In Medio Oriente c'è un paese minacciato, pacifico e ragionevole è la Repubblica islamica di Iran, secondo Andrea Bonanni
Testata: La Repubblica Data: 08 settembre 2006 Pagina: 1 Autore: Andrea Bonanni Titolo: «Il sentiero che passa per Roma»
In un editoriale pubblicato da La REPUBBLICA l'8 settembre 2006, Andrea Bonanni presenta, con lo scopo di spiegare gli indirizzi della nostra politica estera, un quadro riduttivo e falsamente rassicurante della crisi iraniana. Sentendosi "minacciata" dagli Usa e aspirando a un ruolo di potenza regionale, la Repubblica islamica rifiuta l'"imposizione" della comunità internazionale circa la sospensione dell'arricchimento dell'uranio (ma "assicura" che le sue finalità sono pacifiche) e utilizza per conseguire i suoi obiettivi strumenti che vanno dall' "appoggio ad alcuni signori della guerra in Afghanistan" all´ "influenza diretta sulla maggioranza sciita in Iraq" fino agli "stessi attacchi degli hezbollah contro Israele". Chiare le conseguenze che si possono trarre da questa descrizione: date all'Iran ciò che vuole e ogni problema sarà risolto. E se invece l'Iran volesse altro? Se per esempio volesse proprio quello che senza reticenze proclama di volere, cioè la distruzione di Israele e l'esportazione della rivoluzione khomeinista? Ecco il testo:
DOPO anni di esclusione, l´Italia entra nella difficile disputa sul nucleare iraniano. Ma è un ingresso nei tempi supplementari, quando ormai tutte le parti in gioco sembrano avviate a sbattere verso il muro delle sanzioni: un esito che tutti temono ma che nessuno sembra in grado di evitare. Larijani, il negoziatore iraniano per la vertenza nucleare, arriva oggi a Roma dove incontrerà Prodi. L´incontro precede di 24 ore quello che Larijani avrà sabato con Solana, il responsabile della politica estera Ue incaricato dai membri permanenti del Consiglio di Sicurezza dell´Onu di ottenere chiarimenti sulla posizione iraniana e di vedere se esiste uno spiraglio per aprire trattative e per evitare le sanzioni. Ma lo spiraglio, se esiste, è ormai molto stretto. Ieri i direttori politici di Usa, Russia, Cina, Francia, Gran Bretagna e Germania (il cosiddetto 5+1 che gestisce il negoziato iraniano) si sono incontrati a Berlino e hanno dovuto prendere atto che l´Iran si trova in violazione della risoluzione Onu che imponeva a Teheran di sospendere l´arricchimento dell´uranio nelle sue centrali entro la fine di agosto. La Cina, la Russia e anche buona parte degli europei sono piuttosto restii ad adottare sanzioni contro il regime degli ayatollah con il rischio di mandare alle stelle il prezzo del petrolio. Ma la rigidità iraniana lascia poco spazio a chi, come l´Italia che è il primo partner commerciale di Teheran, si batte per salvare la via del negoziato. I margini di manovra di cui Prodi dispone sono dunque ridottissimi. Anche perché il capo del governo italiano non ha assolutamente intenzione di rompere l´unità della Comunità internazionale sulla questione nucleare. Né vuole prestarsi al gioco di Teheran che, con la visita di Larijani a Madrid e a Roma, cerca evidentemente di aggirare l´ostacolo rappresentato dal gruppo dei «5 più 1» sperando di trovare altre sponde sul fronte europeo. Ieri Prodi ha avuto un colloquio telefonico con Solana proprio in vista dell´incontro di oggi. E c´è da stare certi che non distanzierà l´Italia dalla posizione comune assunta dal Consiglio di sicurezza dell´Onu. In teoria la questione che blocca il negoziato è abbastanza semplice. Le Nazioni Unite si oppongono all´ipotesi che l´Iran si doti dell´arma atomica e hanno presentato attraverso Solana una serie di proposte di aiuto a Teheran mettendo però come condizione che l´Iran sospenda l´arricchimento dell´uranio. Gli iraniani si dicono disposti a negoziare, assicurano che il loro obiettivo è solo la creazione di centrali nucleari a scopi civili, ma non accettano l´imposizione della comunità internazionale di fermare il processo di arricchimento. In realtà la partita che l´Iran sta giocando è molto più vasta, e il braccio di ferro sul nucleare ne è solo un aspetto. Teheran si sente sotto assedio, in particolar modo da parte degli Stati Uniti, e pretende che gli venga riconosciuto dalla comunità internazionale lo status di potenza regionale in grado di influenzare il quadro politico dall´Afghanistan al Medio Oriente. Un´esigenza che si scontra frontalmente con i veti di Washington, che il presidente Bush ha recentemente rafforzato attaccando Ahmadinejad con una durezza mai vista e definendolo «un tiranno» e uno dei capofila del terrorismo islamico. L´appoggio ad alcuni signori della guerra in Afghanistan, l´influenza diretta sulla maggioranza sciita in Iraq e gli stessi attacchi degli hezbollah contro Israele che hanno portato alla recente guerra in Libano sono altrettanti strumenti con cui il regime di Teheran sta combattendo questa guerra per imporre il proprio status sulla regione. L´Italia, che con il governo Berlusconi era stata esclusa dalla trojka europea incaricata di dissuadere gli iraniani dalla corsa al nucleare, può forse non avere molta voce in capitolo per quanto riguarda la questione atomica. Ma oggi si trova certamente coinvolta in questo scontro a distanza tra Teheran e Washington. Oltre agli enormi interessi commerciali che verrebbero colpiti dall´imposizione di sanzioni, abbiamo soldati italiani in Afghanistan e stiamo per diventare i capofila della missione Onu in Libano. E´ naturale che Romano Prodi cerchi di capire dagli iraniani quale sia la loro visione della partita in corso. Ed è anche naturale che, se ci sono spiragli per evitare che la situazione precipiti, l´Italia si adoperi in favore di una soluzione diplomatica. Da questo punto di vista, paradossalmente, più che il buon rapporto con Teheran, il vero asso nella manica che Prodi può giocare è lo stretto rapporto di collaborazione che il nuovo governo italiano ha saputo stabilire con Washington. Un rapporto di fiducia che è già servito a sbloccare l´impasse della guerra in Libano e che potrebbe tornare utile anche per aprire un canale di dialogo sulla questione iraniana. Tre anni fa, Berlusconi rifiutò di entrare nella trojka europea che negoziava con Teheran per paura di dispiacere a Bush. Oggi Prodi, ritornando nella partita, potrebbe forse dare una mano all´«amico americano» del suo rivale politico.