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Libero Rassegna Stampa
06.09.2006 I soldati italiani in Libano potrebbero sparare contro gli israeliani
dichiara il ministro Parisi

Testata: Libero
Data: 06 settembre 2006
Pagina: 8
Autore: Andrea Valle
Titolo: «Parisi fa il cowboy «Pronti a sparare contro gli israeliani»»
Da LIBERO del 6 settembre 2006:

Licenza di sparare contro Israele. A domanda - tendenziosa - su cosa potrebbero fare i soldati della forza internazionale in Libano, e in particolare quelli italiani, in caso di violazioni da parte dell'esercito israeliano, il ministro della Difesa Arturo Parisi non si fa sfuggire l'occasione e risponde prontamente: «Noi rispettiamo la risoluzione per quello che dice, contrastando ogni azione ostile da qualsiasi parte essa provenga, evidentemente anche dalla parte israeliana, non meno che dalle altre parti». L'opposizione insorge. Dichiara Gustavo Selva, esponente di An ed ex presidente della Commissione esteri della Camera: «Avevamo intuito da molti segni "esternati" da Massimo D'Alema - ma speravamo che Parisi fosse d'opinione diversa - che il "nemico" contro cui usare le armi è Israele. Ma vorrei ricordare al ministro Parisi che chi ha scatenato la guerra in Libano sono stati gli Hezbollah, che dovrebbero far parte dell'esercito libanese, dal quale dovrebbe partire la richiesta di soccorso militare». Polemiche suscitano anche le dichiarazioni di Parisi, in riferimento alla missione in Afghanistan, sui limiti delle operazioni militari che restano gli stessi, tuttavia il Comando «per situazioni in extremis» e di «emergenza assoluta» quei limiti si possono superare, «ma bisogna chiedere l'autorizzazione al governo, che deve rispondere entro 72 ore». Il vicecoordinatore di Fi Fabrizio Cicchitto e Osvaldo Napoli, del direttivo del Gruppo di Fi alla Camera, parlano di dichiarazioni «umoristiche» e chiedono chiarimenti in Parlamento. E mentre Parisi punta il dito contro Israele, Hezbollah annuncia che non intende affatto disarmare e che, anzi, conserva i suoi missili per il prossimo attacco allo Stato ebraico. Inoltre la violenza continua a scuotere il Libano. Solo che è di chiara firma siriana. Un alto ufficiale dei servizi segreti di Beirut che indaga sulla morte dell'ex premier Rafiq Hariri è scampato ieri mattina a un attentato vicino a Sidone. Una bomba azionata da un telecomando è esplosa al passaggio nel villaggio di Rmeileh delle due auto su viaggiavano il colonnello Samir Shehadeh e la sua scorta. Quattro agenti sono morti nella deflagrazione, mentre Shehadeh è rimasto ferito. Altri quattro uomini della scorta sono ricoverati in ospedale. L'attentato getta una sinistra luce sul ruolo della Siria nella continua destabilizzazione del Libano e, in ultima analisi, anche sul recente conflitto fra Hezbollah (ampiamente sponsorizzati da Damasco) e Israele (nemico numero uno della dittatura di Assad). Una conferma del ruolo di Damasco nell'attentato è dato dal fatto che l'esplosivo usato è simile a quelli usati nel 2005 per una serie di attacchi mirati a funzionari o personalità libanesi anti-siriani. L'uomo nel mirino dei terroristi, Shehadeh, è uno 007 che ha avuto un ruolo di punta nell'inchiesta sul devastante attentato nel centro di Beirut in cui il 14 febbraio del 2005 morirono Hariri, il presidente del Consiglio libanese inviso ai siriani, e altre venti persone. L'attacco di ieri non è stato per il momento rivendicato, ma arriva alla vigilia di una scadenza importante. Entro questo mese è atteso il rapporto sull'assassinio di Hariri redatto da Serge Brammertz, inviato dalle Nazioni Uniti ad appurare la verità sulla strage. Un'indagine preliminare dell'Onu ha stabilito il coinvolgimento dei servizi segreti siriani e di loro quinte colonne nelle agenzie di sicurezza libanesi. Per quanto riguarda la missione Unifil, il Parlamento turco ha approvato a grande maggioranza la mozione del governo favorevole all'invio di militari in Libano. Dovrebbero essere almeno 1000 i caschi blu di Ankara. Infine è stato completato l'allestimento del campo base dei soldati italiani a Jebel Marun. L'obiettivo della forza internazionale è di raggiungere 5 mila unità di terra nell'arco di 9 giorni a partire da oggi.

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