A Venezia il regista Jean Marie Straub esalta il terrorismo contro il "capitalismo americano"
Testata: Libero Data: 08 settembre 2006 Pagina: 1 Autore: Andrea Morigi Titolo: ««I terroristi? Mai troppi» E Venezia non lo butta fuori»
Da LIBERO dell'8 settembre 2006:
VENEZIA La Laguna si scuote per un inno alla morte: «Finché ci sarà il capitalismo imperialistico americano, nonci saranno mai abbastanza terroristi nelmondo».A esprimere gioia per le gesta dei kamikaze è il settantatreenne regista francese Jean-Marie Straub. A corto di genio, ormai dimenticato e da tempo avviato su un sunset boulevard che non ha niente di hollywoodiano, cerca di farsi ricordare, più che per i suoi meriti artistici, per le sue dichiarazioni farneticanti. E rischia anche di vincere qualcosa, alla Mostra del Cinema, dove è in concorso con il film "Quei loro incontri", girato insieme alla "compagna" Daniéle Huillet. Almeno spera in un riconoscimento anche se, per scaramanzia, scrive che «è venuto troppo presto per la nostra morte, troppo tardi per la nostra vita». Eppure i due tentano un colpo di scena. Non convinti di essere notati per la loro assenza, affidano al direttore della Mostra, Marco Muller, un messaggio in cui annunciano che non accompagneranno la loro opera perché «non potrei festeggiare in un Festival dove c'è tanta polizia pubblica e privata alla ricerca d'un terrorista - il terrorista sono io». A chi si definisce terrorista, è assicurata una sconfinata libertà di parola. Le sue dichiarazioni, al limite dell'apologia di reato, sono amplificate durante una conferenza stampa dalla voce dell'attrice Maddalena Daddi, che legge anche la parte finale: «E vi dico, parafrasando Franco Fortini: finché ci sarà il capitalismo imperialistico americano, non ci saranno mai abbastanza terroristi nel mondo ». E l'ultimo di tre messaggi. Forse, nella sua senilità, Straub crede di essere la Madonna di Fatima. E che la Biennale di Venezia sia una specie di sacro recinto dell'estremismo. In Laguna non si valuta, non si giudica, non si blocca nulla, nemmeno l'incitamento alla violenza, alla strage, all'assassinio. Qui l'ispirazione dei cineasti è considerata una specie di dono divino. È davvero come una Chiesa, ma dove vige una doppia morale: quel che non è concesso ai cittadini comuni è lecito per la casta superiore dei progressisti ispirati. Semmai a Oliver Stone, che ha raccontato la tragedia dell'11 settembre 2001 nel suo commovente "World Trade Centre", i critici presenti al Festival veneziano riescono a tributare anche qualche fischio. Ma non a Straub, che vanta un curriculum da eroe del politicamente corretto. Nel 1958 si era sottratto al servizio militare nell'esercito francese per non andare a combattere la "guerra sporca" d'Algeria. Solo pochi eletti - ma si tratta dei cinefili che contano - hanno assistito a opere imperdibili come "La nube e la Resistenza" e alle versioni per il grande schermo di romanzi di Elio Vittorini e Cesare Pavese, a cura del duo Straub- Huillet. Siamo nel pieno rispetto dell'ortodossia comunista, quelle sovietica. Nessuno osa protestare. Anche perché tra le righe del primo messaggio di Straub, i meriti ideologici sono anche richiamati, in una citazione di Pavese: «Comunista non è chi vuole. Siamo troppo ignoranti in questo Paese. Ci vorrebbero dei comunisti non ignoranti, che non guastassero il nome». Sulla ragione prevale, come al solito, l'utopia. E ormai si appresta a dilagare anche sulla televisione pubblica. Così uno degli araldi del cinema sinistrorso, Enrico Ghezzi, curatore della rassegna cinematografica della notte di Raitre, annuncia che «domenica 10 settembre, un po' dopo mezzanotte trasmetteremo "Quei loro incontri", come già facemmo l'anno scorso per il film di Luis Garrel». Allora si tratta dell'11 settembre. Quindi è un premio al terrorismo, più che alla sua carriera piuttosto oscura, quello che Straub è riuscito a portare a casa.
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