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La Stampa Rassegna Stampa
10.09.2006 "Dovete proibire le scuole islamiche"
lo sostiene Hanif Kureishi, scrittore musulmano

Testata: La Stampa
Data: 10 settembre 2006
Pagina: 16
Autore: Alain Elkann
Titolo: «Dovete proibire le scuole islamiche»

LA STAMPA pubblica oggi, 10/09/06, una intervista allo scrittore anglo-pakistano Hanif Kureishi, di Alain Elkann particolarmente significativa. Kureishi appartiene a quella schiera di scrittori in lingua inglese ma di estrazione non britannica, che hanno dato un grande contributo letterario alla cultura inglese. Anche lui appartiene alla sinistra, ma le idee che esprime sono diverse dal politicamente corretto al quale siamo abituati. Speriamo insegni qualcosa alla sinistra nostrana.

Ecco l'intervista:

Hanif Kureishi, suo padre era pakistano, sua madre inglese, lei è nato a Londra. Nella sua storia si fondono due diverse identità e due diverse culture. Questa condizione influisce sul suo lavoro di scrittore?

«Mi dà un punto di osservazione privilegiato. Ci sono tante persone come noi in Inghilterra».
Qual è la relazione tra gli immigrati e la popolazione inglese, oggi?
«La maggior parte arriva dall’Est Europa. Quanto a noi, questa oggi è la nostra casa. I miei figli non sono nemmeno musulmani».
Ha sentito della ragazza pakistana che, in Italia, è stata uccisa da suo padre che la giudicava troppo «occidentale».
«Sì, e mi ricorda la storia di Romeo e Giulietta. Il processo l’integrazione è lungo e difficile. In Italia siete nella stessa situazione dell’Inghilterra degli anni Settanta. I conflitti sono gli stessi, solo che oggi c’è il fondamentalismo a complicare le cose. I musulmani sono molto più pericolosi e solidali fra loro».
C’è una soluzione?
«Bisogna proibire le scuole religiose. Le scuole musulmane sono pericolosissime. Ma se ci sono quelle cristiane o quelle ebree è difficile abolire le musulmane».
Come reagisce alle notizie che arrivano dal Pakistan?
«La situazione è molto tesa. Il paese è schiacciato tra i fondamentalisti e gli Stati Uniti e manca la democrazia. Prendiamo l’India: è una democrazia di grande successo. Uno Stato religioso, invece, è sempre un disastro».
I cristiani sono in pericolo?
«Sono considerati infedeli. Non è una buona idea essere un crsitiano in Pakistan, i musulmani sono decisamente intolleranti».
Lei non è musulmano?
«Ho soltanto un nome musulmano, non faccio parte della comunità. Sono uno scrittore liberale e secolarizzato. La mia famiglia non capisce perché io abbia scelto di non avere una religione. Io invece ai miei figli ho detto: decidete voi se avere una fede o no».
Che cosa succederà in Medioriente?
«Sono molto pessimista, è difficile non esserlo».
Ma Londra è in pericolo?
«Dipende da che cosa succederà quando andranno via Blair e Bush. La gente oggi ha paura di salire su un aereo o entrare nella metropolitana. Neppure sugli autobus è tanquilla. Gran parte della colpa è di Blair. La guerra a Londra è cominciata dopo la guerra in Iraq».
Ma ci si poteva tenere un dittatore come Saddam Hussein? Non era giusto tentare di far nascere una democrazia?
«E’ giusto e bello far cadere i tiranni. Però non si può, ogni volta, invadere qualche stato per riuscirci: il risultato è la guerra a Londra o gli aerei che saltano in aria».
Le piacerebbe vedere truppe inglesi in Libano?
«Gli americani e gli inglesi sono troppo amici degli israeliani, però sono contento che diano del denaro per la ricostruzione».
Come finirà la missione?
«Gli hezbollah sono pericolosissimi e farei molta attenzione: non si vince contro i terroristi. Non vedo speranza è un periodo storico molto nero».
Lei cosa sta scrivendo?
«Un romanzo dal titolo “Something to tell you”, una lunga storia di immigrati che va dagli anni Ottanta alle bombe di Londra dell’anno scorso».
La famiglia è sempre al centro delle sue trame. Perché?
«Perché nella famiglia ci sono emozioni molto grandi».
Anche il terrorismo nasce nelle case?
«Più che altro nelle comunità dove c’è gente che vede in Bin Laden un eroe e negli Stati Uniti il nemico».
Anche in Pakistan la gente pensa queste cose?
«La mia famiglia se n’è andata da tempo. Viviamo tutti in altri paesi, da circa vent’anni. Laggiù è terribile, non esiste libertà: mio zio era un giornalista celebre, ha sempre dovuto fare molta attenzione».
Lei è stato mai messo in guardia?
«Molti fondamentalisti a Londra negli anni Novanta mi hanno velatamente minacciato».
Cosa pensano i suoi figli?
«Hanno tredici anni e pensano alla musica, al calcio e allo shopping, non al terrorismo. Vanno nelle scuole statali con amici di ogni religione. Sono contento che non abbiano una fede specifica: non hanno pregiudizi».
E della condizione italiana che cosa pensa?
«Nei prossimi vent’anni avrete una rivoluzione. In tutta l’Europa ci sarà. Il prossimo paese che entrerà nella Unione Europea è la Turchia. In poche parole ci saranno molti più musulmani che vivranno nel Vecchio Continente. E’ questo il principio della rivoluzione: l’Europa non sarà più un paese cristiano. L’America è invece cristiana e fondamentalista».
Secondo lei oggi siamo isolati?
«L’unica cosa che ci può unire è la cultura, la musica, la conversazione».
E la libertà?
«E’ sempre più rara. L’Inghilterra, dopo le bombe, è diventata un paese paranoico».

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