Le autobomba sono israeliane per definizione secondo Stefano Chiarini
Testata: Il Manifesto Data: 06 settembre 2006 Pagina: 9 Autore: Stefano Chiarini Titolo: «Libano, tornano le autobomba»
Stefano Chiarini sul MANIFESTO attribuisce l'autobomba che ha ferito il nuovo vice capo dell'intelligence libanese a Sidone a uan manovra israeliana per destabilizzare il Libano. Dimenticando che esercito e servizi di sicurezza libanesi si sono impegnati a prendere il controllo del sud del paese, finora saldamente mantenuto da Hezbollah. E che l'obiettivo dell'attentato viene dalla commissione d'inchiesta sull'omicidio di Hariri, premier anti-siriano. Ecco l'articolo:
Una potente esplosione ha devastato ieri mattina l'autostrada per Sidone ferendo gravemente il nuovo vice capo dell'intelligence libanese «riformata», e uccidendo tre delle sue guardie del corpo e un suo collaboratore. L'attentato ha fatto di nuovo precipitare il Libano, appena uscito da 33 giorni di devastanti bombardamenti, nella paura e nella sfiducia, a poche ore da quattro eventi/notizie particolarmente rilevanti che ormai, con la presenza delle nostre truppe nell'entroterra di Tiro, ci riguardano da vicino: la dura lettera di protesta del governo libanese al Consiglio di Sicurezza contro il blocco aero-navale israeliano, l'intervista del leader degli Hezbollah, Hassan Nasrallah, al quotidiano progressista libanese "As Safir", nella quale sostiene che il suo movimento terrà nascoste le sue armi al sud - senza consegnarle né all'esercito né tantomeno alle forze Onu - e che userà il suo potenziale bellico-missilistico solamente nel caso di una nuova aggressione israeliana al Libano, il progetto franco-americano-israeliano-saudita di affidare alla Francia, ed in particolare alla marina francese, il controllo e quindi la sovranità, sulle acque territoriali libanesi, e infine le inquietanti rivelazioni di un sito vicino ai servizi israeliani «Debka File» secondo il quale la concentrazione di forze navali europee, Usa e Nato davanti alle coste libanesi non servirebbe affatto a proteggere le forze dell'Unifil, per il quale sarebbe del tutto sproporzionato, ma piuttosto come dispositivo bellico da mettere in funzione in caso di un prossimo attacco alla Siria e/o all'Iran. Il barometro della sicurezza in Libano sembra volgere al peggio. Anche perché sembra proprio esserci chi soffia sul fuoco dello scontro interno al Libano, in particolare cercando di creare attriti tra sunniti e sciiti, per mettere in difficoltà la resistenza e per bloccare ogni tentativo - portato avanti da Kofi Annan con il suo viaggio a Damasco ma anche da autorevoli settori Usa - di un nuovo coinvolgimento della Siria nel processo diplomatico. Da questo punto di vista l'attentato al tenente colonnello Samir Shehade, vice capo dei servizi di informazione del ministero degli interni, che avrebbe svolto un ruolo chiave nelle indagini sull'attentato del 14 febbraio del 2005 a Beirut nel quale morirono l'ex premier Rafik Hariri e altre 22 persone, è perfetto per rilanciare la campagna contro Damasco e contro la presenza degli Hezbollah nel governo di Fouad Siniora. Shehade è rimasto ferito gravemente nell'esplosione, avvenuta nel villaggio di Rmeile ad un trentina di km a Sud di Beirut, quando, secondo quanto ha riferito il ministro degli interni Ahmad Fatfat, due ordigni sono stati fatti detonare simultaneamente «con un sofisticato sistema di comando a distanza». «Elementi locali o stranieri potrebbero esserne gli autori, ma certamente non la resistenza (Hezbollah)», si è poi precipitato a precisare il ministro degli interni, aggiungendo che fino ad ora non ci sono stati arresti. In realtà i possibili autori dell'attentato sono assai numerosi. Il colonnello Shehade, oltre che nell'inchiesta sull'uccisione di Hariri, è stato infatti il protagonista della creazione di una nuova agenzia di intelligence, le Forze di Sicurezza Interne - vero braccio armato della Hariri Inc., il partito azienda di Rafik Hariri e ora del figlio Saad - messo in piedi con finanziamenti e «consiglieri» americani, francesi e sauditi. Autori materiali dell'attentato potrebbero essere stati i membri di un qualche gruppo vicino ad al Qaida, fortemente anti-sciita - presente nella zona di Sidone - dal momento che l'ufficiale ferito era stato autore di numerosi arresti e torture contro alcune decine di sospetti membri di network terroristici wahabiti sunniti libanesi. Gli stessi che potrebbero essere stati coinvolti, secondo quanto emerso dall'inchiesta Onu del giudice Serge Brammertz, nell'uccisione dell'ex premier Rafiq Hariri considerato l'uomo a Beirut dei «traditori» della casa regnante saudita. Tra i possibili responsabili non possiamo poi escludere gli stessi network terroristici messi in piedi dai servizi israeliani in Libano con il compito di uccidere leader della resistenza e destabilizzare il paese, recentemente scoperti anche a Sidone e composti da ex esponenti delle forze filo-israeliane nel libano del sud e da numerosi membri prezzolati palestinesi e sciiti libanesi. Il capo del gruppo di Sidone, Abu Rafeh, ex ufficiale delle milizie di Lahad nel Libano del Sud - con ottime entrature nel Partito di Walid Jumblat- è stato arrestato lo scorso giugno e ha confessato di aver preparato gli attentati con autobomba, lo scorso maggio, contro Mahmoud Majzoub, esponente della Jihad islamica e di suo fratello, contro gli esponenti di Hezbollah Ali Hassan Deeba e Ali Saleh il sedici agosto del 1999 e il 2 agosto del 2003, oltre all'assassinio del figlio di Ahmed Jibril, il leader del Fplp-Cg, il 20 maggio del 2002. Intanto Kofi Annan ha risposto ad una dura protesta del governo libanese contro il blocco aero-navale israeliano sostenendo di aspettarsi "buone notizie" entro un paio di giorni. Beirut può ora dormire tranquilla.
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