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Deludente la risposta di Vattimo ai suoi critici 11/09/2006
Spettabile Redazione,
 

dopo che alcuni lettori de “La Stampa” hanno avuto l’ardire di criticare il suo sconcertante articolo in cui lo Stato di Israele veniva definito come “la peggiore conseguenza delle persecuzioni naziste”, Gianni Vattimo rivendica a suo dire il diritto di essere suscettibile e risponde puntualizzando in buona sostanza quanto segue:

 

a) di non lasciarsi dare dell’antisemita solo perché cita una frase attribuita a George Steiner;

 

b) di essere critico verso Israele per via dell’operato del Governo di quello Stato;

 

c) di non aver chiesto nel suo articolo lo smantellamento dello Stato di Israele, né di aver negato l’Olocausto;

 

d) di essere stato pertanto frainteso ed insultato dai lettori che lo hanno criticato, i quali avrebbero dovuto mostrarsi rispettosi nei suoi confronti leggendo con attenzione ciò che egli ha scritto.

 

 

Per quanto mi riguarda, trovo la risposta di Vattimo non meno deludente del suo articolo, in quanto egli non risponde in realtà un bel nulla alle osservazioni dei lettori de “La Stampa”, che accusa anzi di essere tonti e di non aver capito un fico secco circa le sue affermazioni.

 

Vorrei anzitutto osservare che se Vattimo è così suscettibile all’accusa di antisemitismo, come mai fra tante citazioni di pensatori ebrei è andato a scegliere proprio quella che attribuisce a Steiner? Se l’obiezione è che l’ha scelta tra tante senza condividerla, perché allora citarla senza prendere apertamente le distanze dal suo contenuto (giustamente definito mostruoso da IC), come se fosse la più cosa normale di questo mondo asserire che la fondazione di Israele è un danno per l’umanità peggiore dello sterminio di milioni di innocenti voluto da Hitler? Forse Vattimo è convinto che la sua suscettibilità sia più degna di attenzione rispetto a quella di chi è scampato all’inferno del Terzo Reich? Si può poi osservare come nel suo articolo le invettive non si rivolgano in realtà solo all’operato del Governo di Gerusalemme, ma anche ad altri aspetti, come la cultura e perfino la scelta dei passatempi: osserva infatti Vattimo: «…non mi commuove affatto la cultura dell’Israele di oggi. Non vorrei esagerare, ma le discoteche di Tel Aviv (che Dio le conservi), non voglio vederle bombardate dai razzi Katiuscia) non sono diverse da quelle di Las Vegas». Come dire: in Israele è tutto una gran schifezza, perfino sotto l’aspetto turistico, al punto che tanto varrebbe «andare in Florida» (chissà perché?). Non è dunque vero che Vattimo sia critico solo verso l’operato del Governo israeliano, ma anche sotto tale aspetto gli si potrebbe obiettare: scusi egregio signore, ma qual è per lei la colpa grave di Israele? Di non voler trattare con chi (come Hamas, Hezbollah e Ahmadinejad) oltre a non riconoscere lo Stato ebraico ne reclama a gran voce la distruzione? Di rispondere alla violenza del terrorismo con la forza anziché con i cioccolatini? O di voler risolutamente tutelare l’integrità dello Stato e dei propri cittadini, come avviene in un qualsiasi altro Paese civile? E di grazia, lei che si adonta tanto di essere piccato per antisemita, come mai dopo tutte le sue tirate contro Sharon prima e Olmert poi non si mostra altrettanto severo con la Siria, l’Iran e l’antisemitismo islamico in genere?

 

Infine, Vattimo sottolinea di non aver chiesto nel suo articolo lo smantellamento dello Stato di Israele, né di aver negato l’Olocausto; ma allora perché ha citato quella infelice frase? E perché continua ad accreditare la “resistenza antimperialista” che esplicitamente insulta la memoria delle vittime dell’Olocausto negandone sfrontatamente la realtà storica? Mistero. Intanto Vattimo continui pure a consolarsi sostenendo che la colpa è degli altri che non lo comprendono.

 
Molti cordiali saluti
Luigi Prato

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