Le notizie che aiutano a capire occorre sempre andarle a cercare col lanternino. Quasi tutti i nostri giornali mettono in evidenza l'ottimismo che D'Alema ostenta dopo ogni viaggio in Medio Oriente, avendo "scoperto" che alla base del terrorismo internazionale vi è la soluzione della questione palestinese. Invece di sottolineare come questa interpretazione sia smentita da quanto accaduto fra Israele,Libano,Siria,Iran e Hezbollah lo scorso mese, una guerra nella quale i palestinesi non solo non c'entravano, ma dalla quale non erano neppure considerati. Ma D'Alema, invece di affrontare seriamente le ambiguità della risoluzione Onu e capire finalmente che il problema vero si chiama Iran, preferisce riscaldare la minestra della questione palestinese, non rendendosi conto di quanto sia passata in secondo piano, e non certo per volontà di Israele. Anzi. L'UNITA', rispolvera lo stile dei bei tempi andati, quando c'era LUI, cioè Arafat, e a Roma l'interlocutore principe era Nemer Hammad, che udg infatti intervista in un susseguirsi di lodi e apprezzamenti al governo Prodi-D'Alema. Hammad rasenta il ridicolo quando afferma che " la questione palestinese è centrale per stabilizzare l'area" ! Sulla missione che tanto inorgoglisce D'Alema parla chiaro invece Shimon Peres, come riporta bene IL FOGLIO in un editoriale che pubblichiamo.
Dal FOGLIO:
Shimon Peres, vicepremier israeliano,ha lanciato ieri un secco avvertimento al ministro degli esteri Massimo D'Alema, dopo un "lungo e cordiale incontro" a Tel Aviv. Bisogna negoziare con il governo libanese, non con Hezbollah che è il governo dentro al governo". Il riferimento è chiaro ed esplicito non soltanto al più che inopportuno incontro di D'Alema con il deputato di Hezbollah durante la suavisita a Beirut, ma alla tentazione che il governo di gerusalemme legge con facilità dentro lo schema politico in cui si muove il governo italiano: un percorso di accordi sottobanco con il artito di Dio (magari per mandare segnali a Teheran, sempre utili in fase di possibili sanzioni dell'Onu), una presenza militare in Libano fatta di traccheggiamenti, di occhi che non vedono e orecchie che non sentono, una politica "onusiana", insomma. Il tutto in mancanza di una seria strategia, come dimostra il pasticcio sulla missione militare europea a Gaza, idea prima ambiziosamente lanciata da D'Alema, e ieri rinviata alla calende greche, " soltanto a fronte di un accordo tra le parti"; questa posizione è encomiabile ma velleitaria nel momento in cui si stanno sparando ( compresi palestinesi contro palestinesi) e non si vedono neanche i prodromi di un accordo. Il premio Nobel per la pace himon Peres è uno tra i leader più autorevoli in medio oriente. Dopo aver dato le proprie dimissioni dal Partito laburista, si è candidato nel 2005 nelle liste di Kadima, partito del premier Ehud Olmert, di cui è oggi il numero due. E'membro illustre dell'Internazionale socialista. Il richiamo all'ordine, quasi una bacchettata sulle dita del ministro degli esteri italiano, è stato dunque pesante. Il timore degli israeliani che la gestione militare franco italiana dell'Unifil non punti a un rafforzamento della pressione sul governo di Fouad Siniora affinchè disarmi Hezbollah, ma si limiti a un lungo, inutile presidio di un sud del Libano in cui le miliziescidel Partito di Dio potranno rimettersi in forze (come hanno sempre fatto grazie al mancato intervento dell'Unifil) è dunque ben fondato. Da qui, l'inusitata durezza della risposta data dal vice premier Peres a un giornalista che chiedeva il suo parere sulla visita del responsabile della Farnesina a Beirut: " Non sono responsabile degli incontri di D'Alema". Bye bye Peres ?
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