Ambiguo articolo di Farian Sabahi, pubblicato dalla STAMPA del 4 settembre, sulla mostra di "vignette sulla Shoah" organizzata a Teheran.
Grande spazio è dedicato alle dichiarazioni della propaganda del regime e dei vignettisti che hanno contribuito all'esposizione.
Ecco il testo:
La visita a Teheran del segretario generale dell’Onu Kofi Annan ha riportato alla ribalta l’Olocausto, la cui veridicità storica era stata dapprima negata e poi ridimensionata dal presidente iraniano Ahmadinejad. Ma sono tornate d’attualità anche le vignette satiriche su Maometto, la cui pubblicazione sul quotidiano danese Jyllandsposten nel settembre 2005 aveva causato la rabbia di molti musulmani. Nonostante siano passati diversi mesi, non sono state dimenticate: insieme alla negazione dell’Olocausto, sono ormai parte della retorica del presidente Ahmadinejad.
Il pretesto per discutere a Teheran di questi temi è stato dato da una mostra di vignette sull’Olocausto al Museo di arte contemporanea palestinese, inaugurata a Teheran il 14 agosto dall’ambasciatore palestinese in Iran, Salah al-Zawawi, e in corso fino al 13 settembre. In una delle vignette esposte, l’ex premier israeliano Ariel Sharon è raffigurato con l’uniforme delle SS. In un’altra, un uomo con i cernecchi e le sembianze del vampiro beve da un contenitore con la scritta «sangue palestinese». E in una caricatura dell’indonesiano Tony Thomdean la statua della Libertà ha un libro sull’Olocausto in una mano e con l’altra fa il saluto nazista.
Queste sono soltanto alcune delle oltre 200 vignette in mostra, tre delle quali riceveranno premi per 12mila, 8mila e 5mila dollari. Sono state selezionate tra le oltre mille inviate, da oltre 60 Paesi, al quotidiano conservatore Hamshahri. A febbraio, in seguito alla ripubblicazione delle vignette danesi da parte di alcuni giornali europei, il quotidiano controllato dalla giunta comunale di Teheran aveva indetto un concorso pubblico. «L’obiettivo», ha dichiarato Massoud Shojai, direttore dell’associazione dei vignettisti, è «sfidare la libertà di espressione di cui si fa vanto l’Occidente».
«Perché è accettabile che nei Paesi occidentali ci si possa fare beffe del profeta Maometto, mentre quando si mette in dubbio l’Olocausto scattano le manette oppure si rischia una pena pecuniaria?», chiede Shojai con tono provocatorio. Al centro della questione i due pesi e le due misure dell’Occidente, come dimostra la vignetta di un disegnatore brasiliano, in cui un comico si fa beffe dell’Islam e riceve applausi, mentre quando scherza sull’Olocausto viene buttato fuori dalla finestra.
Sono molte le vignette che insistono su questo tema. «Siamo preoccupati per quello che accade ai palestinesi, perché devono pagare per quanto successo a migliaia di chilometri dalla loro terra, in Europa?», domanda Shojai riferendosi alle persecuzioni naziste. E infatti una vignetta, opera di un artista belga di fede ebraica, raffigura due binari ferroviari, uno contrassegnato da una svastica e l’altro dalla stella di Davide, che convergono prima di arrivare in un edificio che ricorda Auschwitz e porta la scritta «Benvenuti a casa».
La vignetta dell'artista "di fede ebraica" viene presentata come una esplicitazione delle parole di Shojai sulle sofferenze dei palestinesi (parole alle quali si potrebbe replicare che i palestinesi non "pagano" per la Shoah, ma per l'attuale tentativo di distruggere Israele, per il rifiuto di un compromesso politico, per la guerra terroristica scatenata dalle loro classi dirigenti: pagano i prezzi connessi all'inevitabile reazione israeliana che, pur essendo diretta, intenzionalmente, esclusivamente contro i responsabili, talora non può evitare di coinvolgere anche dei non combattenti).
L'effetto è di legittimazione della mostruosa e insostenibile analogia contenuta nella vignetta. E, al contempo, di una mostra antisemita e offensiva della memoria della Shoah.
Criticando la mostra di caricature sull’Olocausto organizzata a Teheran, al termine dei colloqui con Ahmadinejad il segretario dell’Onu Kofi Annan ha dichiarato che «la tragedia dell’Olocausto è stato un fatto innegabile». «Credo che ognuno di noi ricordi il tumulto provocato, in particolare in questa regione, dalle vignette danesi», ha aggiunto Annan precisando che «il diritto alla libertà di espressione dovrebbe essere esercitato con responsabilità e sensibilità. Dobbiamo stare attenti a non dire nulla che possa essere usato come scusa per incitare all'odio o alla violenza».
Le parole di Annan sono molto ambigue. Il paragone tra le illustrazioni su Maometto e quelle sulla Shoah è del tutto improprio.
Alcune delle illustrazioni erano assolutamente neutrali, altre esprimevano una critica a una religione, o alle sue deviazioni fondamentaliste, che non può essere paragonata alla negazione di un crimine di immense proporzioni storicamente accertato, o alla demonizzazione di un popolo.
Inoltre, mentre le illustrazioni danesi hanno provocato la reazione violenta dei fondamentalisti musulmani che se ne ritenevano "offesi", nessun atto di violenza è stato commesso dai contestatori delle vignette antisemite diffuse in tutto il mondo islamico.
Annan avrebbe dunque dovuto chiarire che le vignette incitano in realtà all'odio e alla violenza contro Israele e gli ebrei.
Con Kofi Annan concordano numerosi intellettuali iraniani tra cui Emadoddin Baghi, un giornalista vicino all’ex presidente riformatore Muhammad Khatami. Ma, evidentemente privi di altri strumenti, soprattutto di quelli utili a combattere la crisi economica e la disoccupazione al 25%, Ahmadinejad e i suoi uomini sembrano non voler accantonare l’argomento. Continuano quindi con la retorica.
La Sabahi continua a chiamare "retorica", per minimizzarla, quella che è con ogni evidenza una linea politica aggressiva, adottata dal regime di Teheran, finora, senza pagarne assolutamente il prezzo, a causa della passività della comunità internazionale.
Una linea politica nella quale la negazione della Shoha , gli auspici di distruzione dello Stato di Israele, il sostegno al terrorismo e la corsa alle armi atomiche si integrano a vicenda componendo il quadro di una minaccia reale e imminente che ci si ostina a voler sottovalutare o negare.
E invitano gli storici a partecipare, l’11 e il 12 dicembre prossimo, alla conferenza internazionale sull’Olocausto organizzata nella capitale iraniana.
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