dell’occupazione”, senza chiarire se si tratta di quella del 1967 o della costituzione di Israele nel 1948. In ogni caso la situazione che si è creata ha indubbi caratteri di novità poiché segna la sconfitta del disegno di Hamas di trascinare l’intera comunità palestinese sul terreno dello scontro senza quartiere con Israele. A questo si è giunti anche attraverso una sorta di crollo del “fronte interno”, quando anche esponenti della formazione estremista hanno denunciato le formazioni che lanciavano razzi su Israele come le vere responsabili delle condizioni miserevoli in cui era costretta a vivere la popolazione. E’ presto per dire se le potenzialità positive della nuova situazione si evolveranno fino a creare le condizioni per una trattativa, resa tra l’altro necessaria dalla crisi del progetto unilateralista di Kadima e del governo Olmert, o se ancora una volta tutto finirà per impantanarsi. Ci sono forze potenti nel mondo islamico, a cominciare dalla teocrazia iraniana e dalla rete terroristica, che sono interessate a sfruttare la tensione tra Israele e i palestinesi per la loro grande partita di scontro con l’occidente. Una soluzione del conflitto palestinese per loro sarebbe un duro colpo, quindi non cesseranno di esercitare pressioni e di adottare iniziative terroristiche per impedirlo. La questione palestinese non è, o almeno non è più, il centro della crisi dell’equilibrio mediorientale. Tuttavia, per l’immenso significato simbolico che ha assunto, rappresenta un elemento assai rilevante del quadro. Il fallimento del disegno di Hamas, il fatto che non sia riuscito a sfruttare la vittoria elettorale per imporre un regime fondamentalista, è un segnale rilevante per tutta l’area. E’ dunque lecito nutrire un minimo di speranza per il futuro. L’avanzata dell’integralismo non è inarrestabile, specie se trova risposte decise com’è stata quella, perfettamente proporzionata, di Israele agli attacchi che ha subito sul proprio territorio. E quella, efficace, dell’embargo finanziario euro-americano verso Hamas. Se ora la parola dalle armi passerà alla politica, si potrà dire che si è fatto davvero un passo avanti alternando, come al solito, carota e bastone.
Cliccare sul link sottostante per inviare una e-mail alla redazione del Foglio lettere@ilfoglio.it